E rieccoci con un nuovo articolo settim-anale (no, non piangete, è tutto finito, sul serio)! L’ultima volta abbiamo affrontato l'omosessualità al tempo dei Greci mentre oggi, come previsto, ci concentreremo sull’esperienza romana ("Homosexuality: A Roman Experience": se solo fossi inglese vedi che titoli fighi!). Tutte le varie precisazioni circa l'oggettività storica dell'articolo, sul fenomeno in sé e sul linguaggio le trovate sparse nel capitolo scorso e, quindi, se non ve le ricordate, tornate a leggervele qui insieme a tutto il resto (anche perché se no non capite una cippa di quello di cui vi parlo). Anche questa volta il testo di riferimento è “Secondo Natura” (BUR, 10.90€) di Eva Cantarella che vi invito a leggere caldamente per avere un quadro più approfondito e preciso dell'argomento che io, per motivi di tempo, spazio e conoscenze sono costretto a riproporvi in maniera semplificata (ma non per questo banale o superficiale). Ma ora iniziamo ad approfondire questo aspetto molto interessante del mondo romano (non pensate che mi sia dimenticato di ringraziarvi, ne parliamo alla fine)!
Innanzitutto bisogno fare una distinzione temporale fondamentale: l’arco di storia che stiamo andando a prendere in considerazione è veramente vastissimo (circa 700 anni. Preoccupati? Pure io prima di iniziare a studiare "Lineamenti di Diritto Romano" all'università. E anche dopo.). Non possiamo quindi pretendere che le cose siano sempre state le stesse, immutate per tutti questi secoli, senza mai cambiare. Occorre dunque una distinzione anche solo formale tra la Roma pre-repubblicana e repubblicana da una parte (fino a circa il 50 a.C) e una imperiale che arriva, seppur mutata nei suoi caratteri, fino al periodo bizantino con Giustiniano (500 d.C. circa): ovviamente prendete i riferimenti temporali con le pinze, i cambiamenti della società non avvengono certo in un giorno (anche se dopo la notte di Capodanno in genere ci si sveglia un po' confusi).
L’omosessualità a Roma non nasce come un culto iniziatico rivolto a degli adolescenti come in Grecia ma, al contrario, come una dimostrazione di virilità e esuberanza sessuale. L’uomo romano è un vero dominatore in tutti gli aspetti della sua vita, da quello bellico a quello sessuale (fuori dal letto nessuna pietà insomma). Così il romano guerriero è dominato (anche se avrebbero preferito dire che erano loro stessi a loro volte a dominare un'ideologia) dall'idea dello stupro fiero: è il forte e sano cittadino della superba Roma con il suo possente, vigoroso e virile cazzo a dispensare gioia e felicità a chi si imbatte sul suo percorso (una sorta di dispenser di cose belle: come un contenitore del sapone liquido che tu schiacci e… no, ok, non continuo che suona malissimo). Quindi, come avrebbe mai potuto sodomizzare un ragazzino libero che poi sarebbe dovuto diventare un guerriero dominatore? Molto meglio sfogarsi su uno schiavo sottomesso (meglio se prigioniero di guerra: questa infatti l’origine della schiavitù secondo il giurista romano Modestino) che capisse chi fosse il padrone o anche con un prostituto, professione questa accettata al contrario del mondo Greco. Però la persona che ricopriva un ruolo passivo doveva essere felice di poter ricevere tale trattamento: non è un caso che una statuetta di pietra (ora conservata nel museo archeologico di Napoli) abbia incisa, sotto l’enorme fallo, la frase “ hic habitat felicitas” (qui sta la felicità). L’importante era sì godere, ma facendo in modo d rendere partecipi anche gli altri che non dovevano mai umiliarsi così tanto. Per questo una pratica come l’irrumatio (il nostro pompino) era molto mal vista e poco sopportata: tanta sottomissione non poteva essere nemmeno lontanamente contemplata, nemmeno da degli schiavi (ma dagli adulteri beccati col salame nel sacco sì)! Infatti tutti a Roma erano fieri della loro nazionalità e si viveva tutti i giorni come in un regime bellico e rigido: gli stessi bambini vengono raffigurati vestiti come dei piccoli uomini e le donne dovevano trasmettere loro il concetto di fierezza romana e di rigore militare. Ma questa visione così rigida sarebbe mutata nell’arco di pochi secoli (che comunque non è poco tempo). Infatti con le continue conquiste belliche i romani cominciarono piano piano a entrare in contatto con altre culture diverse e Roma divenne un crocevia di mercanti e persone di ogni nazione e paese, ciascuno con le proprie radici culturali e usanze. E fu così che, tra una carretto di rape scambiato per una pecora e un ciabattino, avvenne qualcosa di speciale che avrebbe cambiato la storia della società occidentale: Roma incontrò la Grecia e se ne innamorò perdutamente.
Ormai sappiamo bene come la pensassero i Greci sull'omosessualità: i giovani erano preferiti agli uomini maturi (che comunque, se opportunamente conciati, non erano proprio da buttar via) purchè liberi, cosa questa completamente sconosciuta ai Romani così abituati ai loro schiavetti e che mai avrebbero sottomesso un loro simile. Era, per il fiero mondo Romano, qualcosa di assolutamente rivoluzionario e che divise l'opinione pubblica sul rapporto con la Grecia: c'era da una parte chi odiava e rigettava tutto ciò che fosse contro il buon costume degli antichi e che provenisse dall'oriente (questo è il caso di quel Catone che, per la sua scarsa apertura mentale e per la sua professione, venne definito il "censore": in ogni caso un simpaticone proprio) mentre, dall'altra, c'era qualcuno, come il circolo degli Scipioni (una specie di club culturale, come può essere oggi il Lions o il Rotary, ma gestito da un'unica grande famiglia, gli Scipioni appunto) entusiasta delle nuove abitudini e che, anzi, cercava di assumere qualunque usanza (a volte con risultati grotteschi come ci racconta Orazio) provenisse dall'estero. Fatto sta però che, col passare del tempo, i costumi andarono effettivamente modificandosi sempre di più fino a coincidere con quelli dei Greci: l'amore per i fanciulli liberi, come si vede bene nel "Satyricon" di Petronio (uno dei più grandi romanzi del periodo imperiale) e nelle "Vite degli Imperatori" di Svetonio, divenne comunemente accettato e praticato anche se, a dire il vero, non fu lecito. Esistevano infatti due provvedimenti atti a regolare il costume sessuale dei romani. Innanzitutto si ha notizia certa di un editto del pretore (che è come se il giudice facesse una legge) chiamato "Edictum De Adtemptata Pudicitia" che multava chi seguisse per le vie della città, rivolgesse la parola, distraesse gli accompagnatori o abbordasse giovani donne senza marito o ragazzini liberi. Inoltre pare che esistesse una legge (di cui sappiamo comunque pochissimo), chimata "lex Scatinia (o Scantinia, manco il nome sappiamo bene, mannaggia!)" che proibiva l'unione sessuale tra uomini liberi, qualunque fosse la loro età. Però, è fondamentale notare, ad essere punito era il solo passivo: ricordiamoci infatti che nella Roma dominatrice non era tollerato chi, da libero cittadino, avesse scelto di sottomettersi ad altri volontariamente. Però è anche vero che, nella pratica, questa legge non veniva mai rispettata e tutti continuavano a fare quel cazzo che volevano (letteralmente). Inoltre gli omosessuali passivi trovavano giustificazione del loro essere sottomessi guardando all'esempio dei grandi imperatori: pare infatti che anche Cesare (101 a.C-44 a.C.), il famoso conquistatore, da giovane, ambasciatore in Bitinia, abbia dato via il culo al re Nicomede IV (vizietto questo che gli era poi rimasto: infatti veniva chiamato "marito di tutte le donne, moglie di tutti gli uomini" perchè, oltre ad avere gusti sessuali alquanto dubbi, pare fosse anche abbastanza libertino. Eh, Cesare buongustaio...) ma, non per questo, era stato un pessimo soldato e stratega, anzi, era riuscito in un'impresa a dir poco epica (ma tornerò sull'argomento un'altra volta)! Quindi, tanto per riassumere un attimo quale fosse, a grandi linee, l'etica sessuale del tempo potremmo dire che l'uomo romano, così desideroso di dimostrarsi conquistatore e dalla sessualità così esuberante, non guardava ai rapporti con un ottica "sessistica" come la nostra (non ragionando in base al sesso della persona e, dunque, se preferiva un uomo o una donna) ma al contrario con una "ruolistica" (e dunque sull'asse attività-passività): insomma, più che vedere chi si stessero scopando erano concentati sulle loro inclinazioni personali del momento.
Anche a Roma però, come in Grecia, non si può dire che le donne avessero troppe libertà anche se iniziavano ad avere un ruolo maggiore: infatti, anche se non potevano intervenire fisicamente nella vita politica e militare della città, erano però fondamentali nella formazione del fanciullo. Dovevano infatti educare il ragazzo ad essere un fiero ed orgoglioso conquistatore, sempre pronto a dominare chi fosse inferiore a loro, donne comprese: questo lo scotto da pagare per quel poco di autonomia in più riconosciuto alle donne dopo secoli di prigionia forzata nelle case come in Grecia. Dunque, come ben potete immaginare, l'amore lesbico non era nè consentito nè tollerato anche se, tra le classi nobiliari elevate, non è da escludersi qualche sporadico caso di innamoramento. Quelle poche che osavano ribellarsi a questa visione maschilista e si dimostravano gelose dei giovani amanti dei mariti erano per lo più ignorate o anche peggio.
La società di Roma, più passava il tempo, più si andava corrompendo agli occhi di alcuni autori come Giovenale (anche se lui c'è da dire che esagerava molto nel descrivere ciò che lo circondava) che vedeva nella passività sessuale una grande piaga sociale. Fu così che, piano piano, complici alcune filosofie che imponevano un rigoroso modo di vivere come lo stoicismo, sempre più presenti tra i nobili, e il cristianesimo delle origini che cominciava ad avere un certo successo, la morale sessuale cambiò e divenne molto più rigida nei confronti dei rapporti omosessuali e non solo. E così, nell'arco di diversi secoli, le leggi divennero sempre più dure e severe per i soli omosessuali passivi fino ad arrivare alla pena di morte con imperatori come Teodosio (347 d.C.-395 d.C.). Ma l'ultimo colpo di grazia all'omosessualità maschile fu dato da Giustiniano (482 d.C.-565 d.C.) che, nella sua grande raccolta di leggi, condannò alla pena di morte chiunque avesse osato accoppiarsi "contro natura" con qualcuno del suo stesso sesso.
Ed è con questo finale così allegro che si chiude questa piccola storia dell'omosessualità nel mondo Greco e Romano. Mi piacerebbe veramente tanto continuare questa storia dell'omosessualità nel tempo ma... al momento non conosco testi che ne parlino! Quindi se invece voi ne avete da consigliarmene qualcuno non esitate a scrivere un commento o a contattarmi in privato! Tutto questo anche perchè, come vedo, ha riscosso un grandissimo successo (ovviamente proporzionato alle dimensioni attuali del blog) ed è di questo che ci tenevo a parlarvi. Infatti se sono giunto fino a qui è grazie a voi (sì, sto riattaccando con la solita cantilena dei grazie, sappiatelo) e fra poco sto per raggiungere un grande traguardo: le 2000 visualizzazioni che, ora che ho imparato a non farmele più da solo (genius), cominciano ad essere veramente tante. Ed è per questo che, una volta di più, vi esorto a commentare. Ma non è che per forza dai commenti deve scaturire una conversazione dotta o altro, bastano anche incoraggiamenti o insulti, pure anonimi purchè costituiscano un feedback al mio lavoro. Oltre a commentare vi invito pure a condividere gli articoli perchè è solo così che può arrivare più gente e dunque più commenti e partecipazioni per rendere questo spazio sempre più popolare. Però la popolarità non è fine a sè stessa, di per sè non me ne faccio nulla, è come un mucchio di coriandoli gettati dal bambino a carnevale: sono molto belli e carini finchè in aria ma arrivati a terra non se li caga più nessuno e fanno schifo. Rendere questo posto popolare vuol dire, per me, interessare e divertire tanta più gente possibile, in modo da migliorare la giornata magari a voi ma, sicuramente, anche a me ("Saremmo tutti uomini meno tristi se fossimo più felici" cit. Fabio Bolo). Anche perchè vorrei sottolineare il fatto che non ricevo soldi da nessuno e che quello che sto facendo è un "servizio alla comunità" pubblico e gratuito quindi non è che ho degli interessi dietro a far venire più gente.
Detto questo però un paio di informazioni di servizio. Non ho idea di quanto possa essere lungo questo articolo, sul serio. Questo perchè mi si è fottuto il pc l'altro giorno (giovedì) e ho dovuto reinstallare Windows: risultato? Non sto scrivendo con Microsoft Word ma con WordPad che, devo dire, oltre a non segnarmi nè le pagine nè gli errori fa anche abbastanza schifo. Quindi appunto non ho idea di come possa venir fuori, spero di non essere stato troppo noioso e di non averci buttato dentro troppi errori! Oltretutto questa settimana è stata un po' incasinata e, quindi, scusate se quest'articolo in alcune parti vi sembrerà un po' grezzo ma non ho avuto tantissimo tempo per lavorarci, spero lo apprezziate lo stesso. Inoltre tra poco aspettatevi un piccolo vlog perchè ho delle cose da dirvi. E quindi, per chiudere, questo articolo lo volevo dedicare ancora al mio amico Edo che non ha mai letto questa parte del libro che gli ho regalato ma che spero, leggendo l'articolo, decida di riprendere in mano!
E la prossima volta? Le opzioni sono due: se mi torna Word (e con lui la possibilità di controllare quanto è lungo l'articolo) affronterò una delle mie autrici preferite di sempre, Mary Shelley, anche se devo vedere fin dove e come gestire la cosa. Altrimenti avevo in mente di dedicarmi al romanzo gotico in generale parlandovi del "Monaco" di Lewis anche se non sono poi così certo di voler proprio trattare di questo lavoro. E quindi? Non so, sarà una sorta di sorpresa! Ovviamente se avete preferenze non avete che da scriverle qua sotto!
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