Bentornati,
ancora una volta, a un nuovo articolo settimanale. Oggi parliamo di
un libro che ho letto da poco e che, devo dire, ho trovato
inaspettatamente bello, divertente e leggero.
Si tratta della versione ridotta (ecco perché "leggera")
de "La Vita del Furfante", romanzo in due volumi, di Mateo
Alemàn (1647-1614). Contemporaneo di Cervantes, grande autore del
"Don Quixote", subì, un destino letterario simile: anche
nel suo caso fu pubblicato un seguito non ufficiale dopo lo
strabiliante successo
del primo libro e dovette, al pari del suo connazionale, scriverne un
seguito che smentisse il rivale ridando dignità alla sua creazione.
Quest'opera l'ho trovata a un mercatino dell'usato ed è della
Bompiani. Da quel che so non è più in commercio, ma se vi interessasse cercarlo sappiate che faceva parte della collana "Grandi Ritorni" che proponeva
roba figa, quindi dateci un occhio!
La
vicenda ruota attorno al giovanissimo Guzmàn de Alfarache, giovane
sivigliano che, in cerca di avventure, lascia la casa natale per
andare libero in giro per il mondo avendo in mente, come vaga e
generica meta, di raggiungere certi parenti del padre a Genova. Agli
inizi, da giovane ingenuotto di buona famiglia, si fa gabbare
continuamente e se la vede brutta, anzi bruttissima. Col passare del
tempo ecco, però, che questo sbarbatello diventa sempre più sgamato
in una società che, insieme a lui,
vive di soprusi e inganni.
Finisce, così, per visitare l'Italia e la Spagna tra una truffa e
l'altra, cercando di campare di furti e menzogne, tra avventure e
sventure senza essere minimamente sfiorato dal dubbio di star
commettendo qualcosa di sbagliato: vive alle spalle di una società
che, a sua volta, vive alle sue spalle. Il protagonista è allineato
col nemico e il nemico siamo tutti noi, uniti da tacito accordo di
avvantaggiarci a scapito degli altri: una visione che non lascia
spazio all'ottimismo!
Questa
è la particolarità dell'opera: ci si aspetterebbe un protagonista
positivo, che passi per questa fase di mal'affare per poi redimersi e
sistemarsi. Invece ogni azione meschina ne gonfia un'altra ancora più
grossa, e così via! Non vale nemmeno il concetto morale del "se
gli altri ti dicono di buttarti nel pozzo allora lo fai anche tu?"
perché tutti si "buttano nel pozzo" e "buttarsi nel
pozzo" è tanto ovvio che non ci si pensa due volte. E perché
farlo, poi? Solo alla fine fine si intravederà un miglioramento
ma... hey, chi sono io rovinarvi il finale? Se proprio volete fatelo
con le vostre mani! Non devo nemmeno dirvi della rivoluzione di
questa scelta morale in una spagna scura, cattolica e oscurantista
dove lì sì che l'inquisizione falciava numerose vittime (e non nel
Medioevo!), una Spagna che avrebbe combattuto a Lepanto contro i
Turchi, ergendosi a vessillo dell'intera cristianità occidentale,
pronta ad affrontare la potenza rivale dell'Inghilterra. A noi trame
del genere possono sembrare banali e "già viste" ma
bisogna ragionare con la mente e attraverso gli occhi di chi, in
quegli anni, ci visse sul serio...
L'articolo
non può finire senza un piccolo ma Importantissimo inciso sulla
rivoluzione letteraria introdotta dal romanzo picaresco, inventato e
introdotto proprio dall'Alemàn. Con "picaro" si intende,
appunto, una figura a metà tra il briccone, il ladro matricolato e
il brigante che ha, sempre e comunque, un elemento caratterizzante:
il vagabondare in un ambiente realistico in cui si muove a proprio
agio da persona e non da protagonista di un romanzo. Ovviamente questa è più la
teoria che la pratica, in quanto il paesaggio, di opera in opera,
diventa sempre più stigmatizzato nel suo voler essere esageratamente
verista. In ogni caso questo tipo di genere letterario, che vede la sua origine
nei romanzi greci di età alessandrina (circa 300 a.C. circa), avrà una
forza e ripercussione incredibile in tutta la letteratura europea dei
secoli passati e contemporanea. Insieme al "Don Quixote", il più alto esempio
di questo genere (anche se se ne discosta per la natura del
protagonista), ha influenzato "I Viaggi di Gulliver" di
Swift, alcune opere di Defoe, Sterne, Mary Shelley e i romantici, la
Anne Radcliffe, Manzoni, Virginia Woolf, Joyce e molti altri, tutti
a loro volta influenzatori di altri scrittori, come una sorta di
cascata di rinvii letterari tematici e stilistici che continua e si
propaga ancora oggi. Il romanzo del picaro non è mai morto ma, come un furfante vagabondo che evoca la sua figura, passa di opera in opera, di
autore in autore, sopravvivendo alle varie epoche e al mutevole
passaggio degli stili per giungere fino a noi, pronto a truffarci
come ha fatto con tutti gli altri...
L'articolo, per oggi, finisce qui! Il prossimo arriverà martedì, per non perdervelo controllate, come sempre, la mia pagina Facebook! Commenti e suggerimenti sono sempre ben accetti e... alla prossima!
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