Andando
avanti in questa nostra sommaria storia della letteratura (qua trovate l'ultima puntata) è giunto il momento di lasciarci alle
spalle lo splendore del rinascimento italiano del 1500 e di approdare
al 1600. Di tutti i secoli questo è, secondo il mio gusto, uno dei
meno affascinanti: la controriforma cattolica (1563), risposta al
protestantesimo nato con Lutero (1483-1546), annulla diverse forme di
licenza artistica e il gusto si adatta, sempre più, a quello
esclusivo dei potenti. Questa classe sociale, oramai
abituata ai
fasti del secolo precedente, diventa così tanto forte ed estranea al
vivere comune, come una fortezza in mezzo all'oceano, che inizia
letteralmente ad annoiarsi e, Dio mi sia testimone, non vi è nulla
di così terribile come la noia. Per questo motivo si cercava sempre
il "diverso", il "particolare", il "nuovo"
cercando di stravolgere i canoni e i gusti precedenti. Ed è da
questi antecedenti che attecchisce e cresce il manierismo barocco.
"Manieriso"
è, appunto, tutto ciò che non è canonico: inizialmente si trattava
di piccoli aggiustamenti, dettagli quasi, ma piano piano si arrivò a
una vera rivoluzione nel gusto. Gli esiti più felici si ebbero
nell'ambito delle arti figurative: architettura, pittura e scultura
ricevettero una spinta enorme. Si può decisamente pensare a questo
secolo come diviso inesorabilmente tra lo spirituale della
controriforma e il plastico, il corporeo, delle passioni e della
moda. Questo è visibile da una parte con la "Gerusalemme
Liberata" dell'irreprensibile Torquato Tasso (1544-1595),
ossessionato dall'ombra del cattolicesimo inquisitorio, e dall'altro
con le opere dello spensierato Giambattista Marino (1569-1625),
autore protagonista del secolo.
Avventuriero,
poeta di corte e abile politicante, Giambattista Marino visse in modo
roccambolesco attraversando diverse corti in Europa. Egli incarna
appieno il gusto e la genialità dell'epoca. A proposito dell'amore
per le arti figurative va ricordata la sua "Galleria"
(1620) dove, come se ci si trovasse al museo, racconta e descrive
diverse opere d'arte celebri alla sua epoca e che ebbe modo di
osservare presso i vari ambienti nobiliari che frequentò. Tuttavia
viene ricordato principalmente per la straordinaria poesia
cortigiana
in grado di parlare dei temi più oziosi in modo aulico e
provocatorio allo stesso tempo, da vero manierista: celebre, in tal
senso, il componimento sui pidocchi ("Onde Dorate")! Il suo
capolavoro, vero fulcro del genio Marinesco, fu "l'Adone"
(1623), forse il poema più lungo della storia della letteratura
italiana (sì, più della Commedia Dantesca comprensiva dei 100
canti!), in cui si narrano le vicende d'amore tra, appunto, Adone e
la dea Afrodite. Se avete studiato quest'autore a scuola è
quantomeno possibile che avrete letto il momento della morte
dell'eroe, trafitto dalle zanne di un cinghiale che, innamorato di
lui, se lo voleva far suo (non sto scherzando). Tuttavia celebre è
anche il passo in cui vengono descritti i vari giardini in cui si
ritrovano i due amanti tra cui quello del tatto in cui, ovviamente,
accadono cose. Questo per evidenziarvi le contraddizioni,
sostanzialmente volute, tra il contenuto di certe opere e il
comportamento della classe nobiliare e, di rimando, la chiusura del
cattolicesimo imperante.
Il
mondo del pensiero europeo si tinge, in quegli anni, del nero del
pensiero ispirato dalla fede: Campanella, Bruno, Pascal, Spinoza e
Cartesio sono i filosofi più importanti di quegli anni, tutti
concentrati sul capire quale fosse la natura delle cose e di Dio.
L'unico che cercò, almeno in Italia, di mantenere uno sguardo più
scientifico sul mondo fu Galileo Galilei (1564-1642) che,
istituzionalizzando il così detto "metodo scientifico",
formalizzò e consolidò un procedimento già insito nella natura
dell'uomo (quello della prova e dell'errore per raggiungere una forma
più completa di realizzazione). Sfortunatamente non amo affatto la
sua prosa, in un italiano complesso e poco fluido: per comprendere a
pieno la figura del geniale scienziato consiglio sempre, invece,
"Vita di Galileo" di Bertold Brecht, celebre drammaturgo
tedesco del 1900.
Tuttavia
la storia, come già ho avuto modo di dirvi, è composta di spinte e
controspinte. Quindi, come potrete facilmente intuire, a un periodo
così suntuoso e pesante se ne contrappose presto uno più leggero,
definito e netto. Parlo della scuola dell' "Arcadia",
un'accademia romana in cui la creme de la creme romana si ritrovava
per comporre semplici poesiole a carattere pastorale e bucolico (che
avessero come tema portante la vita di campagna). Una poesia
completamente disimpegnata, volutamente lontana dalla complessità
della vita di corte, eppure, nonostante ciò, molto attenta alla
buona etichetta e alla formalità. A capo di questo movimento vi fu
un giovane prodigio, lo scrittore di melodrammi Pietro Trapassi
(1698-1782), in arte Metastasio. Abituato a essere trattato come il
classico bambino prodigio "nato imparato", in grado di
rallegrare i salotti della meglio nobiltà, divenne molto presto una
celebrità di fama europea, invitato alle migliori corti in
circolazione.
Questo
movimento, apparentemente tanto inutile e di secondo piano, con la
sua semplificazione dello stile e dei temi spalancò le porte al
periodo che vedremo assieme la prossima volta: l'illuminismo del
1700!
Dopo
aver brutalmente saltato il rapporto col popolo arabo (Battaglia di Lepanto 1571) e con le Americhe, il romanzo picaresco spagnolo
culminato col "Quishotte" (1605) di Cervantes (15347-1616)
e il movimento libertino di Montaigne, spero che abbiate trovato
anche solo minimamente curiosa e interessante questa guida, volta a
rinfrescare la memoria di chi certi periodi già li conosce o
incuriosire chi non ne sapeva nulla! Per qualunque approfondimento
sono sempre disponibile qui sotto e in pagina o, altrimenti, ci si
vede al prossimo articolo!
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