sabato 3 settembre 2016

Da dove viene la satira?

Noi siamo figli della storia come tutta la cultura che ci circonda, compresa la risata. Recentemente si è molto parlato di satira, diritto alla satira, onnipotenza della satira, centralità della satira. Ma la satira cos'è? Dove finisce la satira e inizia il buon gusto? Non posso rispondere a tutto insieme ma iniziamo a vedere insieme, ovviamente per sommi capi, dove nasce la satira.



La satira NON nasce nel mondo latino. O almeno, non la satira come la intendiamo noi oggi. "Satura tota nostra est" scriveva Quintiliano in un noto passo, citando Lucilio come il fondatore di quest'arte di cui Orazio fu il suo più celebre successore. Il termine "Satura" fa riferimento a "Satura Lanx", un vassoio pieno di primizie da offrire agli dei. Ma già nell'altissimo Medioevo, come attesta Isidoro di Siviglia, non si era certi di questo significato. Il concetto base era, comunque, un insieme di cose, di argomenti diversi, di elementi dispari mischiati assieme. Ma di certo non la presa in giro spietata che, come vedremo tra poco, nasce nel 1700.

Facciamo un passo in avanti al Medioevo che concepiva una risata completamente diversa: il Carnevale. La cultura popolare che dilagava nei così detti "secoli bui" era diffusa tra tutte le classi sociali, dallo sporco popolano all'altrettanto sporco ma più decorato nobile. Una comunione di risata e di spirito che investiva tutta una comunità più volte l'anno in periodi diversi e prolungati. Una beffa continua, comune, in cui tutti ridevano di tutti, in netta contrapposizione alla normalità, alla rigidità della quotidianità. Il mondo alla rovescia colpiva tutti gli ambienti, anche quelli ecclesiastici con fenomeni come il "risus paschalis" e varie parodie di messe e celebrazioni liturgiche in chiave buffonesca. Insomma, il punto fondamentale è la comunione di risata, l'indifferenziazione sociale continua e duratura per determinati periodi in contrapposizione al mondo normale. Senonché, col passare degli anni, questo inizia a prendere nettamente posizione sopra il Carnevale schiacciandolo e riducendolo sempre più. Il nobile, presto seguito dal borghese, si stacca dal mondo popolare e si astrae socialmente su un piano più elevato, diverso, di netta superiorità morale e materiale.



Il 1700 è il secolo in cui questa tendenza, per motivi storico-sociali, si solidifica sempre più fino a fossilizzarsi. Il Carnevale perde il senso e nasce, quindi, una nuova forma di comicità: la satira, appunto. Questa è indirizzata, come oggi, verso i potenti, i regnanti, i nobili. A produrla non sarà il ceto basso ma medio alto che si avvale di una cultura superiore. Tuttavia le immagini, così grottesche e ridicole, erano di facile comprensione anche per il popolano, che quindi partecipava come spettatore al riso. Una risata, quindi, che va dal basso verso l'alto, unidirezionale, e non comune. Non vi è autoironia ma solo un bersaglio da colpire il più forte possibile. La satira nasce qui.

Col tempo questa forma di presa in giro si è solidificata ed allargata, accostandosi anche ad altri generi di ampio raggio, che coprono più persone contemporaneamente a più livelli. Si è passati a prendere in giro intere culture, non senza una certa supponenza intellettualoide alle spalle, religioni e popoli. Per questo sentir parlare di satira legata a Charlie Hebdo mi fa storcere il naso: nelle vignette vedo sempre più un mirino puntato sui più invece che sui diretti responsabili. La caricatura di un imprenditore che
mangia una lasagna fatta di cadaveri e cemento è satira. Raffigurare italiani stereotipati coperti dal sangue no, secondo me. È solo pessimo gusto. Perché dando per scontato (cosa che comunque non è nella nostra società) il diritto di espressione, sopraggiunge poi il diritto alla critica. La stessa presa in giro nei suoi termini, modi ed espressioni può essere criticata o, a sua volta, presa in giro. Ma che la satira debba essere universale e sempre garantita per definizione è una convinzione frutto più di frase fatte che di una seria preparazione sui limiti della parola e della sua forza.


Il mio invito è proprio questo, anche per il futuro. Siate critici. Non limitatevi alla mera constatazione di un fatto (Charlie Hebdo è libero di pubblicare quello che vuole) ma abbiate il coraggio di criticarlo (che non vuol dire per forza in negativo, può anche essere in positivo) argomentando, che a vedere la realtà siamo capaci tutti. Grazie.

2 commenti:

  1. Ottimo articolo, come sempre.
    Come scrissi ieri sotto ad un tuo post, la satira è una di quelle cose che può avere o meno successo in base a delle specifiche caratteristiche socio-culturali di un popolo. Nel tuo post è ben spiegata l'origine della nostra satira, che si avvicina a quella degli altri paesi europei ma è comunque leggermente diversificata.
    Il messaggio finale lo condivido tutto, Charlie continuerà a pubblicare quelle vignette perchè ha la libertà di farlo e se qualcuno si sentirà scosso (che secondo alcuni è ciò che deve fare la satira) dev'essere saggio nelle sue argomentazioni.

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    1. Hai colto perfettamente quel che intendevo! La critica, poste le basi, è un dovere, non una possibilità!

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