In
ogni cultura sono presenti figure di santi e eremiti capaci di ogni tipo
di miracoli. L'ascetismo, l'unione con la Natura e l'estraniazione
dalla civiltà sono segni distintivi di una schiera di personaggi
semidivini che popola la fantasia della gente, eremiti
anacoreti, santoni indiani o saggi orientali che siano. E questo è il caso del Tibetano Milarepa (1051-1135), asceta Buddhista di cui
l'allievo Rechung-Dorje-Tagpa ha redatto una consigliatissima biografia che, in
Italia, è edita dalla Luni.
Milarepa (notate il colore verde) |
L'intera
narrazione è rinchiusa in una cornice più ampia: l'anziano
Milarepa, vecchio santo molto famoso, è circondato dai suoi discepoli
che gli chiedono di raccontargli la sua vita e di come sia diventato
così saggio. Dopo essersi lasciato un pochino desiderare, il Guru,
nel narrare le sue vicende, le divide in due parti: la prima, quella
della magia nera e del peccato, più modesta, e l'altra più
sviluppata di quando, grazie alla magia bianca e alle pratiche
ascetiche, ha percorso la via della rettitudine. Una volta arrivato a
raccontare i fatti di poco antecedenti al presente, si aprirà un
ultimo capitolo riguardo la morte e gli eventi miracolosi che ne
susseguirono.
Prima
di vedere un pochino più da vicino le vicende che caratterizzarono
la sua vita è il caso di immedesimarsi con l'epoca e il
territorio. La zona geografica, che ingloba Tibet e Nepal, aveva ai
tempi un grado di strutture sociali e avanzamento tecnologico non
dissimile dal nostro Medioevo Europeo. Si tratta di zone, come potete
ben immaginare, sperdute tra i monti e con ampie valli in cui si
trovano piantagioni intensive di cereali tra cui l'orzo, dal quale è
ricavato pure il "Chang", una bevanda alcolica assimilabile
alla nostra birra. La gente sopravviveva grazie a questi raccolti che
proteggeva grazie a dei monaci, esperti in magia bianca, che tenevano
lontane le tempeste di grandine inviate, spesso, da stregoni seguaci
della magia nera assoldati da qualche nemico o vicino invidioso. E
Milarepa nasce, appunto, in una famiglia di ricchi possidenti
terrieri. Sfortunatamente finiscono, in seguito alla morte del capo
famiglia, in rovina e oppressi dagli
zii. Il giovane Milarepa,
letteralmente "Colui che si ascolta con delizia",
sfrutterà gli ultimi risparmi della madre per percorrere la strada
della magia nera e distruggere i possedimenti dei parenti malvagi.
Tuttavia, dopo essere riuscito nel suo intento, si pente e, per
apprendere la via della magia bianca, diventa, dopo aver superato
numerose difficili prove, allievo del leggendario Marpa, "il
Traduttore". Da questi viene convinto a vivere nell'ascetismo
più totale, rinunciando a qualunque lusso o eccesso seppur minimo.
Finisce, così, per perdere completamente gli abiti, smunto e
denutrito simile a uno scheletro, e con la carnagione di color...
verdognolo per via delle numerose zuppe di ortiche che si era
preparato per sopportare la fame. La vita, sempre incentrata su
morigeratezza, bontà e comprensione, continua nell'estrema indigenza
fino al sopraggiungere della morte.
Marpa "il Traduttore" |
Siddharta nel periodo della rinuncia totale |
È
sempre bene precisare che sia Marpa sia Milarepa sono storicamente
attestai e hanno dato via a scuole di pensiero molto importanti per
il Buddhismo Tibetano. Il primo, in particolare, deve il suo epiteto
di "Traduttore" alla sua opera di recupero in India e
traduzione di antiche scritture sacre, poi entrate a far parte del
canone Buddhista. Si
tratta, comunque, di una biografia ovviamente idealizzata sia
dell'uno sia dell'altro ma, non per questo, meno importante. Anzi, è
proprio questo lo scopo del testo: non raccontare una vita ma fornire
un modello, un codice di disciplina, diverso e alternativo rispetto
alla classica vita di Siddharta. Il Buddha Storico, così viene
chiamato, ha infatti sì conosciuto un periodo di totale rinuncia ai
beni materiali evolvendo, tuttavia, da questa concezione così
rigida e approdando a una via di mezzo tra rinuncia e opulenza. Altro
elemento di rilievo all'interno degli esempi di condotta sono le
disumane prove cui viene sottoposto Milarepa per diventare discepolo
di Marpa e che servono a purificarlo dal peccato commesso seguendo la
via della magia nera.
Vorrei
aprire, qui, una piccola riflessione legata a quale insegnamento
possiamo trarre nel 2016 dalla vita di un asceta Tibetano vissuto
mille anni fa. Consideratela il cuore dell'articolo ma, allo stesso
tempo, non connessa con l'opera in sé: non è obbligatorio leggerla
se siete venuti qua solo per il libro che, per stile narrativo e
traduzione, mi sento di consigliarvi parecchio.
Viviamo
in un'epoca in cui, spendendo relativamente poco, abbiamo accesso a
ogni sorta di eccesso: cibo, alcolici, sesso, gioco d'azzardo,
vestiti, droghe, chincaglierie ecc. Tutto può essere accumulato e
ammassato fino al limite in un batter d'occhio. E qua sta sia la
gioia sia la croce della società moderna. Avere tutto subito e in
gran quantità e con ampia possibilità di scelta è una conquista
che non dobbiamo dimenticare quanto sia importante, fondamentale e
preziosa. Tuttavia perderci nel baratro della tentazione continua e
sfrenata è un attimo. E
qua interviene l'insegnamento di Milarepa, a mio parere: astrazione,
almeno ogni tanto, dai beni terreni per ritrovare sé stessi, saper
dir di no in un'epoca fatta di sì e saperci assentare dalla modernità
che pare aver sempre bisogno di noi. Certo, non si parla di completa rinuncia ma,
quantomeno, parziale: a mio parere, l'estremo non è apprezzabile e
decisamente dannoso.
Saper
vivere la propria vita nel giusto
Milarepa
da una parte
la
quotidianità dall'altra
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RispondiEliminaForse volevi scrivere "astensione" piuttosto che "astrazione"? Il nome di questo santo tibetano mi risulta essere solo Mila cui successivamente fu aggiunto Re-Pa (vestito di tela) in quanto il saggio Mila aveva acquisito la capacità di incrementare il calore nel proprio corpo e non usava più vestiti di lana. Suggerisco la visione di un bel film di Liliana Cavani: "Vita di Milarepa" una storia liberamente tratta dal libro e con un parallelismo narrativo nella contemporaneità con una doppia narrazione che risulta essere non solo originale, ma sottintende anche una circolarità del tempo e delle esistenze in quanto legate da fili invisibili che si riannodano secondo un ordine che talvolta intuiamo, senza mai poter definirli con certezza provata. Siamo dunque indissolubilmente legati alla soggettività e all'universalità della Vita; E della Via che la percorre svincolandosi da essa. l'insegnamento che se tare non è ambivalente ma paradossale, perché non esiste un davanti o un dietro nell'acqua limpida.
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