ATTENZIONE!!!!
QUEST'ARTICOLO è VECCHIO E NON PIU' RAPPRESENTATIVO DEL BLOG. NE è USCITA UNA VERSIONE RIVISTA E CORRETTA CHE TROVATE QUI!
BUONA LETTURA
<<Salve,
e benvenuti a tutti quanti! Dopo esserci occupati la scorsa volta delle favole,
ecco che stavolta ci addentriamo in un argomento decisamente più spinto: il
romanzo erotico per eccellenza di tutto il 1700 francese, la “Justine”(1791)
del divin marchese De Sade (1740-1818). Ma, prima di iniziare, occorre una piccola
precisazione: in questo mio pezzo analizzerò prima la trama e l’opera in sé e,
in seguito, il contesto generale di quegli anni, di cui molto brevemente avevo
già parlato la scorsa volta, per capire perché il nostro autore abbia voluto
scrivere una tale opera in questo periodo. Va da sé che, parlando della trama,
io debba per forza accennare al finale che in questo caso è fondamentale per capire
alcuni aspetti dell’opera. Non è che vi sia chissà qual intreccio narrativo
dietro al romanzo, per carità: sarebbe come guardarsi il film porno della
Tommasi per gustarsi la trama, anche se posso capire che ad alcuni(?) possa
interessare. Quindi, io ve la metto sotto evidenti segnali rossi che anche il
più sfacciatamente ritardato di voi potrà riconoscere: non dite che non vi
avevo avvisati! Spero non occorra specificare che questa recensione ha dei
contenuti non adatti ai minori e, quindi, cari i miei tredicenni arrapati in
overdose ormonale, alla larga! (che è come gettare dello zucchero su un
formicaio alla fine)>>
SPOILER!!!
(contenti?)
<<Un
bel giorno la precoce e provocante Juliette e la sorella Justine, casta e pura,
rispettivamente di 15 e 12 anni, si ritrovano orfane e con pochi soldi lasciati
in eredità per poter sopravvivere il tempo necessario per trovare un tetto
sotto cui dormire (e già queste potrebbero essere le prime scene di un filmino
di serie Z). Juliette, la maialona, tenta di convincere Justine a darsi alla
prostituzione con lei in qualche casa di piacere, ma la piccola e vergine
eroina è scandalizzata (e vorrei ben vedere, ha 12 anni, cazzo) dalle parole della
sorella divoratrice di uccelli (A.K.A. pompinara). Così le due decidono di
separarsi: l’una pronta a rinunciare a ogni pudore e concetto di virtù, l’altra
invece saldamente attaccata alla fede cattolica e al suo imene. La trama
prosegue, senza troppo dilungarsi, sulla vita sfrenata di Juliette (meglio
analizzata nel meno famoso romanzo omonimo sempre di De Sade) che, dando la
fagiana a cani e porci, non solo diventa ricca, ma pure potente, sta cagna! Un
giorno durante un viaggio si ferma in una locanda col marito (quello che ce
l’aveva più grosso dei tanti esploratori o in ogni caso il più ricco) e assiste
a una triste scena: una giovane tutta sporca e con le vesti stracciate è
trascinata da delle guardie che la tengono sotto arresto. Mossa a compassione,
Juliette si informa sul motivo per cui la sventurata è in manette: assassinio,
furto e incendio rispondono gli agenti. Ma la giovvvine cerca di difendersi da
tali accuse: incomincia così il lungo racconto delle disavventure di quella che
solo alla fine scopriamo essere Justine (NO, ma va? Ma non mi dire!), sballottata
a destra e a sinistra per la Francia passando da un pervertito all’altro:
ognuno vuole venire nel modo più doloroso per la nostra vittima (non vi eravate
mai chiesti il perché si dicesse “sadismo”?). Tutti se ne approfittano dell’
indole pura di Justine: soprattutto chi all’inizio sembrava gentile e
disponibile nei suoi confronti, si rivela poi essere un cinico bastardo a cui
piace mettere la sua mazza da elefante indiano nel culo alle ragazze (e non
solo) riempendole prima di botte. Le classi sociali incontrate dalla sventurata
sono le più svariate e includono ogni ceto sociale, nessuno escluso. Anzi, più
si è privilegiati, come nobili e ecclesiastici, più i vizi aumentano e più
l’orrore della morte si fa vicino. Basti pensare all’abbazia in cui a un certo
punto si trova rinchiusa con altre giovani ragazze che, una volta stuprate dai
monaci, vengono poi piano piano uccise, sbrindellate e sepolte nel giardino
retrostante il convento (Da questi capitoli già si può notare un primo abbozzo
della sua opera più famosa, “Le 120 Gionate di Sodoma”). O ancora: a un ricco
falsario che vive in un castelletto isolato da tutto e tutti piace far
sperimentare il “gioco dell’impiccato”: pare che il piacere provato un attimo
prima di morire sia enormemente più potente del normale orgasmo da scopata (un
po’ come in “Trainspotting” quando parlano dell’Eroina: “avete presente un orgasmo? Bhè, moltiplicatelo per mille e non ci
sarete nemmeno lontanamente vicini! […] Batte qualunque fottuta iniezione di cazzo!”). Qui la nostra
protagonista ha finalmente la possibilità di uccidere il suo persecutore,
quando questi decide di provare il gioco su sé stesso, ma sceglie di non farlo
e, dopo che lui ha schizzato ettolitri di sperma, taglia la corda da cui si
stava facendo pendere: una vera cristiana non desidererebbe mai la morte di una
persona; e infatti ne paga poi le conseguenze, e pure belle pesanti!. Justine
infatti, qualunque cosa accada, non si concederà mai volontariamente se non in
casi eccezionali che comporterebbero altrimenti la sua morte. Ma per colpa di
questo suo atteggiamento viene anche accusata in giustamente e si trova in guai
sempre più grandi. Solo un colpo di fortuna l’ha fatta riavvicinare alla
sorella che riesce a salvarla e a darle tutte le cure di cui ha bisogno la cara
ragazza dopo anni e anni di stupri e insidie. Ma le cose non sono destinate a
durare a lungo. Un pomeriggio estivo si scatena un temporale e si rinchiudono,
Justine e Juliette con tanto di marito, in una casotto in campagna. La nostra
eroina, spinta da una sensibilità romantica verso lo scatenarsi delle forze
della natura, si affaccia alla finestra per guardare il cielo scuro solcato da lampi
accecanti. E così un fulmine, simbolo del potere e della volontà divina, le trapassa
letteralmente il corpo carbonizzandola all’istante: la strada della virtù e
della castità non sono ben accette nemmeno dal grande Dio onnipotente.>>
FINE SPOILER
(Vi
piacerebbe, eh? Così imparate a non leggervi la trama, nell’analisi devo anche
parlare del finale!)
<<Come? Un finale così del cazzo? E tutta
questa serie infinita di porcate per che roba? Un fulmine e bho, tutto finito?
Cioè, tanto vale dire che è stato tutto un sogno e buonanotte al cazzo!>>
<<Come
dissi, questo è un romanzo erotico, non un romanzo storico. A De Sade non
interessa fare un finale col botto ma trasmettere un certo significato morale:
non importa la morale con cui vivi, ma non puoi sempre nasconderti dietro a un
finto scudo di purezza, devi saper affrontare una società corrotta dove, come
diceva il filosofo inglese Hobbes (1588 d.C-1679 d.C) riprendendo il
commediografo latino Plauto (250 a.C-184 a.C), “Homo hominis lupus” ossia “ogni
uomo è per l’altro uomo come un lupo” e non ci si può fidare di nessuno.
Nemmeno i precetti religiosi originali, non filtrati da ciò che ha aggiunto e
rimaneggiato la Chiesa, prevedono un comportamento casto e puro sotto ogni
aspetto, basti guardare a quel che succede nella Bibbia: omicidi, incesti e
figli venduti come se non vi fosse un domani e soprattutto: tanto tanto
tantissimo sesso, tant’è che in quegli anni la sua lettura era sconsigliata
alle giovani fanciulle e circolavano varie edizioni col marchio del “parental
control”! La sorella Juliette invece, priva di ogni scrupolo morale e ben
educata all’arte dei piaceri, vive tranquillamente e felicemente ricca e desiderata.
Come è meglio atteggiarsi dunque? Santa ma martire o peccatrice e felice? La
risposta non è così immediata: De Sade ha voluto fornirci un modello di vita da
seguire o piuttosto un anti-modello? Andiamo a vedere ora questo aspetto anche
con gli stronzi che non hanno voluto a tutti i costi leggere un finale così
poco impegnativo e pertanto potranno capire solo in parte il perché delle
scelte del divin marchese!>>
FINE DEGLI
SPOILER
(stavolta sul
serio, ci sono solo un paio di riferimenti a qualche riga scritta dall’autore
ai lettori ma nulla di più. Se vi disturba questo elemento a sto punto non so
che dirvi ,se non: cambiate pagina!)
<<Il
volume si apre con una dedica fatta dall’autore (anonimo all’uscita della
seconda edizione del romanzo, anche se tutti alla fine sapevano chi fosse) a
una sua cara amica, tale Constance, in cui dice di aver voluto sottolineare che,
se condite da disavventure e mali, le virtù hanno un valore molto più elevato
(grazie al cazzo, aggiungerei io!): “<<Oh,
come mi rendono più fiera di amare la Virtù questi episodi del Crimine! Come
essa è sublime tra le lacrime! Come la abbelliscono le sventure!>> O
Constance! Se pronuncerai queste parole le mie fatiche saranno coronate!”.
Ora,
dobbiamo veramente credere al nostro sadico romanziere? D’altra parte, anche
nelle ultimissime righe egli esclama,
rivolto ai lettori: “Possiate
convincervi, al pari di lei, che la vera felicità si trova solo in seno alla
virtù e che se Dio, secondo piani che non sta a noi sondare, permette che essa
sia perseguitata sulla terra, è solo per risarcirla in cielo con più dolci
ricompense!”>>
<<Ah, ma allora vedi che non è cattivo in
fondo? Ci vuole solo dire che bisogna stringere i denti e andare avanti anche
nelle situazioni più problematiche! Allora possiamo comunque andare avanti a
pregare felici e contente avendo
fiducia nel nostro Signore!>>
<<E
invece no, il vero messaggio non è nemmeno questo, o almeno non del tutto! <<E, ma allora qual è, scusa?>> Per
cercare almeno di comprendere la complessa mentalità della figura più oscura e
maledetta del tardo 1700 Francese è direi il caso di addentrarci nell’atmosfera
del tempo e nella vita del personaggio!
Donatien-Alphonse-Françoise
de Sade, spesso conosciuto come il “divin marchese” o come D.A.F De Sade (no,
nessuna parentela con la Hilary Duff, gran battutone) ha scelto il momento peggiore
di tutti per essere nobile: la sanguinosa rivoluzione dell’ 89 incombeva
infatti all’orizzonte e, come si sa, le bianche parrucche ricciolute tipiche
delle classi più elevate del tempo non piacevano troppo ai rivoluzionari
incazzosi capeggiati dallo spietato Robespierre (1758-1794) detto l’ “incorruttibile”,
morto poi, ironia della sorte, ghigliottinato. Addirittura egli era originario
del casato, da parte di madre, di cui faceva parte la Laura famosa per non
averla mai data al povero Petrarca. Come è ben immaginabile, fu avverso al
movimento rivoluzionario francese nello specifico anche se, pure lui, auspicava
uno stravolgimento sotto però un altro ambito: egli condusse una vera e propria
crociata non tanto contro i regnanti di Francia, quanto contro il primo grande imperatore romano: Augusto (63 a.C.-14
d.C.). Questi fu difatti il primo ad accentrare tutti i poteri su sé stesso e
ad emanare leggi che, tramite incentivi e proibizioni, volevano ristabilire il “buon
costume” presso i cittadini romani. Ma attenzione, egli non si riteneva parte
del popolo, come gli altri poveri stronzi: infatti pare organizzò diversi
piacevoli festini nel suo palazzo a Roma arrivando addirittura a vestirsi da
divinità, cosa intollerabile per il tempo. Era il diritto al piacere che
passava dalle mani di tutti, popolo compreso, a quelle del solo monarca,
regnante quasi divino che poteva imporre ciò che voleva sui suoi sudditi. E le
cose non mutarono per secoli e secoli, arrivando fino in Francia: mentre i
nobili si davano al buon tempo giocando a “mettilodentro” tra mille agi e
lussurie, il popolo moriva di fame e i ricchi borghesi non vedevano
ricompensati i loro sforzi in ambito commerciale (leggendaria la frase d Maria
Antonietta “se non hanno pane mangino
croissants”). Il tentativo di De Sade non era dunque tanto quello di
rivoluzionare la forma politica, quanto di rendere tutti partecipi ai giochi
dell’amore e alle lussurie come era prima della venuta dell’imperatore Augusto.
E quale arma più adatta per i colti borghesi dell’epoca per colpire la nobiltà
se non la pubblicazione di operette erotiche che ridicolizzavano e mettevano in
luce l’ estrema lascivia della nobiltà di Versailles e in particolare di Maria
Antonietta, simbolo di questo sesso sfrenato affidato ai soli potenti? Tra gli
autori di queste opere erotiche dissacranti e spesso allegoriche troviamo inoltre grandi
nomi come Voltaire con l’ ”Odalisca” a lui attribuita e Diderot col suo lavoro
giovanile “I Gioielli Indiscreti” in cui le passere raccontano delle loro
prodezze sessuali sotto l’influsso di un anello magico in una fantastica corte
dei regnanti del Congo. Però nessuno propose una morale anche sessuale
alternativa come De Sade: la sua più grande opera filosofica fu “La Filosofia
nel Boudoire”. L’opera, racconto di una grande lezione di educazione morale e
sessuale fatta a una giovane ragazza, non viene vista come anti-educativa, come
invece potrebbe sembrare dalla “Justine”: l’autore crede fermamente in ciò che
dice. A questo punto i casi possono essere diversi: o l’autore voleva prendersi
gioco dei lettori raccomandando loro una morale fondata su solidi princìpi o
voleva pararsi il culo da possibili ritorsioni da parte di chi era più potente
di lui. Secondo il mio modesto parere,
quindi non prendetelo per oro colato, De Sade ci voleva brutalmente trollare
tutti. Ben note erano le prodezze e i misfatti compiuti dal divin marchese che
lo avevano portato a diversi anni di reclusione in varie prigioni, tra cui la
Bastiglia, da cui fu trasferito il giorno prima dell’assalto dell’89; fu anzi
proprio lui ad aizzare la folla urlando dalle sbarre della prigione che le
guardie torturavano i prigionieri. Inoltre, questa di cui sto parlando al
momento, è la seconda edizione della “Justine” pubblicata da BUR, ma non esiste
solo questa: infatti ce n’è una terza, quella completa e allungata, la “Nuova
Justine” (1799) edita da Garzanti, che non inizia né finisce come quella da me
letta.
Quindi,
tiriamo un po’ le somme: il grande romanzo di De Sade, la “Justine”, mette in
luce come un comportamento ostinatamente casto e puro che pecchi di furbizia e “saper
vivere” sia da condannarsi sotto ogni aspetto e non rientra nell’ordine naturale
delle cose.
Ah già, e il
nostro autore, che fine ha fatto? Bhè, odiato da tutti in periodo monarchico
non migliorò di certo la sua situazione in seguito con i rivoluzionari con cui
non aveva mai avuto buoni rapporti. Dopo essersi dato quindi a forti piaceri
con le amanti e, a quanto si dice, con la sorella, e anche per questo
incarcerato (non era colpa sua se si divertiva a frustare e avvelenare le
giovani ragazzine, povero) finì i suoi giorni obeso per il poco movimento fatto
in prigione e bistrattato sostanzialmente dai più: a quanto pare la morale
espressa nel suo romanzo non sempre funziona!
Su De Sade è
già stato scritto parecchio da persone decisamente più colte di me: abbiamo una
parte a lui dedicata nel celebre saggio di Mario Praz “La Carne, la Morte e il
Diavolo nella Letteratura Romantica” (edizione BUR dal prezzo ignoto
trattandosi di un regalo) che leggerò a breve, diversi scritti di Apollinaire e
di Bataille su cui ancora non sono riuscito a mettere le mani, una raccolta per
la Longanesi a cura di Elémire Zolla che possiedo ma ancora non ho letto (il
prezzo non lo so, era in un negozio di libri usati super scontato) e, infine,
praticamente tutto ciò che vi ho raccontato oggi l’ho tratto dal bellissimo
saggio in due volumi “Sesso e Mito” di Francesco Saba Sardi, sempre edito da
Longanesi.
La “Justine”,
come qualunque opera di De Sade, è consigliabile solo a un pubblico
strettamente adulto, che abbia lo stomaco forte e non si scandalizzi di fronte a
certi temi Le scene di sesso sono più che abbondanti ma, data la crudezza dei
fatti descritti e la loro inverosimiglianza, non provocano un eccessivo
eccitamento (quindi niente segoni o sgrillettate). L’edizione BUR viene solo
€8,00 mentre quella della Garzanti €13,00, entrambe facilmente reperibili. Il
libro in ogni caso è molto scorrevole e quindi: perché no?
Ovviamente
non ho esaurito l’argomento “De Sade”, c’è molto altro da dire, però rimando
tutto a un altro pezzo! In fondo, posso forse non parlare delle “120 Giornate
di Sodoma” o piuttosto della sua influenza sul nostro modo di vivere tutti i
giorni?>>
<<Ringrazio
ancora una volta chi mi segue, mi da suggerimenti e mi sta vicino nonché tutti
voi, lettori fissi o occasionali che leggete queste righe! Ovviamente
commentate quando e come vi pare e/o mandatemi un’e-mail numerosissimi!
Questo pezzo
lo dedico al buon Aldo che mi ha suggerito l’argomento (un saluto ad Aldo: ciao!)
mentre rimedio ora allo scorso capitolo che è nato anche grazie ad Elisa che mi
ha proposto l’argomento come “sfida” (un altro saluto ad Elisa: ciao!).
“And that’s all folks” ma… posso forse
non parlarvi dell’”Anti-Justine” di Restif de la Bretonne che si oppone in modo
ben noto al nostro De Sade? Alla
Prossima!>>
Considera che nel 1700 una quindicenne è grande abbastanza per fare "tutto".
RispondiEliminaSicuramente l'ho trovato migliore anche di altri erotici contemporanei "mainstream"
Bhe, effettivamente 15 anni per l'epoca era normale ma diciamo che si era data da fare anche un po'prima. Quindi aveva un po' di esperienza e non era come le ragazzine di buona famiglia che andavano completamente impreparate ad affrontare il matrimonio (vedi "Il Dolore Perfetto" dove la ragazza ha addirittura origini popolari. Quindi ecco diciamo che 15 anni sono ok, ma aveva un grado di preparazione in materia molto avanzato...
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