E rieccoci
con un nuovo articolo settimanale, regolare il sabato come le mestruazioni nel periodo peggiore del mese.
Quest’oggi parleremo di un fenomeno molto complesso, di cui nemmeno gli
studiosi si son fatti un’idea certa e precisa: l’omosessualità nel mondo greco. Spesso
e volentieri si generalizza con frasi del tipo: << Ma sì, ai Greci piaceva inculare i bambini, erano dei pedofili
arrapati, delle persone squallide che se ne approfittavano di teneri ragazzini!>>.
Ovviamente, manco a dirlo, questa visione semplicistica non solo è storicamente
inesatta (“tutto ciò è giuridicamente scorretto” come direbbe una persona nota
a qualche lettore), ma non tiene nemmeno conto di quello che doveva essere il
punto di vista in materia un tempo.
Ma prima di iniziare vi
annoio con un paio di considerazioni (tanto per non farvi prendere troppo bene
partendo subito): non sono qui a dare giudizi morali su gusti sessuali ma a
descrivere come stessero le cose un tempo. Che quello che accadeva in quel
periodo fosse giusto o sbagliato non sono qua per dirlo (anche perché sarebbe
un approccio sbagliato) ma, quello che posso dirvi, è come stessero le cose e
come fossero pienamente giustificate e legittime per quell’epoca. Quello che
oggi vi racconto non l’ho sperimentato in prima persona durante un' emozionante vacanza in Grecia in tenera età ma proviene dagli studi approfonditi di Eva Cantarella
(1936-no, ancora non è morta) , una famosissima studiosa di diritto romano e
greco che ha insegnato in prestigiosissime università e pubblicato tantissimi
libri che tracciano un quadro completo e esaustivo della condizione giuridica
degli antichi. In particolare faccio riferimento al saggio “Secondo Natura” per
la BUR (10,90€) che consiglio a chiunque voglia avere una visione completa
dell’argomento, esperto o meno di antichità.
Innanzitutto
mettiamo le carte in tavola e “viviamo sinceri di noi” (come recita il graffito
enorme sul muro di fronte alla mia finestra e che, ogni giorno, mi ricorda
quanto noi umani ci meritiamo di morire tra le peggiori torture):
effettivamente i Greci adulti si incaprettavano i ragazzini. È un dato di
fatto: non praticavano il solo coito intercrurale (strofinare il pene tra le
cosce fino a venire) come alcuni avevano ipotizzando osservando delle
decorazioni sui vasi ma, come risulta chiaramente da alcune scritte su muri di
caverne on Grecia (come se “Qui Krimon ha sodomizzato il suo fanciullo fratello
di Bathycles” non fosse abbastanza esplicita come frase) e da numerosi brani di
poeti che elogiano il fresco culetto dei ragazzi, i Greci penetravano ani non
appena ne avevano l’occasione. Ma con ragazzi non si intende i bambini in
generale ma solo quelli di una certa età (anche loro, come il vino, hanno
bisogno di invecchiare un poco). Infatti, come recita un epigramma (composizione
breve di poesia):
“D’un dodicenne il
fiore mi godo; se tredici sono
gli anni, più forte
desiderio sento;
chi n’ha quattordici
spira delizia più forte d’amore,
più gusto chi nel terzo
lustro va;
il sedicesimo è un anno
divino: non io lo ricerco
l’anno diciassettesimo,
ma Zeus.
Per chi vagheggi un
amasio più vecchio è finito lo scherzo:
quello che cerca è
<<a lui corrispondendo>>
Quindi, come
risulta evidente, esiste una precisa fascia di età: al di sotto si è troppo
precoci e azzardati, al di sopra ci si inizia a coprire di peli, i nemici
dell’amore verso i giovani. Vediamo che chi amava qualcuno di diciott’ anni
cercava qualcuno di a lui simile: infatti avveniva un importante cambiamento di
ruolo nel ragazzo. Il giovane, si sa, deve essere sottomesso al ruolo passivo
anche se, a un certo punto, dovrà diventare lui stesso attivo. All’inizio, in
epoca arcaica, tutto ciò aveva un carattere di iniziazione alla vita adulta: il
ragazzo, “inspirando” lo sperma dell’adulto tramite l’ano, acquistava le caratteristiche
indispensabili per essere uomo in seguito (non vi sto a fare la storia
dell’etimologia del verbo greco ma sappiate che i termini che ho usato non sono
casuali). In seguito, però, questo carattere più che perdersi è mutato. Tutto è
diventato una consuetudine, un modo di fare consolidatosi nel tempo e che non trova
punizione nelle leggi. Era così automatico, ubbidendo a una legge antichissima,
concedersi a chi era più grande che nessuno si poneva ormai troppi problemi.
Però i tempi cambiano e anche la mentalità: quello che era un servizio dovuto
diventa gioco erotico fatto di corteggiamenti pressanti da parte degli
spasimanti e rifiuti provocatori dei giovani che servivano ad attizzare le
torce. Si veniva così a creare una cerimonia d’amore quasi animalesca, fatta di
allusioni giocose e rituali provocanti. Però i ruoli dovevano essere
assolutamente definiti e chiari, non era lecito che si contravvenisse
all’antica legge. Ma fu proprio così?
Come si sa i
ruoli non si scelgono, sono dettati dalle attitudini di ciascuno anche in base
al carattere e al vissuto personale e, per nostra fortuna, i gusti e le
perversioni sono infiniti: quindi di sicuro ci saranno stati ragazzini che
avrebbero preferito arare il campo di una bella ragazza piuttosto che farsi
piantare un paletto in culo da un grasso cinquantenne oppure inserire il loro
seme nell’humus dei coetanei ma non potevano (ah, come mi sento un villico
contadino, tutto odorante di caldi escrementi). Tutto era rigidamente regolato
da norme sociali da cui non si poteva uscire: anche il tempo per amare, come
abbiamo visto prima, a un certo punto finiva (anche se ci sono casi celebri,
come quello di Pericle se non sbaglio, in cui gli amanti sono poi rimasti tali
per tutta la vita). Quindi, quale sciagura e decadenza dei costumi quando si
vedevano uomini adulti truccarsi e acconciarsi come donne, depilandosi e
vestendo leggere tuniche gialle (il colore tipico delle femmine, non è vero
mimosa?), che si strappavano via anche i peli del culo pur di farsi penetrare
come puledre selvagge! Infatti, quando leggiamo negli autori antichi come Aristofane
o Platone, che l’amore per gli altri uomini è turpe e indegno si fa riferimento
alle contravvenzioni della regola principale del buon costume (infatti è lo
stesso Platone a dire nel “Simposio” che non c’è amore migliore di quello per
un ragazzo) o a modificazioni nel rituale. Aristofane, il celebre commediografo
(di cui vi accenno qui per la prima volta ma di cui parleremo parecchio), nelle
“Nuvole”, mettendo a confronto il discorso giusto e quello sbagliato (sono
proprio due attori distinti sulla scena), avendo da ridire a quei giovanetti
che, nelle palestre, si sedevano per terra e poi, quando si alzavano, non
coprivano con la sabbia le impronte delle loro parti intime per farle vedere a
chi assisteva (le mutande non esistevano un tempo e ricordiamoci che,
teoricamente, il giovane doveva far finta di opporre resistenza all’uomo
maturo, non schiaffargli in bocca il pene come se fosse stata una caramella
gommosa) non vuole attaccare l'omosessualità in genere ma solo quella "contro natura" (mado, che frase complessa). Ma gli intellettuali rappresentavano una percentuale minima della
popolazione di Atene (come ora lo sono in Italia più o meno): infatti non
dobbiamo immaginarci i Greci come uomini alti e muscolosi dai folti capelli
ricci che passavano le giornate a filosofeggiare o combattere tutti nudi mentre
vivevano in bellissime case fatte di marmo bianco ma, al contrario, come rozzi
pastori sdentati e contadinozzi tutti sporchi e pelosi (senza deodorante o
dentifricio inoltre) che non sapevano né leggere né scrivere nelle loro capanne
di fango e paglia non dotate di fogne o acqua corrente. Quindi questi signori
se ne fottevano altamente di cosa potesse essere giusto o sbagliato, loro
infilavano il pene nel primo spazio vuoto che si presentava a loro, non stavano
a farsi problemi sul sesso della persona o sul loro ruolo.
Ma le donne?
Come la prendevano loro? Che potevano fare? Nulla! Erano relegate
in casa e prendevano le passioni dei loro mariti per quello che erano, non potevano
opporsi sottomesse com' erano. Questo dell’inferiorità femminile era un
concetto fisso e irremovibile anche per autori come Senofonte che, nel suo
“Simposio” (sì, ne ha scritto uno pure lui), diceva di preferire la figa al
cazzo (detto proprio con queste parole). Ovviamente l’amore omosessuale
femminile era considerato come la massima perversione da punire in qualunque
modo. L’amore provato da Saffo, maestra delle arti della casa nel Tiaso (una
specie di collegio femminile, per semplificare, in cui si imparava ad essere
delle brave mogliettine), non poteva che limitarsi a qualche sgrillettata e
illustrazione di dove dovesse andare il pene alle giovani fanciulle, nulla di
serio effettivamente: infatti a un certo punto arrivava il triste distacco e
chi s’è visto s’è visto!
L’uomo,
dunque, era costretto a cambiare ruolo nell’arco di poco tempo senza aver modo
di adattarsi con calma alla nuova condizione (anche se, ovviamente, il
passaggio poteva essere anche graduale: infatti in numerosi casi la donna la prima
notte di nozze perdeva prima la verginità anale di quella vaginale). E appunto,
ovviamente, molti rimanevano passivi anche in età adulta perché non riuscivano
a cambiare completamente o perché a loro, giustamente, piaceva così. Questo
fenomeno, come poi vedremo nel mondo romano, andò moltiplicandosi a dismisura
degenerando (ovviamente secondo la loro visione) finché non si perse del tutto
il valore iniziatico della pederastia trasformandosi in uno scopare per il puro
piacere (per carità, nobile anche questo come principio, ma non è proprio quello
che gli antichi si aspettavano sarebbe successo). Inoltre, nella società greca
dominata da precisi canoni estetici entro cui si doveva rimanere (si pensi alle
coppie di analogia: bello=buono, brutto=cattivo, donna=inferiore ecc.), il passivo
oltre a dover essere rigorosamente depilato, doveva essere pure dotato:
infatti, al contrario della visione dominante al tempo dei romani e di Rosario Muniz, avercelo piccolo era segno di perfezione mentre la grandezza
spropositata del pene rispetto al resto del corpo era simbolo di passività
evidente. E così si rischiava, salvo eccezioni, di rientrare in categorie
prefissate cui il mondo Greco antico era tanto affezionato senza la possibilità
di esprimere sé stessi in pieno.
Come avrete
capito le cose non erano così semplici come ve le ho descritte: qua ho dovuto
fare una sintesi tagliando diverse parti (il rapporto con il mondo politico, i
vari significati nascosti nel gesto sessuali, le visioni approfondite degli
autori) che troverete ampiamente descritte nel saggio della Cantarella che
presenta un linguaggio facilmente accessibile a tutti, anche a chi non ha fatto
il classico. Fate conto che, come vi accennavo, gli stessi studiosi di
antichità non sono pienamente concordi su certi aspetti e danno diverse
letture e io non sono nessuno per raccontarvi quale fosse la realtà dei
fatti. Anzi, sicuramente nella mia trattazione potrei aver inserito delle
imprecisioni che farebbero inorridire qualunque studioso, mi scuso in anticipo!
Però diciamo che il quadro generale è questo, non sono stato ad approfondirvelo
apposta per non rientrare in ambiti poco noti ai più (e a me stesso). Ne approfitto
per scusarmi anche del linguaggio verso chi si possa essere offeso leggendo l’articolo.
Un modo di esprimersi volgare non presuppone per forza una denigrazione dell’argomento
trattato, anzi, è a mio parere un modo di esprimersi più quotidiano che mette
sullo stesso piano lettore e autore: non voglio che ci sia distacco tra di noi,
sono un essere in carne e ossa come voi. Ed è proprio per questo che vi invito
caldamente a COMMENTARE (ricordo che possono farlo TUTTI anche chi non ha un
account Google Plus) per instaurare un
piccolo dibattito, una discussione anche sull’argomento! Inoltre vi volevo
ringraziare veramente tantissimo per il feedback molto positivo ricevuto per lo
scorso articolo (ha fatto il pieno di visualizzazioni ed è piaciuto in generale
sentendo i pareri) e spero di appassionarvi ancora! Volevo dedicare questo
articolo a Edo che ha letto il libro della Cantarella (da me regalatogli) fino
a qui e che spero abbia apprezzato il riassunto!
La prossima
settimana invece concludiamo l’argomento omosessualità nell’antichità con un
articolo sulla sessualità al tempo dei Romani!
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