Il
viaggio in aereo durò 12 ore, una tortura infernale: la grassa
cinese accanto a me russava sonoramente, accasciata sul sedile come
una bambola di stoffa priva di vita, nonostante le luci fossero
accese. C'era qualcosa, in lei, di bestiale, che mi riportava alla
mente l'idea di un cinghiale selvatico: era ripugnante ma allo stesso
tempo stranamente affascinante. Ovviamente non chiusi occhio e, quando
atterrai all'aeroporto di Pechino, ero stravolto. Mi feci portare
immediatamente in hotel da un taxi per dormire quelle poche ore prima
di dover partire col treno alla volta di Shijiazhuang, dove avrei
dovuto cercare un mezzo per raggiungere Xizhaixiang, un paesino
sperduto nella campagna cinese. Fare tutta quella strada dando
credito a un'antichissima e fumosa leggenda orientale mi sembrava una
follia ma mi dissi "Tanto che sei in ballo...".
Certi racconti buddisti narrano del Santo Rondine Rossa che,
cortigiano alla corte del Buddha sul monte degli Avvoltoi, il
Griddhraj Parvat, una volta, durante un sacro banchetto, iniziò a
mangiare prima di un altro convitato dal rango superiore al suo: per
tale motivo il Grande Illuminato l'aveva condannato a reincarnasi in
un monaco immortale che, isolato dalla società, non vedeva il
presente come gli altri ma dall'occhio destro osservava il passato,
dal sinistro il futuro. Recentemente erano sorte delle strane notizie
riguardanti un vecchissimo monaco che trascorreva i suoi anni in
solitudine nella regione dell' Hebei, in Cina, e non si capiva né da
dove venisse né chi fosse in realtà perché apparentemente muto e
cieco, in quanto non sollevava mai le palpebre. Un mio amico,
appassionato di misticismo orientale, mi aveva passato la notizia
convincendomi che quello potesse essere Santo Rondine Rossa e,
depresso dal grigiume del luogo in cui vivo, mi ero deciso a
intraprendere un viaggio un po' avventuroso per provare a riprendermi
dalla triste monotonia. La stazione ovest di Pechino era il formicaio
che già si era rivelato essere due anni fa e, in mezzo alla massa
claustrofobica che mi schiacciava da ogni dove, cominciai e pentirmi
di quel viaggio, di quell'avventura: ma mi ripetei, ancora una volta
"Tanto che sei in ballo..." e mi avviai verso
l'infernale biglietteria. Fortunatamente l'impiegata riuscì a
comprendere la mia pessima pronuncia cinese e mi procurò i biglietti
di cui avevo bisogno senza troppi problemi: il giorno dopo, alle
9:42, il regionale G513 mi avrebbe scaricato a Shijiazhuang alle
11:13. Per rilassarmi, la sera, mi concessi un giretto per i
caratteristici Hutong, i quartieri tradizionali della città, tra
colorati negozi di vestiti in stile occidentale e locali in cui bere
qualcosa: in fondo ero pur sempre in vacanza, no?
Il
mattino dopo una fitta e gelida nebbia abbracciava Pechino e i suoi
frenetici abitanti. La stazione era, come al solito, strapiena di
persone che andavano e venivano ma riuscii ad arrivare al binario in
tempo e senza contrattempi: il G513 era già lì che aspettava me e
un paio di centinaia di altri passeggeri infreddoliti come il
sottoscritto. Mano a mano che ci allontanavamo dalla città il
paesaggio si trasformava fino a diventare una bianca distesa di neve.
Quando scesi alla stazione di Shijiazhuang feci una tragica scoperta:
a Xizhaixiang non esistevano stazioni dei treni. In effetti stavamo
parlando di un paesino sperduto tra i campi, chi mai avrebbe voluto
raggiungerlo? Mi diressi stancamente nel centro città alla ricerca
di un luogo dove alloggiare, così da avere una base fissa: il mio
sesto senso mi diceva che nel luogo dove volevo recarmi non ci
sarebbero stati hotel di alcun tipo. Era appena l'una, la città non
offriva grandi attrattive e decisi, perciò, di scambiare due
chiacchiere con la receptionist della pensione che avevo trovato per
la notte nella vana speranza che parlasse un poco d'inglese.
Fortunatamente la giovane ragazza (avrà avuto sui 26 anni al
massimo) un poco ci sapeva fare e le domandai quel che sapeva sul
vecchio monaco e il monastero che lo ospitava: a quanto pare era
relativamente famoso da quelle parti perché la stampa non aveva
fatto trapelare troppe notizie, quasi volesse tenere tutto nascosto.
In compensò mi prenotò un taxi per il mattino dopo, così da non
dover far fatica a trovarne uno io (e soprattutto a spiegargli dove
volevo andare). Dopo una rapida cena in un locale coreano del centro
me ne tornai in stanza dove passai una notte irrequieta piena di
sogni stranamente realistici, in cui mi trovavo sulla mano gigante
del Buddha e non riuscivo ad andarmene, per quanto mi muovessi agile come uno scimmiotto.
Il
mattino dopo, alle 9, effettivamente passò il taxi con tanto di
conducente che nemmeno sapeva che animale fosse l'inglese: scambiò
qualche parola con la receptionist in cinese stretto e partì. In un
paio di orette piene di imbarazzante silenzio giungemmo a quelle
quattro casupole che rappresentavano le due vie di Xizhaixiang e che
superammo dopo pochi secondi di guida sostenuta. Il tempio, che si
trovava in mezzo alle bianche risaie a qualche chilometro dalla
civiltà, da fuori non sembrava nulla di speciale: sopra le rosse
pareti i gialli tetti erano tutti coperti di neve e, a parte il
rumore del vento ghiacciato che soffiava tra i rami secchi di un paio
di alberi posti all'esterno, il paesaggio taceva, disturbato solo dal
sommesso rombo di motore del taxi. Questi si fermò di fronte
all'ingresso e mi fece pagare la somma pattuita: non appena prese i
soldi non mi lasciò il tempo di tentare di chiedere se mi avrebbe
aspettato che partì via subito, scomparendo preso al'orizzonte.
Intimorito dal silenzio e infreddolito non mi rimase che entrare nel
monastero e sperare che vi fosse qualcuno disposto ad accogliermi; ormai ero in ballo, no?
Il
primo cortile era deserto, così come il secondo e il terzo: non
volava una mosca e le stanze interne sembravano tutte chiuse,
comprese quelle centrali che davano accesso alle statue del Buddha.
Scoraggiato mi diressi verso il quarto cortile dove, però, mi
attendeva qualcosa di molto particolare: una sala grandissima era
aperta e, dall'interno scuro e poco illuminato, fuoriusciva una
quantità smodata di fumo d'incenso votivo bruciato. Avvolto dal
dolce profumo entrai e lo spettacolo che mi trovai di fronte mi
lasciò pietrificato: la stanza era stracolma di gigantesche statue
dorate di divinità Buddiste, almeno un paio di centinaia, alte tutte
sui 2 metri e, davanti a ciascuna. dei piccoli tripodi stracolmi di
incenso bruciavano la sostanza mistica emanando una sottile luce che,
insieme a qualche altra lampada ad olio, illuminava scarsamente l'ambiente. Al
centro del tempio, in mezzo alle statue, su un cuscino color porpora
stava seduto un vecchio monaco dal capo pelato e la tunica arancione
tutto incartapecorito su sé stesso che, ad occhi chiusi, ripeteva
sommessamente un mantra interminabile. Intimorito (e anche un
po'inquietato) mi diressi senza far rumore verso la reverenziale
figura e, inginocchiatomi davanti ad essa, stetti immobile. Ora che
ci pensavo, come mi sarei rivolto a lui? Il cinese non lo conosco,
l'italiano dubito che sappia cosa sia, che fare quindi? Ero preso da
questi dubbi quando sentii una voce tuonare: "Giovane
ragazzo, che ti prende? Dubiti di poter comunicare con il grande
Santo Rondine Rossa? Non sai che i poteri dell'immenso
Bodisatthva sono infiniti? Praticando le vie della virtù si possono
superare tutti gli ostacoli dei comuni mortali ottenendo le
chiavi dell'anima che il Buddha concede tramite l'ottuplice
sentiero.". Vi lascio immaginare la mia sorpresa nel sentire
queste parole improvvise, soprattutto dal momento che il monaco non
si era mosso di un millimetro ma continuava, invece, a ripetere
imperterrito le sue preghiere. Che effettivamente fosse lui a
comunicare con me, in modi impossibili da comprendere per un semplice
peccatore come il sottoscritto? "Allora, razza di sciocco, ti
vuoi svegliare? Certo che sono io, Santo Rondine Rossa,
a parlarti, smettila di meravigliarti! Tutti così questi
abitanti delle terre occidentali: maiali pieni di sé che credono di
sapere tutto, di avere le chiavi del mondo, quando in realtà non
sanno nulla del Grande Veicolo, di ottuplice sentiero e di sutra!
Tutti fieri della loro scienza si fanno abbindolare da professoroni
che pretendono di avere in mano i misteri dell'universo
quando, in realtà, si perdono in un bicchiere d'acqua!
Invece di adorare il Santissimo Buddha e la Pusa Guanyn
guardano gli animali, loro, avanzi di galera reincarnatisi
in esseri schifosi che strisciano per terra! E poi ci sono i vostri
scrittori, i giornalisti, che mi hanno assalito nei giorni scorsi di
domande per poter rivoltare a loro piacimento le informazioni,
manipolarle per le masse, per dar da mangiare a voi mortali, esseri
pigri che si affidano agli altri per avere una conoscenza falsa e
irreale della realtà: bestie, non siete che bestie! E tu, tu,
tu sei qua perché vuoi vedere e capire, vero? Vuoi che ti sveli
quale sarà il tuo futuro? Oppure vuoi rivedere quel che hai passato?
Oh, ma lo so già, non preoccuparti, non star qui a darti la briga di
rispondere, so già tutto! Comincia con il ripercorrere quello che
hai fatto fin'ora: conoscere sé stessi per conoscere
il mondo, dicevano gli antichi, no?".
Con gli occhi sbarrati per quello che stavo sentendo non riuscii a
dir nulla: e che potevo fare? Qualunque cosa avessi cercato di dire
sarebbe suonata come una banalità indescrivibile alle orecchie del
santo, come una carcassa in putrefazione di fianco a un filetto di
maiale. Paralizzato
dalla paura vidi la testa di Santo Rondine Rossa alzarsi piano piano
e il suo occhio destro dischiudersi con calma, seguendo il ritmo
naturale della Natura. "Questo-
disse- è l'occhio che osserva, instancabile il passato del
Mondo, fin dalla sua creazione, e che mai si sbaglia: osserva pure
quello che ti interessa.".
Non
posso descrivervi l'orrore cosmico che vidi riflesso in quella grossa
nera pupilla e nemmeno mi ricordo ciò che osservai, ma alcune cose
mi si sono impresse in mente e riaffiorò quello che avevo passato
l'ultimo anno. Mi vidi
malato, una sera, al computer a creare un blog, provando a dargli una
forma e avvertendo alcuni miei amici dell'accaduto. Un attimo dopo
stavo scrivendo quello che sarebbe stato il mio primo articolo, pieno
di errori e imprecisioni, composto pochi giorni prima della fine
dell'anno in fretta e furia, come a voler riempire uno spazio vuoto:
si parlava di favole e di tempi andati, qualcosa di particolare da
cui iniziare. In seguito mi vidi condividere con cerchie sempre più
ampie di conoscenti i miei lavori, un
articolo pieno di sconcezze e uno stile, al contrario, sempre più
pacato col tempo.
Poi qualche articolo su animali vari, un interesse per la letteratura
da viaggio sempre crescente e qualche collaborazione con gruppi di
amici e un giovane
scrittore. Poi l'arrivo di Facebook e la crescente condivisone con
tutti quelli con cui avevo dei contatti fino a rivelarmi come
effettivo autore di tutti gli articoli. Viaggi fantastici, epiche
battaglie e opere irriverenti non hanno bloccato gli esami e il
consenso è sempre più cresciuto fino a sfociare in un progetto,
quello di sostegno delle librerie indipendenti, per mettere in luce i
problemi e le difficoltà di una realtà culturale spesso
dimenticata.
I viaggi sono andati aumentando e con loro le esperienze di vita,
positive e negative, tutte riportate fedelmente. In seguito si sono
aggiunti amici da gruppi che condividevano passioni comuni e da cui è
sorto un dialogo mentre tutto, intorno, stava cambiando:
un impervio viaggio in oriente chiudeva la visione, intervallato da
confuse scene che mostravano la nascita di un video e una
collaborazione artistica preziosissima.
Un anno di prova che ha gettato le basi per un prossimo anno radioso.
Terminato
che ebbe di mostrarmi l'occhio destro lo richiuse e, prima che avessi
modo di rendermi
conto di quel che accadeva con precisione, sbarrò il secondo, quello
che non smetteva mai di osservare il destino futuro degli uomini. La
mia mente non resse e svenni ma non prima di aver intravisto qualche
fugace immagine. Vidi me stesso concludere il viaggio orientale con
molti compagni in più di quelli incontrati inizialmente e, con un
sorriso, salutarci alla meta con la promessa di rivederci per qualche
nuova avventura. Nuovi video spuntavano e collaborazione con titani
dalle ampie conoscenze troneggiavano su di me. Intravidi anche la
possibilità di allestire una mostra con un caro amico e una
riscrittura di alcuni capitoli,
un progetto per il 15 febbraio, una dura prova
e poi... il nulla, non mi era concesso di veder altro, le vie del
Buddha erano ancora molto, troppo lontane!
Inutile dirvi che, dopo essere
caduto per terra svenuto, rinvenni nella mia camera di hotel a
Shijiazhuang. Non so come ci finii, alla reception non seppero dirmi
nulla. Non mi rimaneva che tornarmene a Pechino e da lì cercare di
rincasare con qualche mezzo in Italia. Nei giorni successivi pensai e
ripensai al Santo Rondine Rossa e a quello che era successo ma
qualcosa continuava a sfuggirmi, a rimanere fumoso. Quando l'aereo
decollò mi scese, involontaria, una lacrima salatissima dall'occhio:
sapevo di star abbandonando qualcosa di importante, una parte di me.
Mentre il veicolo si inoltrava su, tra le nubi, a centinaia di
chilometri orari, finalmente realizzai: avevo il futuro nelle mie
mani, l'ottuplice sentiero aperto di fronte a me e un sorriso
stampato sulle labbra.
Questo
era un mio piccolo racconto per celebrare un anno del blog. Una
cavolatina, veramente, scritta di contorno per dare un tocco di
originalità a quello che altrimenti sarebbe stato un elenco corto,
freddo e banale di quel che
fu e di quel che sarà. Un
particolare ringraziamento va a tutte le persone che mi sono state
vicine, Anna in primis (che non ho mai nominato, se non una volta, e
che vi osserva tutti insieme a me), e con un particolare
ringraziamento a chi sa di meritarselo. Devo, inoltre, ringraziare
in modo speciale chi ha deciso di credere in me e di aiutarmi col mio
progetto e, quindi, in ordine all'incirca cronologico: Alessandro
Angeli, gli amici della libreria Bastogi di Orbetello, Giancarlo
Pasquali, la pagina All You Need is Dead,
Federica Buscaglia, Gian Luigi Pugni,
Michele Poggi, Angelo Cavallaro, il gruppo "Riscoprire i Classici" "Amo i Classici" "Viaggiatori per Passione" "Medioevo Italiano" "Italia Medievale"
e "Reti Medievali". Inoltre un grazie particolare è
rivolto anche alla pagina "GDL" e
"Duecento Pagine" che mi hanno sostenuto. Una menzione
d'onore spetta poi a tutti voi,
gli attuali 208 iscritti alla pagina che mi seguite, commentate e aiutate. Non sarei
da nessuna parte senza di voi, sappiatelo! Vi ricordo che mi potete trovare anche su Facebook e Youtube!
Questo è stato un anno di
prova per un futuro che appare più radioso che mai! Vi auguro un
buon proseguimento di feste e vi do appuntamento a lunedì, in cui vi
faccio l'elenco di quello che ho letto quest'anno!
Grazie Riccardo e auguri !
RispondiEliminaDi nulla e tanti auguri pure a te!
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