Eh,
ma buongiorno a tutti quanti! Oggi concludiamo un percorso che ci ha
accompagnato tutto l'anno: la vita e le opere (alcune) di Mary
Shelley! In questo capitolo porteremo la nostra eroina verso la
tomba (tanta gioia) con "L'Ultimo Uomo", un'opera che,
personalmente, ritengo il capolavoro nascosto dell'autrice, superiore
persino al celeberrimo "Frankenstein".
"Arriveranno
mai articoli su queste ed altre opere?" (la faccio io la domanda perchè
tanto lo so che non ve lo siete chiesti): Eh, bell'argomento!
Sicuramente non nell'immediato e non legati alle vicende biografiche
dell'autrice: quando avrò letto troverò la voglia
di leggere "Valperga" sicuramente ve ne parlerò
mentre "Metamorfosi" me lo tengo come Jolly per i periodi
di crisi. Eh sì, ho detto "trovare la voglia di leggere"
perchè, sinceramente, scrivere l'articolo che state leggendo per me
è stato un po'faticoso vuoi per gli impegni che recentemente si sono
affollati, vuoi per il fatto che Mary Shelley l'avevo trascurata un
po' troppo (l'ultimo articolo risale a quando scoprii come mettere le
immagini sul blog senza link strani, figuratevi!). E poi, detto
sinceramente, ci sono libri un po' più interessanti dell'anonimo "Valperga" (poi magari è meglio di questo, eh!)! Quindi, sperando che questa introduzione non comprometta la vostra lettura, buon
divertimento!
La Mary nel 1840 |
Si
può dire che Mary Shelley, tornata col figlio in Inghilterra dopo
l'annegamento del marito Percy nel 1822 in Italia, sia morta a 25
anni. Infatti si trova a Londra da sola in una situazione economica
non troppo felice: il padre la tratta un po' con sufficienza (dopo
che hai scritto un romanzo basato sul rapporto incestuoso
padre-figlia ci credo anch'io però), tutti i suoi amici sono in giro
per l'Europa (compreso Byron a combattere in Grecia) e l'opinione
pubblica nei suoi confronti non è delle migliori. Iniziano a
circolare molti libretti, più o meno clandestinamente, che
raccontavano la vita di Percy e compagni in modo più o meno favoloso, tinteggiando ogni avvenimento con dettagli scabrosi inventati solo
per vendere più copie possibili (un po' come accade oggi coi
giornali, capaci di riportare la stessa notizia in centinaia di
versioni differenti e spesso contrastanti). Mary si battè
attivamente per cercare di sfatare certe leggende popolari sul suo
conto, su quello del marito e degli amici ma senza mai riuscirci del
tutto. Nel 1824 poi la terribile notizia: Lord Byron era morto in
Grecia a soli 36 anni.
Un Lord Byron morto bello come, probabilmente, non lo è mai stato |
Anche l'ultimo amico se n'era andato e lei era
rimasta sola. Si dedicò, quindi, alla scrittura di varie opere e alla
sistemazione degli scritti del marito, operazione oltretutto
ostacolata da parecchie persone che, per via di queste voci di
corridoio e pettegolezzi, vedevano Percy più come un demonio pericoloso che come un letterato innamorato della libertà (il suo trattato "Sul
Diavolo" non l'aveva aiutato, così come il celebre saggio
"Sulla Necessità dell'Ateismo").
Lei però si buttò con tutto il cuore nel progetto e, infatti, ci
dice "[...] avrò i suoi libri e i suoi manoscritti, e in
quelli vivrò!".
Mary divenne sempre meno socievole fino a cadere in un evidente stato
di depressione: così scrive "All'età di ventisette anni, in
questa popolosa metropoli della mia nativa Inghilterra, mi trovo
sola. La lotta deve essere dura se genera misantropia in una come me,
così attaccata ai suoi simili". Il padre continua a far
pressioni su di lei affinchè componga un'altra grande opera, un
capolavoro degno del "Frankenstein", qualcosa che la faccia
guadagnare (la più grande preoccupazione del genitore che le passa
ben poco con cui vivere e che sembra, sempre di più, una figura
oppressiva e destabilizzante per Mary). La nostra eroina vede
trasformarsi la sua "passione" in "lavoro" e, nel
complesso, le opere ne risentono parecchio: nessuna riesce a
entusiasmare la critica come il vecchio capolavoro e, anzi, viene
spesso attaccata e criticata aspramente. Questo è il caso di "The
Last Man" ("L'Ultimo Uomo" da noi) del 1826
che, per i motivi che tra poco vedremo, fu stroncato dalla critica e
presto passò nel dimenticatoio delle opere sconosciute dell'autrice.
Ma addentriamoci meglio in quest'opera che, solo recentemente, sta
riscuotendo il successo dovutole!
C'è
una cosa che colpisce subito, a prima vista, non appena si leggono le
poche righe introduttive scritte sul retro della copertina: la storia
si svolge nel 2073! Ebbene sì, avete capito bene, si tratta di un
romanzo ambientato nel futuro (e vorrei sottolineare quanto non sia
geniale come cosa essendo stato scritto nel 1826) anche se, a conti
fatti, è ben distante da una qualsiasi opera fantascientifica
moderna: non ci sono vere e proprie migliorie tecnologiche a parte
delle specie di aerei simili a mongolfiere. Delusi? Pure io quando lo
lessi ma non è questo il punto! Il romanzo, diviso in tre parti,
narra inizialmente la vicenda di Lionel Verney (l'ultimo uomo) e dei
coprotagonisti Adrian e Lord Raymond in una serie di intrighi
politici in un'Inghilterra democratica allo sbando per poi prendere
una piega macabra e funesta: un focolaio di peste scoppia in Turchia
e velocemente si diffonde decimando la popolazione mondiale. Lionel
sarà veramente l'unico sopravvissuto, l'ultimo uomo, oppure qualcun
altro è riuscito a sfuggire alle grinfie della malattia mortale?
Di
certo non sono qua a dirvelo o a rovinarvi la sorpresa: il libro va
letto e gustato, non mi va di raccontarvi una trama che tanto
troverete anche su Wikipedia scritta pure meglio! Passiamo invece a qualche
considerazione sui personaggi e sulla vicenda. Come abbiamo visto il
periodo per Mary Shelley non è dei più felici e tutto sembra
andarle storto va storto: di certo non potete aspettarvi un'opera
allegra e gioiosa che schizzi felicità da ogni poro!
"Schizzare felicità"... a volte non so come mi vengano... |
La
peste è di certo un tema molto interessante nel quadro generale
dell'opera. Infatti non compare come protagonista assoluta ma, anzi,
si fa sentire in modo molto defilato, quasi distante, in un breve
accenno tra le righe: sembra quasi un'innocua malattia sviluppatasi
in oriente per via delle scarse condizioni igieniche ma, solo col
passare del tempo, essa si trasferirà anche in occidente eliminando
ogni forma di vita essa incroci sul suo cammino (ogni riferimento
all'attualità è puramente casuale. Giuro.)
Loggiuro |
Soprattutto nell'ultima
parte del romanzo mi sono reso conto di una cosa: ad essere
protagonista dell'opera non è il coraggioso Lionel, non il tenero
Adrian o il ribelle Lord Raimond ma, bensì, l'umanità tutta dipinta
e delineata nelle sue più varie e colorite rappresentazioni
attraverso una serie di tipi umani e scenette quotidiane che mettono
in luce una massa di gente piena di sogni, ideali e speranze spazzate
via di fronte alla morte: contro di essa nulla vale, niente è
importante, tutto si massifica e annulla. La paura è la costante
della terza parte del romanzo che si presenta vivida e ricca di
emozioni e sentimenti come non mai: difficilmente si viene trascinati
in mezzo a un tornado di emotivo! Per quanto uno ci provi è vero
quello che dice Mary: non ci si può tirare indietro dall'amare il
genere umano per quanto malvagio possa essere. E, forse, è proprio
perchè l'amiamo così tanto che non possiamo fare a meno di
incazzarci e prendercela quando vediamo che tradisce le nostre
aspettative e assume atteggiamenti così egoistici e irrazionali da
sembrare bestiali. In fondo, come ben sappiamo:
"Fatti
non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza".
Dante e Ulisse nella Divina Commedia in una miniatura del XIV secolo |
Il
primo di febbraio del 1851 Mary Shelley moriva per un presunto tumore
al cervello all'età di 53 anni. Libera protagonista del periodo
romantico inglese, tenera amante del marito Percy o grande
scrittrice: comunque la vogliate vedere fu una delle donne chiave nel
panorama mondiale della letteratura del XIX secolo e, in sua memoria,
questa serie di articoli non ha voluto che essere un modestissimo
omaggio alla scrittrice.
A
metà tra un intrigo politico e un romanzo
fantascientifico-apocalittico "L'Ultimo Uomo" risulta il
romanzo migliore mai letto fin'ora di Mary Shelley, un vero e proprio
CAPOLAVORO (e no, non ho detto merdalavoro)! Anche se non lo
definirei proprio piccolo (530 pagine nell'edizione Oscar Mondadori)
lo si legge anche abbastanza velocemente perchè se ci si confonde
con i protagonisti e ci si fa prendere dalla vicenda risulta
veramente scorrevole e gradevole da leggere. Io ho avuto modo di
leggere il romanzo nella sua edizione Oscar Mondadori che, penso, sia
ormai introvabile (non so nemmeno dirvi il prezzo in euro, ci sono
sole le lire) ma, se siete interessati, le alternative sono due:
tanto che siete al computer ve lo comprate a 7.50€ della Giunti con
Amazon o altri siti oppure fate gli stronzi e ve lo scaricate da
leggere sul computer squagliandovi gli occhi. A voi la scelta!
Spero
che l'articolo vi sia piaciuto! Io, personalmente, lo ritengo il più
"profondo" (molto virgolettato) scritto fin'ora per via
della parte sulla peste e devo ammettere che la cosa non mi è
dispiaciuta affatto. Prima di salutarci, però, un paio di cosucce
interessanti! Settimana prossima è Halloween e anche il Letterarte
non poteva astenersi dall'essere banale e scontato come tutti gli
altri! Uscirà infatti una sorta di "speciale" in ben due
articoli! "Tu che scrivi due articoli in una settimana? Non
ci credo" E fai bene a non crederci, caro il mio attento
lettore, perchè la seconda parte sarà il lavoro di un mio amico
che, nel settore, è decisamente più esperto di me! Fatemi sapere se
l'articolo vi è piaciuto sia qui che sulla mia pagina fb, dove vi
ricordo di mettere un mi piace e di condividere l'articolo!
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