Salve
e benvenuti tutti quanti a questo diversamente atteso (qualunque cosa
possa significare) articolo che spero riesca a prendervi almeno un
po' (la convinzione nelle vene tipo)! Ora, prima di iniziare (come se ancora non avessi iniziato a scrivere), invece di ringraziarvi volevo scusarmi.
Ebbene sì, vi devo chiedere scusa per l'articolo di settimana
scorsa, un brano che, forse, non avrei mai dovuto pubblicare (un po'
di vena drammatica ci sta sempre bene): infatti non avevo più di tanta voglia di scriverlo e questo si è visto. O meglio, precisiamo, ho
iniziato a parlarne assolutamente entusiasta di proporvi qualcosa di
veramente unico solo che, giunto circa a metà, dato il mio parlarne
in giro e sul lavoro che sto facendo un po' troppo, mi sono proprio
stufato. Avete presente quando vi piace tantissimo una canzone o una
band e continuate, tutto il tempo, a canticchiare le loro canzoni ascoltate praticamente in loop e
poi, di punto in bianco, basta, stop, vi fanno cagare? Ecco, dopo la
cinquantesima volta che sfogliavo quel cazzo di libretto di Poggio
Bracciolini mi è venuta la noia solo a vederlo ma ormai l'articolo era ben
avviato e non avevo il tempo di iniziarne uno nuovo: e che fare
allora? Continuare a scriverlo controvoglia, la cosa peggiore che si
possa fare. Io adoro scrivere per il blog, sia chiaro, mi appassiona tantissimo come progetto e, dunque, non mi devo sforzare eccessivamente (non di proporvi un prodotto valid ovviamente ma di scrivere ciò che non mi va), cosa che invece
ho fatto la volta scorsa. Da un certo punto di vista è un bene che
voi vi siate accorti di questo calo, perchè vuol dire che riesco a
trasmettervi le mie emozioni attraverso la muta e fredda pagina dello
schermo, ma diciamo che fatto questo esperimento basta, cerchiamo di
non ricrearlo più, che ne dite?
E
quindi, appunto, per staccarmi un po' da tomi improponibili di autori
assurdi (certo che pure io però, fare un articolo su
POGGIO BRACCIOLINI, ma che gran cazzo di idea Riccardo, così sì che
richiamerai un folto pubblico, a chi non piace POGGIO BRACCIOLINI,
eh? Mado le brutte idee...) e che nessuno si caga ho deciso di dare
un tocco di modernità al blog (un po' come la fetta di limone nel bicchiere di Pepsi) proponendovi un'opera contemporanea e che mi
ha conquistato tantissimo: "American Psycho"(1991) di Bret Easton
Ellis (1964-ancora qui a spaccare i culi) e da cui è tratto un film (dal libro, non dallo scrittore) del 2000 (Il Trailer).
ATTENZIONE
non
solo l'articolo presenta spoiler ma evoca immagini gore e splatter di
estrema violenza che potrebbero offendere persone che, al contrario
di me, hanno dei freni inibitori per quanto riguarda lo humour nero
che funzionano decisamente meglio dei miei e dei valori morali più
solidi di quelli a cui sono abituato. Io ve l'ho detto!
Innanzitutto
parliamo un po' della trama partendo dal famosissimo e
famigerato protagonista: Patrick Bateman, un miliardario figlio di
papà che vive da giovane e spensierato yuppie (ricconi viziati che
vivono per vestirsi bene e drogarsi) nella selvaggia New York degli
anni '80. Non ha troppi interessi: vestirsi sempre all'ultima moda,
avere un biglietto da visita di prima classe fatto di carta
pregiatissima, riuscire a prenotare un tavolo nei ristoranti più
lussuosi e chic della Grande Mela, tirar su di coca come
un'aspirapolvere, ricordarsi di prendere la giusta dose di
antidepressivi e, ovviamente, dopo una "dura" giornata di
lavoro passata a completare cruciverba nel suo super ufficio
all'ultimo piano di un grattacielo dalle vetrate scintillanti, fare a
pezzi qualche prostituta nel suo lussuosissimo appartamento. Lui,
come tutta la società da cui è circondato, è vuoto, assolutamente
privo di una morale, di scrupoli di alcun tipo o di motivazioni per
andare avanti in questa monotonia opprimente. Tutte le giornate trascorrono uguali l'una all'altra
nell'apatia più completa, sempre con lo stesso itinerario: casa,
ufficio, brunch in qualche locale all'ultima moda, ufficio, palestra,
cena in un locale costosissimo o ricevimento, discoteca a drogarsi,
quartiere povero a cercar prostitute, sesso a casa seguito da
squartamento splatter. Tutto si trascina, triste e lento, giorno dopo
giorno in una monotonia fatta di pura apparenza esteriore che, spesso
e volentieri, supera il ridicolo (ma su questo poi ci torniamo
abbondantemente). E così, per non impazzire, il nostro protagonista
è costretto a uccidere nei modi più sanguinosi possibili chi, povero
com'è, non può permettersi una vita come la sua. Però, si può intuire tra le righe, Patrick sotto sotto è invidioso di queste prostitute e
barboni che massacra tutte le sere: infatti loro non hanno una vita
monotona, sono liberi di muoversi in un mondo che non chiede loro di
comportarsi in un certo modo vivendo alla giornata e combattendo per
la sopravvivenza che, al nostro protagonista, è ormai concessa senza
alcun sacrificio. Egli ci appare infatti come un dio,
ricco e bellissimo che, però, sotto questo scheletro esterno dorato,
non ha assolutamente nulla, nemmeno del marciume fetido che cerca di
nascondere alla vista degli altri. Egli è talmente egocentrico che,
durante uno dei suoi violenti scatti d'ira (che di frequente avvengono
in mezzo alla strada perchè non riesce ad ottenere ciò che vuole) in
cui arriva addirittura a vomitare e urlare in faccia alla gente, non
si accorge delle emozioni degli altri: infatti a lui pare che la
folla, la massa, sia completamente indifferente alle sue azioni,
proprio quella massa su cui le sue ricchezze poggiano come una zampa
di elefante su un formicaio. Patrick Bateman è il simbolo di una
generazione perduta, di una classe sociale che non ha nulla di
particolare, è anonima, anche se da fuori può sembrare come una
gigantesca statua d'oro di un titano per le sue dimensioni e
importanza. Sarebbe fin troppo semplice citare qui il proverbio "sta
meglio chi sta peggio" che, comunque, non è propriamente
corretta come espressione in questo contesto.
Patrick
Bateman, infatti, nonostante gli antidepressivi che prende quasi più
per moda che per un bisogno effettivo, non ha rimpianti di alcun tipo:
qualunque valutazione che si può fare su di lui, qualsivoglia
speculazione nei suoi confronti, rimane tale. Solo in un punto (di
cui non ho però il tempo di parlare più approfonditamente qui, direi che l'articolo è già abbastanza lungo di suo) possiamo intravedere una sorta di
ravvedimento che però, prima ancora della fine del capitolo, si
blocca completamente annullandosi. Egli è convinto, in tutto e per
tutto, di quello che fa, non baratterebbe mai la propria vita con
quella di un barbone (a meno che non andasse di moda come in un
racconto di Palahniuk tratto da "Cavie"). Adora vestirsi
perfettamente, adora lottare per prenotare un posto al Dorsia, il
ristorante più in della città, adora interessarsi al misterioso
portafoglio Fischer gestito da Paul Owen (alla vicenda di questo personaggio non posso che accennare qui) e guardarsi decine di volte
di seguito il suo film preferito: "Delitto a Luci Rosse".
Niente lo smuoverebbe da questo suo stile di vita, nemmeno se si
trovasse in pericolo di vita o sulla soglia della follia più
totale (che in ogni caso ha già superato abbondantemente).
Come
abbiamo detto questo mondo è assolutamente esteriore, senza valori o
metri di giudizio normali. Per esempio, una sera che vari amici si
incontrano al Dorsia Patrick ha una crisi di panico perchè il suo
biglietto da visita non è più figo di quello degli altri per la
qualità dei caratteri e la tonalità di bianco, leggermente più
sporco rispetto agli altri (anche se la location non è la stessa nel
film questa scena si vede molto bene anche se, come dirò poi,
attenuata come tutte le altre della versione cinematografica). Queste esagerazioni sono, ovviamente, volute e in cui il ruolo dello humour sarcastico e
provocatorio gioca un ruolo di primo piano. Infatti è proprio
l'umorismo, spesso macabro e involontario, quasi grottesco, che accompagna le avventure
del protagonista. Ad esempio, ogni volta che Patrick incontra una
qualunque persona la prima cosa di cui ci informa non è nè il nome
nè la circostanza ma gli abiti che indossa con una descrizione
precisissima e molto minuziosa delle marche scelte e degli
abbinamenti di colore. Questo schema, che non cessa di riproporsi per
tutto il romanzo, è particolarmente ridicolo e enfatizzato poi per
QUALUNQUE oggetto fino a diventare palesemente paradossale. Inoltre
tutti, in quell'ambiente, sono come lui, nè più nè meno, e, anzi,
si vestono pure tutti allo stesso modo. Così si genera un
divertentissimo scambio di persona che più volte si ripete nel
romanzo: si salutano sbagliando nome e si scambiano a vicenda anche
se si conoscono da tempo (addirittura a volte Patrick chiama gli altri col suo nome).Questa, che può sembrare ed è, a tutti gli
effetti, una delle gag migliori di tutta l'opera è però allo stesso
tempo tragica: le persone, seguendo tutte la stessa moda, anche se
sono dei miliardari, si vanno a confondere formando una specie di
massa informe di corpi atletici abbronzati che vestono Valentino. E
così appunto anche gli esseri che per le loro ricchezze dovrebbero
essere considerati i "migliori" sono, in realtà, del tutto
simili alla grande massa della popolazione con un reddito medio e che
loro tanto disprezzano. Forse, anzi, sono proprio i barboni, lo
strato più umile della popolazione, ad essere più indipendenti e
variegati dato che il nostro protagonista è in grado di riconoscerli
uno a uno senza mai sbagliare.
Un altro
aspetto importante è appunto quello della violenza, di cui abbiamo
già parlato. Anche questa, devo dire, può essere molto molto
divertente fino a diventare addirittura paradossale per l'eccesso di
gore e sangue. Ed è proprio su questo aspetto di paradossalità che
voglio impuntarmi un po'. Che la violenza da lui perpetrata così a
lungo e in modi a volte così manifesti davanti a tutti non porti a
nessuna conseguenza è strano. Certo, è vero, a un certo punto
qualcuno si mette sulle sue tracce, ma possibile che non si arrivi a capire che l'assassino è lui? Questo punto è molto delicato perchè, allora, forse, Patrick
non ha mai commesso nessun omicidio ma, anzi, si è sempre inventato
tutto. Nel film quest'aspetto è pienamente
confermato: Patrick, oppresso dalla giungla newyorkese che lo
circonda divorando tutta la sua umanità, è ormai completamente
impazzito e non riesce più a distinguere la realtà delle cose. Questo, che appunto nel film appare così evidente, in realtà
nel romanzo non lo è per niente. tutto rimane sul piano
dell'ineffabilità, del detto e non-detto lasciato intendere e aperto
a speculazioni varie. Probabilmente una vera e propria risposta non
esiste ma, secondo me, non è che si sia inventato tutto. Come abbiamo
detto Patrick, oppresso dagli psicofarmaci e dalla droga in un mondo
che non lo distingue dagli altri, non è completamente lucido mai
nell'opera e sembra di vivere con lui dentro ad un'allucinazione continua.
Quindi, secondo me, se non tutti sicuramente in molti casi lui non si
è inventato nulla perchè, altrimenti, nemmeno si potrebbero a volte
comprendere certe reazioni di chi lo circonda. Ma ripeto, tutto
questo è solo lasciato ad intendere nell'opera, non viene mai detto.
Patrick
cerca disperatamente un'identità, un qualcosa che lo faccia apparire
diverso dagli altri e questo qualcosa si rivela essere la musica.
Infatti si è specializzato in alcune band di cui parlerà parecchio
in diversi capitoli dell'opera ma mai ad anima viva (addirittura nel
film si vede bene come questi discorsi vengano fatti alle sue vittime
prima di morire). Questo perchè, sempre a mio parere, il
protagonista è spaventato dall'opinione che gli altri possono avere
di lui e teme che, dimostrandosi ferrato in argomenti non
padroneggiati dagli altri, possa spiccare ed essere visto molto
negativamente e, per questo, essere escluso e relegato ad una classe
sociale più bassa.
Ma
cerchiamo di arrivare alla fine di questo lungo articolo! Dal libro è
stato tratto un film che sinceramente non mi ha fatto nè caldo nè
freddo: non immaginatevelo fedele al libro anche se alcune scene che
vi ho proposto lungo l'articolo sono state realizzate abbastanza
accuratamente anche se non potete pretendere scene di sesso o splatter troppo esplicite. Invece parliamo del romanzo in sè che troverete a
soli 12€ per l'Einaudi. Il libro è lungo e ripetitivo, davvero
tanto, ma, come un po' tutto in questo lavoro (ed ecco perchè lo
adoro) NULLA è lasciato al caso, nemmeno la struttura. I capitoli si
susseguono a volte noiosi e ripetitivi come se la storia non andasse
avanti e alla lunga la cosa annoia dando come un senso di soffocamento. Questo, che può sembrare dato dalla poca bravura di
Ellis, è in realtà il suo più grande pregio che si apprezza solo
alla fine: la struttura stessa, così ripetitiva confusionaria e
asfissiante, è uguale alla vita del protagonista così da farci
calare completamente nel ruolo del narratore che qua è costantemente
in prima persona. Ogni volta che apriamo le pagine del libro
diventiamo, ci incarniamo, in Patrick e viviamo con lui un'avventura
che non ha mai fine tra i grattacieli di New York. Anche lo stile e la punteggiatura, mai regolare, segue i pensieri e gli avvenimenti del protagonista con variazioni di stile da "cinebrivido" come direbbe un personaggio di cui non tarderò troppo a parlare...
Il modo
migliore per leggere il libro ed addentrarsi nell'atmosfera è quello
di comprendere e ricreare come potesse vivere Patrick in quegli
anni ascoltando la musica: questa può farci precipitare in un mondo
a parte e farci vedere tutto con gli occhi del protagonista (del valore della musica e di alcune band avrò modo poi di parlarne approfonditamente). La band
che senza dubbio rispecchia meglio l'ambiente della New York anni
'70-'80 è quella dei "Talking Heads" con canzoni come
"Psycho Killer" (guarda caso proprio), "Lady Don't Mind" e "Road To Nowhere" che sembrano quasi scritte appositamente per il
romanzo e che quindi consiglio di ascoltare durante la lettura
dell'opera.
Bene, direi che qui ci possiamo anche fermare! Accidenti, ho scritto molto
più del previsto ma, d'altra parte, che ci posso fare, dovevo pur
farmi perdonare (evitando di sparire dalla circolazione) no? Inoltre vorrei ricordare a tutti che per i
prossimi due/tre sabati non usciranno articoli! Infatti il prossimo è
quello di Pasqua e quindi ciccia, dopodichè parto per una settimana
lunga con i miei in viaggio a Belgrado e Sarajevo (per cui però ho
pronta una sorpresa per voi). Intanto mi devo dedicare completamente
alla relazione che, come già accennato nel mio scorso vlog, poi
renderò pubblica tutta per voi! Inoltre è praticamente ormai
ufficiale che il 10 sarò al Salone Internazionale del Libro di
Torino dove pensavo, vista l'occasione, di fare un piccolo raduno con
voi (anche qua trovate qualche info nel vlog appena linkato)! In ogni caso farò in modo di fornirvi tutti i dettagli appena
possibile, ma voi se ci sarete lasciate magari un commentino così vedo il feedback! Per il momento, dopo aver dedicato quest'articolo a tutti
voi (non l'ho mai fatto, ma prima o poi avrei dovuto), buona Pasqua e buon aprile a tutti quanti!
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