Tanto
tempo fa (1000 d.C.), in una galassia lontana lontana (Tibet),
nasceva un ragazzo di nome Marpa. Irrequieto fin da piccolo, era
allontanato da tutto il villaggio a causa del suo atteggiamento rude.
Per questo i parenti decisero di indirizzarlo verso gli studi, in
modo che potesse concentrare la sua energia verso qualcosa di
produttivo. Fu così che Marpa prese i voti e si diede alla dottrina
Buddista.
Da
ragazzo passò sotto diversi lama (maestri) che lo introdussero agli
studi religiosi. Tra questi vi fu il saggio Drogmi che gli insegnò
il sanscrito, una lingua pressoché sconosciuta, così che potesse
studiare, leggere e tradurre egli stesso gli antichi sutra buddisti.
Diventato poi monaco, avvolto nel suo unico abito rosso, un bastone
in mano, la bisacca con le provviste sulle spalle, si diresse verso
l'India, patria dei più grandi maestri religiosi dell'epoca. Durante
il percorso incontrò Nyo, monaco pure lui, in viaggio verso le
lussureggianti foreste indiane. Dopo qualche battuta i giovani
andarono subito molto d'accordo e decisero di condividere parte del
percorso. Camminarono per tanto tempo, attraverso territori
sconosciuti, sopportando qualunque clima fino ad arrivare alla meta.
Dopo non troppo tempo incontrarono due discepoli del leggendario
Naropa, uno dei più grandi santoni del tempo. Marpa, colpito dalla
loro conoscenza della dottrina e dalla loro abilità nell'esporla,
decise di andare a cercare immediatamente il loro maestro per
ricevere gli insegnamenti di persona. Al contrario Nyo si dimostrò
molto scettico e decise di non seguire il suo compagno: come le loro
strade si divisero in questo momento, allo stesso modo la religione
buddista prese, ulteriormente, due strade diverse.
Fu
solo dopo molti tentativi che Marpa riuscì a trovare il leggendario
Naropa che subito lo accolse come un figlio sotto la sua ala. Abile
nell'insegnargli il "mantra del padre", decise di
indicargli un particolare maestro per apprendere quello "della
madre". Il saggio Kukkuripa, esperto in quell'arte, si
raccontava vivesse da solo su un isolotto circondato da un enorme
lago di veleno maleodorante, attraversabile solamente a nuoto. Marpa,
di indole intrepida, non si lasciò intimidire e affrontò la sfida a
testa
alta, riuscendo ad arrivare a destinazione stremato, zuppo di
sostanze in putrefazione ma, comunque, incrollabile. Sull'altra
sponda il leggendario Kukkuripa lo stava aspettando: un corpo
mostruoso ricoperto di piume e una testa da scimmia erano i bizzarri
attributi di un uomo tra i più saggi, accorti e benevoli che mai
misero piede sul nostro pianeta. Marpa apprese da lui numerose
dottrine e, tornato da Naropa, ricevette da quest'ultimo parecchi
testi. Congedatosi dal maestro e tornato in Tibet, iniziò a studiare
e tradurre quelle conoscenze arcane e segrete che, in seguito,
divennero la base del sapere comune: da qui il soprannome di "Marpa
il Traduttore".
Diversi
discepoli iniziarono a seguirlo assiduamente e, con loro, fondò
anche una piccola comunità. Fu in questo periodo che Marpa ebbe modo
di conoscere una donna che gli avrebbe completamente cambiato la
vita: si trattava della sua prima moglie. Tuttavia non si sentiva
soddisfatto della sua conoscenza e decise di tornare in India una
seconda volta. Tornò a trovare il saggio Naropa, Kukkuripa e molti
altri maestri tra cui la misteriosa guardiana del cimitero che lo
iniziò alle prime arti misteriche. Tornato vide, piano piano,
crescere la sua comunità. Tra i numerosi alunni ricevette anche il
saggio Milarepa che, in seguito, sarebbe stato il continuatore della
scuola Kagyu, iniziata dal santo Tilopa, discepolo del Budda,
trasmessa a Naropa e da lui a Marpa.
La
vita continuava pacifica nonostante i suoi continui scatti d'ira e le
prove cui sottoponeva i suoi discepoli. Ebbe anche un figlio,
Tarmadotte, primo discepolo della scuola, che aveva ereditato il
temperamento selvaggio del padre. L'età avanzava e Marpa si faceva
sempre più vecchio. Tuttavia, dopo
un sogno rivelatore avuto in
contemporanea a Milarepa, decise di tornare un'ultima volta in India.
Questa volta fece molta fatica a trovare il santo Naropa: sembrava
sfuggirgli ogni volta da sotto il naso! Marpa, armato di una fede
incrollabile, nonostante le ossa gli dolessero data la tarda età,
percorse l'India in lungo e in largo fino a ricongiungersi,
finalmente, con il mentore. Naropa, tuttavia, sul punto di morire,
gli insegnò la grande tecnica segreta, la più importante di tutte:
l'arte della trasmigrazione.
Si
trattava di una tecnica misterica molto particolare e, in un certo
senso, avversa al sapere ufficiale. Tramite una procedura segreta il
monaco riusciva a trasmettere la sua anima in un corpo morto,
controllandolo come se fosse il proprio, e lasciando indietro il
vecchio involucro. Certo, si poteva aspirare alla vita eterna ma,
così facendo, si sarebbe evitato il ciclo delle reincarnazioni e, di
conseguenza, il raggiungimento del Nirvana. Per questo decise di
passare l'insegnamento al solo Tarmadotte, figlio continuatore della
scuola. Tuttavia egli, di indole turbolenta come il padre, un giorno
decise di recarsi a uno spettacolo contravvendnedo a tutte le
raccomandazioni della madre, rompendo il periodo di ritiro assoluto.
Per via del suo comprtamento, come punizione divina, ritornando verso
casa scivolò da cavallo e, imbrigliato nelle staffe, si ruppe la
testa mortalmente, trascinato sul greto di un torrente. Trasportato a
casa, ebbe appena la forza di operare la trasmigrazione dell'anima
nel corpo di una colomba, morente tra le braccia del padre. A quel
punto Marpa gli indicò dove rivolgersi e Tarmadotte, ubbidendo
questa volta agli ordini, si recò in India dove animò le spoglie di
un ragazzo morto da poco. Ma questa è un'altra storia ad oggi ancora
sepolta sotto mucchi di papiri in un tempio di Agiaon.
Marpa
si faceva sempre più vecchio e stanco e, un giorno di primavera,
tirò l'ultimo respiro. Con lui scompariva una delle figure più
importanti del Buddismo Tibetano e la tecnica proibita della
trasmigrazione che non venne passata al saggio Milarepa. Questi,
continuando la scuola del maestro, decise di raccontare la sua vita
ai discepoli. Tra questi Rechung Dor'je Teg'Pa, autore di diverse
biografie di santi, decise di riportare per iscritto la leggenda dei
suoi due maestri. Ma di Milarepa, del suo periodo oscuro passato a
studiare la magia nera, del distacco verso la dottrina e della vita
di stenti, abbiamo già parlato in un altro spazio, in un altro
tempo...
Il
racconto è tratto dalla biografia di Marpa studiata e risistemata da
Bacott e edita in Italia in un libricino molto carino e facilmente reperibile della Adelphi. Una storia semplice ma affascinante, arrivata in maniera concisa ma
sufficiente a delineare le vicende di uno degli iniziatori del
buddismo tibetano! Ho voluto cercare di raccontare, come se fosse un racconto, le vicende principali di questa figura così affascinante ma, ovviamente, ho dovuto omettere numerosi dettagli, per cui se siete interessati vi consiglio sempre di leggervi il libro.
La prossima volta cambieremo completamente periodo e luogo: torneremo in Italia e preparatevi perché scorrerà molto molto sangue...