giovedì 10 marzo 2016

Apollinaie l'Eresiarca & Co.

Giullaume Apollinaire (1880-1918) è stato, indubbiamente, una delle menti più geniali del suo tempo. Se può non piacere lo stile o i temi, spesso di carattere erotico, il gigantesco bagaglio culturale che aveva alle spalle e che ha riversato nelle sue opere è sicuramente ineccepibile. Non fa eccezione la prima raccolta di racconti "L'Eresiarca & Co." (1910) che, edito da Garzanti, ho recentemente avuto modo di leggere.

La premessa che va fatta a questi racconti è che senza un apparato seppur minimo di note non potrete cogliere ogni sfumatura del testo (problema, questo, che la Garzanti non pone in alcun modo!). Come detto, appunto, Apollinaire è un acculturato, studioso di antichi testi semi sconosciuti, ama dar sfoggio della sua erudizione vantandosi inizialmente con amici, poi confrontandosi con il pubblico. Questa raccolta di racconti, infatti, è la prima che abbia mai pubblicato ed era, precedentemente, riservata a una dimensione intima, di amicizia e confidenza. Curiosa, quindi, la scelta di Apollinaire di porsi in maniera originale, forse leggermente arrogante, con un mondo intellettuale in continua evoluzione: Picasso, Tzara e Ezra Pound solo alcune delle personalità che, ad inizi 1900, resero celebre e animata la Parigi di Montmartre, della nuova cultura rivoluzionaria e astratta, degli eccessi ai nostri occhi quasi dimenticati.

Ed è in questo quadro che, appunto, si inseriscono i racconti con un giusto mix di modernità e gusto antiquario. Nelle pagine che Apollinaire dedica agli amici spuntano leggende europee come quella dell'ebreo errante, di pittoreschi serial killer o tragiche storie d'amore immerse nell'atmosfera dell'epoca, ben visibile da alcuni dettagli quotidiani che traspaiono tra le righe. Il testo, a tratti, diventa un elenco di nomi, fonti e citazioni che infiamma le pagine che scorrono veloci dietro ai fatti che si susseguono incalzanti, come tipico di racconti brevi, brevissimi, quasi fiammiferi.

De Chirico, "Ritratto di Apollinaire"
Volendo analizzare anche solo minimamente i contenuti ci si accorgerà immediatamente della centralità del ruolo della religione. Questa, però, non è trattata in modo banale: con mio grande stupore non viene derisa ma nemmeno esaltata. Con molta lucidità ne tratteggia gli aspetti incredibilmente umani, comuni, accostandoli alla solita erudizione di cui ama farsi vanto. Esiste qualche racconto piccante in cui la chiesa è coinvolta ma senza mai sfociare nella grottesca oscenità. Non vi sarà quindi, per fare un esempio, un prete che avrà un rapporto sessuale con una donna ma, diversamente, questa rimarrà "folgorata" dalle immane proporzioni del prelato senza che questi sfiori la diretta interessata con un dito. Oppure, per cambiare religione, si parla di ebrei che frequentano bordelli, al fianco dei cristiani, ma senza invocare alcun riferimento alla fede (da poco era terminato "l' Affaire Dreyfus"). Da non credente è un approccio che ho molto apprezzato proprio perché non attacca in modo sciocco e becero, come accadeva fin troppo spesso durante l'illuminismo, un'intera classe per il solo fatto di esistere ma, al contrario, umanizzando il discorso riporta le istituzioni al piano della quotidianità se non della banalità: un'arma decisamente più efficace contro chi detiene un certo tipo di potere!


Tiriamo le conclusioni: abbiamo tra le mani un'ottima edizione economica firmata Garzanti a basso prezzo con ottima traduzione e abbondanti note. A questo aggiungiamo una serie di racconti agili e veloci, molto piacevoli da leggere, che possono intrattenere per un pomeriggio come per diversi giorni. Racconti vari, che dipingono una Parigi scossa nelle viscere da un clima culturale vivo e in fermento e che avrebbe influenzato la storia del pensiero in modo radicale. Che dite, secondo voi vale la pena leggerlo?

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