Il senso della vita per Voltaire e gli illuministi: le risate dei giganti di "Micromegas"
E
rieccoci, ancora una volta, a un altro appuntamento settimanale! Ho
seguito, come promesso, i vostri suggerimenti e ho deciso di parlarvi
di un autore a me molto caro per varie ragioni: Françoise-Marie
Arouet conosciuto, più comunemente, come Voltaire (che in effetti è
molto più semplice e comodo da pronunciare).
Mi fa troppo morire come, in ogni quadro, l'abbiano ritratto sempre sorridente!
Ho letto diverse sue
opere e mi sono in particolar modo innamorato del suo "Candido"
che, ancora oggi, considero uno dei migliori libri che io abbia mai
letto (e chi mi conosce sa del valore di questo mio giudizio). Ma non
è solo questo il motivo per cui sono particolarmente legato a
quest'autore e alle sue opere. Presi infatti in mano il volume
(all'epoca ingenuamente acquistato della Newton-Compton, mi mangio
ancora le mani! Mi tocca ricomprarmelo in un'edizione più cazzuta!)
che conteneva i suoi romanzi filosofici (che alla fine sono le opere
che trovate ovunque senza problemi anche nelle peggiori Feltrinelli
di paese) nell'estate tra la terza e la quarta liceo che fu, per me,
veramente illuminante: infatti fu in quei mesi estivi che, veramente,
iniziò la mia formazione letteraria piena e cosciente. Mi ricordo
che, dopo aver approfondito in modo autonomo la titanomachia nella
"Teogonia" di Esiodo (avevo disperatamente bisogno di un
voto alto in Greco e mi divertivo pure) ed aver conosciuto "L'Asino
d'Oro" di Apuleio mi ero dato alla lettura di Ovidio
("Metamorfosi"), Goethe ("I Dolori del Giovane
Werther"), Brecht ("Galileo"), Milton ("Paradiso
Perduto"), Lewis ("Il Monaco") e, appunto, Voltaire
con "Candido", "Micromegas" e "L'Ingenuo".
Era un mondo, quello delle lettere e dei classici, che avevo appena
sfiorato con il "Faust" di Goethe che, a Pasqua, avevo
spazzolato in un paio di settimane: avevo inteso la potenza dei libri
e dei classici che, per luogo comune e ignoranza principalmente, sono
considerati noiosi dai più. Ed è questo che io voglio cercare di
portarvi: il mio amore, la mia passione e sì, ILLUMINAZIONE, nei
confronti di certe opere. E non vi sorprenda il fatto che sia
avvenuto tutto così poco tempo fa (in fondo sono passate sole
tre-quattro estati, nulla di più): sacrificando tempo alla scuola e
allo studio ufficiale (scelta questa che, però, sappiate che se
decidete di intraprendere richiederà dei sacrifici in termini di
risultati ma non di soddisfazioni personali che saranno sempre
grandissime) mi sono fiondato su opere accennate o solo parzialmente
(e comprensibilmente data la mole di argomenti che i prof devono
affrontare) incontrate con la morbosa voglia di saperne di più, con
una forte e vivida sete di conoscenza che ancora è ben lontana dallo
spegnersi! Infatti, per quanto vi possa sembrare che abbia letto
tanto, questo non è NULLA in confronto a quello che ancora mi
aspetta tra gli scaffali di librerie e biblioteche! Quindi scusate
questa lunga premessa ma era per farvi capire il mio valore affettivo
con l'opera di cui parliamo oggi che non è, però, il "Candido"
perchè meriterebbe un discorso a parte nella rubrica di viaggio ma,
bensì, "Micromegas", un'operetta se vogliamo minore ma,
non di meno, pregnante e importantissima nel quadro della cultura
illuminista che prima vi introdurrò!
Dunque,
che cos'è l'illuminismo (che non ha nulla a che fare con gli
illuminati della ka$ta anche se è in quel periodo che nasce in
effetti), quando nasce ma, soprattutto, perchè? Siamo circa
all'inizio del 1700 che, come ben potete immaginare, è quel secolo
che viene dopo il 1600. Questo periodo è stato, con il Barocco (che
è un movimento artistico-letterario), un vero tripudio di cattivo
gusto eccessivo (anche senza PSY e Snoop Dog, pensate un po' !).
Andava di moda, infatti, accumulare in modo esagerato elementi già
di per sè eccessivi per stupire, fino alla nausea, i ricchi ospiti
nelle corti dei sovrani che regnavano tra lussi e agi mentre fuori,
sui campi di battaglia, gli eserciti si ammazzavano tranquillamente
in alcune delle guerre più sanguinose che l'Europa abbia mai
conosciuto.
ci sarebbe stata bene qualche statuetta in più ancora, così è tutto troppo spoglio!
Nascevano così stramberie in ogni ambito, da quello
musicale (esisteva un organo che funzionava a gattini) a quello
figurativo (cascate d'oro nelle chiese come se non ci fosse un
domani) e letterario (Giambattista Marino, uno dei più grandi autori
dell'epoca, compose poesie su tutto, perfino sui pidocchi!).
ne voglio troppo uno pure io!
Era il
cuore a condurre le persone, non la ragione, e le portava a fare le
cose più esagerate ed eccessive per questo gusto del sovrabbondante e
dell'esagerato che regnava sovrano su tutti (che poi, non è che il
barocco faccia tutto schifo, anzi, ha un suo perchè legato all'epoca
di cui poi vi parlerò, ma quando il troppo stroppia...). Però, ad
un certo punto, come succede ogni volta, la gente iniziò a rompersi
i coglioni di tutti questi eccessi (sì, l'espressione non è proprio
fine, ma, vedendo dove poi portò questa corrente di pensiero,
diciamo che è pienamente giustificata). Ma attenzione, a rompersi i
coglioni non è che furono proprio tutti tutti: i regnanti, infatti,
si trovavano benissimo e con loro tutti quei nobili che, in Francia,
si trasferirono piano piano nel nuovo palazzo di Versailles fatto
ampliare da Luigi XIV (che di certo non alzò neppure mezzo mattone
ma di sicuro ebbe l'idea. Forse. Non ne sono nemmeno certo).
Chi
si era VERAMENTE rotto i coglioni era una classe di cittadini: i
borghesi (i poveri contadini non contano, loro erano stufi di tutto a
priori e pure giustamente) che, in quanto ceto ricco, erano anche
quelli più acculturati perchè potevano permettersi un'educazione
della madonna (la poesia in queste righe). Si erano inizialmente
arrabbiati perchè, anche se ricchissimi, i nobili non se li cagavano
minimamente e non erano molto considerati in politica. Iniziarono
quindi, allontanandosi sempre di più dalla corte, a pensare con la
loro testa e a riunirsi tra di loro... al bar. Sì, proprio al bar,
perchè un tempo non era esattamente il posto in cui si trovavano gli
anziani del paese per bere il loro bianchino ma delle case da thé o
caffè che servivano queste bevande importate da paesi lontani a
prezzi anche non proprio modici. E così i borghesi e filosofi del
tempo trascorrevano lì le loro giornate a drogarsi di bevande
eccitanti (si dice che Voltaire sia arrivato a farsi 50 caffe in un
giorno, se non è droga questa!) e parlando delle loro teorie che,
presto, in questi contesti liberi e privi di uomini di chiesa,
divennero a dir poco rivoluzionarie per l'epoca (chi vuole intendere
intenda).
dovevi solo stare attento che il parruccone non ti finisse nella tazzina del vicino
Infatti se fino a quel momento si era ascoltato solo il
cuore si iniziò, da quel momento, a dar ascolto al cervellino (cosa
che anche voi, se vi sforzate, potete fare) in maniera quasi fin
troppo eccessiva: la razionalità aveva preso il controllo totale sui
sentimenti, il cervello aveva vinto il cuore. Gli uomini iniziarono a
guardare ai tempi passati, e in particolare al medioevo, come epoche
buie, oscure e barbare in cui vigeva come unica legge sopra le altre
la superstizione e il fanatismo religioso. Ed è proprio contro
qualunque forma di religiosità specifica che si scagliarono con
tanta forza: la pretesa che tutto fosse modellato a figura e immagine
dell'uomo da un Dio supremo e che l'essere umano fosse la creatura
suprema in natura venne totalmente rigettata e irrisa da tutti i
filosofi di quel periodo (e questa, che a noi può sembrare una
banalità, era una novità pazzesca perchè anche lo stesso re
pensava di essere stato scelto da Dio). Preferita era, invece, una
nuova forma di culto: il teismo (che non cambia se lo volete alla
pesca o al limone). In pratica il ragionamento era che sì, c'era un
essere divino che stava sopra gli altri e tutto quanto, però era una
follia pretendere di cercare di capire se fosse quello di Gesù,
della Bibbia, di Maometto, di Budda, di Cthulu o di chiunque altro.
Anzi, le differenze religiose portavano solo a morte e guerre ed
erano inutili dato che tutti, teoricamente, avremmo potuto unirci
insieme in un'unica grande preghiera universale per adorare un Dio
comune.
Per
esprimere le loro idee rivoluzionarie e anticonvenzionali, critiche
nei confronti della religione e dell'ipocrisia degli uomini, molti
(ma non tutti) decisero di adottare un metodo nuovo: non composero
più lunghi e interminabili mattoni noiosissimi ma si dedicarono, al
contrario, a opere leggere e divertenti che, sotto un alone di
giocosità solo apparente, nascondevano feroci e pesanti critiche
alla società e all'insieme di valori poco etici dei loro
contemporanei: era la satira filosofica tipica del 1700. Le forme in
cui questi scritti si presentano sono tante e varie: racconti
filosofici, romanzi erotici, commedie di teatro, satire e addirittura
poemi cavallereschi. Ma ci fu un solo uomo che, nell'arco della sua
lunga vita, riuscì a comporre almeno un'opera mirabile in ciascuno
di questi stili: Voltaire (1694-1778). Egli, dato il periodo di
attività, si può considerare quasi come il primo degli illuministi
e viene, infatti, considerato di una generazione più vecchia ma, non
per questo, o forse proprio per questo, molti pensatori successivi
come, ad esempio Diderot e Swift, lo consideravano uno dei più
grandi autori mai esistiti sulla faccia della terra (e parliamoci
chiaro, di certo lo è). Qualunque cosa egli scrivesse, romanzo
saggio o poema che fosse, affrontava le cose con una lucidità e un
senso dello humour disarmante in grado di intimidire chiunque, anche
ai giorni nostri. Ricordo ancora come, leggendo le prime pagine del
"Candido", rimasi letteralmente a bocca aperta: mi
immaginavo una roba pallosissima e piena di cose filosofiche
difficilissime che non avrei capito e, invece, MERAVIGLIA! Mi si
palesava un universo di ironia mista a temi profondi che mi fece
impallidire e amare, fin dal primo momento, quest'autore. Attenzione
però, non è che intendo fare un elogio totale dell'autore anche
perchè certe opere come "L'Uomo dai Tre Scudi" sono dei
veri e propri merdalavori ma, in linea di massima, mi sono sempre
trovato benissimo con i suoi libri. <<Sì, ma questo
"Micromegas" arriva o no?>> C'avete ragione pure
voi, vediamo subito (si fa per dire) insieme quest'opera!
Il
raccontino è veramente breve (tipo 20 pagine nella mia edizione) ma,
allo stesso tempo, è tra i migliori e più famosi mai prodotti
dall'autore e, una volta conosciuti i nostri protagonisti, capirete
il perchè. Nello spazio più profondo (sì, avete capito bene) un
giorno un abitante di Sirio che aveva viaggiato per millenni incontrò
un abitante di Saturno (giuro è sul serio così!). Dopo un breve
dialogo in cui discorrono di quanti sensi abbiano, di quante migliaia
di anni abbiano passato alla ricerca improduttiva del senso della
vita (e qua non pensare a "Il Senso della Vita" di Moty
Python è impossibile e, per questo, l'ho voluto mettere come "sigla" all'opera) e di quanti posti, ai confini dell'universo,
abbiano visitato decidono di recarsi sulla Terra. Una volta arrivati
i due giganteschi alieni pensano che il pianeta sia deserto perchè
le loro dimensioni colossali non permettono loro di vedere nessuno
degli esseri che vi abitano. Stanno dunque per andarsene delusi quando, per caso, vedono qualcosa agitarsi nelle acque del nord: si
tratta di una piccola nave con a bordo un'equipe di studiosi e
ricercatori che i due giganti riescono a scorgere solo grazie a un
microscopio. Iniziano quindi una serie di dialoghi in cui vengono
messe a confronto le ideologie di alcuni grandi filosofi (che però
non è necessario conoscere fin da prima, io stesso quando leggevo
non sapevo a chi si stessero riferendo) messe a confronto con
l'ideologia illuminista dei giganti. Questi ridono di qualunque
filosofia ideata dall'uomo dall'alto della loro sapienza ed
esperienza che, seppur enormemente superiore rispetto a quella degli
esseri umani, non li ha portati da nessuna parte. L'apice poi viene
raggiunta quando un religioso esprime le idee di quel simpaticone
medievale di S. Tommaso d'Aquino secondo cui tutto è stato fatto da
Dio per, e solo per, l'uomo in quanto creature perfetta. Dopo aver
abbondantemente riso di questa pretesa umana i due alieni lasciano ai
filosofi un libro contenente il "Senso della Vita". Tale
volume non venne aperto per anni finchè qualcuno si decise e,
fattosi coraggio, lo sfogliò per la prima volta. Curiosi anche voi
di sapere cosa vi fosse dentro? No eh? Vabbè, ve lo dico lo stesso:
le sue pagine erano tutte, dalla prima all'ultima, bianche e
immacolate!
Guarda che bravo che vi faccio pure i meme apposta!
Quindi,
vediamo di capire che cosa voleva dirci l'autore (anche se,
sinceramente, mi sembra abbastanza chiaro di per sè). Niente è
fisso e conoscibile alla perfezione nè da essere superiori nè,
tantomeno, dall'uomo, piccolo e limitato com'è: tutte le varie
teorie filosofiche sono confutabili e nessuna, per quanto si sforzi,
creerà mai un modello di come va il mondo perfetto e inconfutabile.
Stesso discorso vale per le varie teorie religiose e soprattutto per
quelle che, come il cristianesimo, pensano che tutto sia stato fatto
da un Dio ben definito nei confronti dell'uomo, creatura suprema
universale. Ogni nostra pretesa di essere arrivati a una verità
suprema, a un valore fisso dal punto di vista morale o pratico, è
non solo sbagliata ma anche pericolosa perchè blocca qualunque tipo
di ricerca ulteriore della verità. Questo senso di scoperta
filosofica e scientifica è tipico di tutti gli illuministi che sono
riusciti in tutti i settori a dare un grandissimo contributo al
nostro sapere attuale.
E
quindi, questo era "Micromegas"! Sì, so che la parte
riguardante l'opera in sè è molto corta ma, alla fine, non è che
ci fosse molto da dire, è un libretto che va letto per essere
gustato appieno e posso confermare che anche chi non si intende per
nulla di filosofia lo può apprezzare tranquillamente perchè è
scritto talmente bene che nemmeno vi accorgerete di averlo finito
(anche perchè sono circa 20 pagine). Se proprio avete paura di non
capirci nulla prendete una bella edizione che, o nelle note o
nell'introduzione, vi spiegherà tutto quel che vi serve!
Inoltre,
come ho detto, Voltaire ha scritto di tutto e anche opere minori che
nessuno si caga. Questo mi dà lo spunto per iniziare una nuova
collana in cui vi parlo di lavori minori di grandi autori e che
nessuno, in linea di massima, conosce! Ma, prima di tornare a parlare
del nostro Voltaire, volevo la prossima volta parlare di cinema e
letteratura analizzando un film e la sua controparte
storico-letteraria: il "300" di Miller! Per il momento,
però, vi lascio con una piccola canzoncina (che, anche se non in
qualità perfetta, ho trovato anche con i sottotili in italiano per i
non anglofoni) tratta dal film "Il Senso della Vita" dei
Monty Python (lo stesso di cui vi ho messo la sigla iniziale prima) e
a cui, prima o poi, non posso non dedicare un articolo! In
quest'articolo per parlarvi del mio vissuto la forma scritta mi è
stata sinceramente stretta per l'impossibilità di non potervi
rendere partecipi delle mie emozioni ma diciamo che, in tal senso
(non quello delle emozioni ma quello della multimedialità) ci sto
lavorando, piano piano. Buon weekend!
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