Si
possono dire tante cose contro la rivoluzione inglese di Cromwell,
quella Francese e la recentissima Russa ma, a tutte quante, dobbiamo
in realtà una cosa importantissima: l'idea di ribellione del popolo
per il popolo (ok, di questo possiamo discutere poi, ma per ora
seguitemi). Sembra una cosa da
poco ma, in realtà, quasi nel resto
del mondo questo principio manca o, se c'è, non è stato attuato con
successo. In Cina, ad esempio, l'imperatore non è mai stato un
essere superiore ma riceveva un "mandato celeste" da parte
delle sfere divine: qualora non avesse adempiuto al suo compito
correttamente, sarebbe stato giustamente destituito e rimpiazzato.
Peccato però che, nel 1912, a far crollare un impero con più di
2000 anni alle spalle furono gli occidentali che, in seguito ai
disastri delle guerre dell'oppio, fecero talmente pressione che il
potere si sgretolò. E se le cose qui finirono male, le altre volte
non è che sia andata molto meglio.
Chi
di voi sapeva che in Thailandia c'è, al momento, la monarchia col
più longevo regnante al mondo (Rama IX in carica dal 1946) affiancato da un
feroce regime militare? Chi di voi sapeva che i colpi di stato, dalla
seconda guerra mondiale ad oggi, sono stati 19, ciascuno accompagnato
da numerose vittime per la repressione delle proteste? Chi di voi
sapeva che quest'ultima giunta, instauratasi appena due anni fa, ha
abrogato di netto l'intera costituzione, nell'indifferenza più
assoluta del monarca? Eppure quando si arriva a Bangkok tutto è
impregnato del più becero nazionalismo fascista, disgustoso agli
occhi di chiunque abbia provato cos'è la democrazia. Giganteschi
ritratti del re spiccano in mezzo alle strade della capitale,
cartelloni sull'autostrada lo raffigurano mentre compie le azioni più
quotidiane, eroe del popolo, e ogni tanto spuntano altarini
al lato dei marciapiedi in suo onore, ricoperti di freschi fiori
arancioni. Un culto della personalità sfrenato, deleterio
aggrapparsi a un'idea di sovrano tipo 1600, che appare tanto sfarzoso
e kitsch, col palazzo reale di Dusit stracolmo di enormi mobili d'oro
che richiedono anni di lavoro a centinaia di artigiani (e non sto
esagerando) nel mentre sopravvivono abusi di potere, corruzione e
assenza di democrazia. Ma questa non è la cosa più spaventosa di
tutte.
Il
senso di oppressione più grande l'ho percepito in Birmania, attuale
Myanmar, dove, invece, è assente una monarchia e il regime militare
è travestito da partito. Lì non ci sono cartelloni, onorificenze o
ostentazioni di potere. Molto peggio. Vi è il completo anonimato,
nessuno accenna alla faccenda che non deve essere accennata, regna
apparentemente la pace. In realtà ci si accorge presto che qualcosa
non va quando compaiono, a volte, per strada, barriere coperte dal
filo spinato, il comune di Yangon, la ex
capitale, è protetto come
un fortino da un manipolo di soldati e si viene a sapere che alcune
zone del paese non sono accessibili agli esterni. Ma per strada, allo
stesso tempo, non vi è polizia, ed è la cosa che più mi ha messo i
brividi appena l'ho notata: a parte qualche sporadico militare e
agente in divisa, spesso a sorvegliare il traffico, le forze
dell'ordine appaiono assenti. Eppure vi sono accademie militari,
scuole di polizia e quant'altro, ben visibili e indicate. Ma gli
agenti dove sono? La risposta non vi è ancora abbastanza chiara?
Sono tutti in incognito.
Agli
angoli delle strade? Seduti al bar? A vendere foglie di betel sui
marciapiedi? Dove sono nascosti gli agenti, che fanno, cosa
sorvegliano, perché? Non c'è da stupirsi che agiscano così quando
una legge prevede, addirittura, pene severissime per chi si azzarda a
parlar male del governo. E sì che poliziotti in borghese sono
ovunque nel mondo: mi ricordo benissimo
come marciassero al fianco di
quelli in divisa a Pechino, entrando a piazza Tian an Men (QUA li ho filmati). Anonimato, impersonalità e mimetismo: questi alcuni
caratteri fondamentali di una polizia invisibile, che agisce
nell'ombra, sempre pronta a colpire. Questo trovo veramente
oppressivo: non un vecchio pagliaccio vestito di bianco e giallo ma
una massa scura di oppressori pronti a colpire. La presenza di un
Grande Fratello Orwelliano e di un regime fascista possono portare a
risultati inimmaginabili. Avere, invece, un punto di riferiemnto come
un re, così al centro dell'attenzione,lo rende solo apparentemente
un simbolo forte: in realtà basta abbattere lui per eliminare
l'intero sistema.
A confronto la cacotopia Orwelliana di 1984 sembra un gioco per bambini, con un regime dittatoriale che è riuscito, comunque, ad addomesticare l'intera popolazione che non si accorge dei soprusi, catturata in un gioco di potere internazionale. Qui la realtà è molto più concreta, le repressioni avvengono perché la gente, che sa quali potrebbero essere i suoi diritti, prova a ribellarsi. La consapevolezza crea disagio e malessere, al contrario della placida incoscienza.
Di
tutti gli articoli, questo è stato sicuramente uno dei più
difficili da scrivere in due anni di attività. Il problema sta nel
volervi comunicare qualcosa che, vissuto dal vivo, ha avuto per me un
effetto stranissimo. Un senso di disagio costante, quasi palpabile, che finisci per avvertire nella gente che, naturalmente, lo dissimula nella quotidianità.
Anche per oggi l'articolo si conclude qua e spero vi sia piaciuto! Per tenervi aggiornati sulle prossime uscite e sul raduno a Milano domenica 17 venitemi a trovare in pagina!
Complimenti, dalle tue parole si sente , in modo palpabile , il tuo disagio per queste situazioni politiche mondiali
RispondiEliminaGrazie Mille! :D
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiElimina