martedì 22 aprile 2014

Primo Raduno Ufficiale del Letterarte (Vlog #3)

                                                 MA BENVENUTI
                                        A
                         TUTTI QUANTI!!

Ma perchè tutto questo entusiasmo nell'accogliervi in questo VLOG? Per i più arguti di voi che avranno letto questo titolo il motivo sarà chiaro, mentre riveliamo l'arcano anche a chi di voi è un vero falco (nel senso che ha lo stesso numero di neuroni)! Ebbene sì, è ufficialmente ufficioso, ho preso i biglietti per... IL SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO (più comunemente detta Fiera del Libro di Torino)! Ora vi lascio qui il link dell'evento che potete consultare per saperne di più ma veniamo al dunque della questione! Ovviamente non vado in veste ufficiale se non quella di normale avventore/turista come voi quindi non mi troverete dietro a banchi a parlare con professoroni ma, piuttosto, tra gli scaffali degli stand vestito come un barbone che, sudato come un'anguilla che vede un bel verme in acqua, sfoglio libri innominabili con gli occhi stralunati da fattone. E quindi, anche se il blog è aperto da poco, pochissimo, e non ha ancora un grandissimo seguito (anche se a me già sembrate molti) pensavo di approfittarne per fare un piccolo raduno. Che veniate, che non veniate, a me non cambia (anche se ovviamente mi farebbe molto piacere trovare qualcuno di voi là), io sono lì per gli affari miei ma tanto che ci siamo... perchè no? Quindi, io pensavo di farmi trovare DAVANTI ALL'INGRESSO DELLO STAND FELTRINELLI ALLE ORE 14:00  SABATO 10 MAGGIO DOVE STO AD ASPETTARVI PER UN 30 MINUTI, ANCHE UNO SOLO DI VOI! Da lì, se avete qualche domanda, dubbio o curiosità avrete modo di pormi tutto e qualunque cosa in un'atmosfera assolutamente informale dopodichè pensavo di sentir voi se volevate far qualcosa. Altrimenti la mia idea, che non deve essere per forza messa in pratica, era di fare una camminata per i vari stand alla ricerca di case editrici e testi nascosti validi e che pochi conoscono, una sorta di giro turistico insieme alla volta di consigli, opinioni e chiaccherate tranquille! Se siete sicuri di esserci lasciate un commento, mandatemi un messaggio privato, qualunque cosa se no... ci si vede là direttamente!
Poi, prima di ricapitolare un'ultima volta, vi ricordo che questo sabato non ci sono e il prossimo non penso di fare in tempo a pubblicare nulla: infatti dovete sapere che parto venerdì questo per Belgrado e Sarajevo e torno il 2 maggio, quindi non ho il tempo materiale per prepararvi nulla. Ma non temete, prima del sabato successivo avrò pubblicato sicuramente qualcosa in settimana sul piccolo viaggio che faccio in questi giorni, qualcosa di mio e di particolare.... E anche per il prossimo articolo prettamente letterario ho in mente qualcosa di speciale q cui già sto lavorando... vedrete!

Quindi, facciamo un riassunto! PER CHI CI FOSSE, CI VEDIAMO SABATO 10 MAGGIO AL SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO DI FRONTE ALLO STAND DELLA FELTRINELLI ALLE ORE 14:00 (VI ASPETTO FINO ALLE 14:30) PER UN INCONTRO LIVE TRA BLOGGER E LETTORI. Come fare per riconoscermi? SONO QUELLO RICCIO CON GLI OCCHIALI; NON POTETE SBAGLIARE! 

E quindi ora vi lascio ma in modo particolare.... prendete questa come una preview di qualcosa che arriverà tra non troppo tempo.... 


sabato 12 aprile 2014

American Psycho: i soldi e la follia di Patrick Bateman tra sesso, droga, rock n'roll e squartamenti

Salve e benvenuti tutti quanti a questo diversamente atteso (qualunque cosa possa significare) articolo che spero riesca a prendervi almeno un po' (la convinzione nelle vene tipo)! Ora, prima di iniziare (come se ancora non avessi iniziato a scrivere), invece di ringraziarvi volevo scusarmi. Ebbene sì, vi devo chiedere scusa per l'articolo di settimana scorsa, un brano che, forse, non avrei mai dovuto pubblicare (un po' di vena drammatica ci sta sempre bene): infatti non avevo più di tanta voglia di scriverlo e questo si è visto. O meglio, precisiamo, ho iniziato a parlarne assolutamente entusiasta di proporvi qualcosa di veramente unico solo che, giunto circa a metà, dato il mio parlarne in giro e sul lavoro che sto facendo un po' troppo, mi sono proprio stufato. Avete presente quando vi piace tantissimo una canzone o una band e continuate, tutto il tempo, a canticchiare le loro canzoni ascoltate praticamente in loop e poi, di punto in bianco, basta, stop, vi fanno cagare? Ecco, dopo la cinquantesima volta che sfogliavo quel cazzo di libretto di Poggio Bracciolini mi è venuta la noia solo a vederlo ma ormai l'articolo era ben avviato e non avevo il tempo di iniziarne uno nuovo: e che fare allora? Continuare a scriverlo controvoglia, la cosa peggiore che si possa fare. Io adoro scrivere per il blog, sia chiaro, mi appassiona tantissimo come progetto e, dunque, non mi devo sforzare eccessivamente (non di proporvi un prodotto valid ovviamente ma di scrivere ciò che non mi va), cosa che invece ho fatto la volta scorsa. Da un certo punto di vista è un bene che voi vi siate accorti di questo calo, perchè vuol dire che riesco a trasmettervi le mie emozioni attraverso la muta e fredda pagina dello schermo, ma diciamo che fatto questo esperimento basta, cerchiamo di non ricrearlo più, che ne dite?

E quindi, appunto, per staccarmi un po' da tomi improponibili di autori assurdi (certo che pure io però, fare un articolo su POGGIO BRACCIOLINI, ma che gran cazzo di idea Riccardo, così sì che richiamerai un folto pubblico, a chi non piace POGGIO BRACCIOLINI, eh? Mado le brutte idee...) e che nessuno si caga ho deciso di dare un tocco di modernità al blog (un po' come la fetta di limone nel bicchiere di Pepsi) proponendovi un'opera contemporanea e che mi ha conquistato tantissimo: "American Psycho"(1991) di Bret Easton Ellis (1964-ancora qui a spaccare i culi) e da cui è tratto un film (dal libro, non dallo scrittore) del 2000 (Il Trailer).

ATTENZIONE
non solo l'articolo presenta spoiler ma evoca immagini gore e splatter di estrema violenza che potrebbero offendere persone che, al contrario di me, hanno dei freni inibitori per quanto riguarda lo humour nero che funzionano decisamente meglio dei miei e dei valori morali più solidi di quelli a cui sono abituato. Io ve l'ho detto!

Innanzitutto parliamo un po' della trama partendo dal famosissimo e famigerato protagonista: Patrick Bateman, un miliardario figlio di papà che vive da giovane e spensierato yuppie (ricconi viziati che vivono per vestirsi bene e drogarsi) nella selvaggia New York degli anni '80. Non ha troppi interessi: vestirsi sempre all'ultima moda, avere un biglietto da visita di prima classe fatto di carta pregiatissima, riuscire a prenotare un tavolo nei ristoranti più lussuosi e chic della Grande Mela, tirar su di coca come un'aspirapolvere, ricordarsi di prendere la giusta dose di antidepressivi e, ovviamente, dopo una "dura" giornata di lavoro passata a completare cruciverba nel suo super ufficio all'ultimo piano di un grattacielo dalle vetrate scintillanti, fare a pezzi qualche prostituta nel suo lussuosissimo appartamento. Lui, come tutta la società da cui è circondato, è vuoto, assolutamente privo di una morale, di scrupoli di alcun tipo o di motivazioni per andare avanti in questa monotonia opprimente. Tutte le giornate trascorrono uguali l'una all'altra nell'apatia più completa, sempre con lo stesso itinerario: casa, ufficio, brunch in qualche locale all'ultima moda, ufficio, palestra, cena in un locale costosissimo o ricevimento, discoteca a drogarsi, quartiere povero a cercar prostitute, sesso a casa seguito da squartamento splatter. Tutto si trascina, triste e lento, giorno dopo giorno in una monotonia fatta di pura apparenza esteriore che, spesso e volentieri, supera il ridicolo (ma su questo poi ci torniamo abbondantemente). E così, per non impazzire, il nostro protagonista è costretto a uccidere nei modi più sanguinosi possibili chi, povero com'è, non può permettersi una vita come la sua. Però, si può intuire tra le righe, Patrick sotto sotto è invidioso di queste prostitute e barboni che massacra tutte le sere: infatti loro non hanno una vita monotona, sono liberi di muoversi in un mondo che non chiede loro di comportarsi in un certo modo vivendo alla giornata e combattendo per la sopravvivenza che, al nostro protagonista, è ormai concessa senza alcun sacrificio. Egli ci appare infatti come un dio, ricco e bellissimo che, però, sotto questo scheletro esterno dorato, non ha assolutamente nulla, nemmeno del marciume fetido che cerca di nascondere alla vista degli altri. Egli è talmente egocentrico che, durante uno dei suoi violenti scatti d'ira (che di frequente avvengono in mezzo alla strada perchè non riesce ad ottenere ciò che vuole) in cui arriva addirittura a vomitare e urlare in faccia alla gente, non si accorge delle emozioni degli altri: infatti a lui pare che la folla, la massa, sia completamente indifferente alle sue azioni, proprio quella massa su cui le sue ricchezze poggiano come una zampa di elefante su un formicaio. Patrick Bateman è il simbolo di una generazione perduta, di una classe sociale che non ha nulla di particolare, è anonima, anche se da fuori può sembrare come una gigantesca statua d'oro di un titano per le sue dimensioni e importanza. Sarebbe fin troppo semplice citare qui il proverbio "sta meglio chi sta peggio" che, comunque, non è propriamente corretta come espressione in questo contesto.

Patrick Bateman, infatti, nonostante gli antidepressivi che prende quasi più per moda che per un bisogno effettivo, non ha rimpianti di alcun tipo: qualunque valutazione che si può fare su di lui, qualsivoglia speculazione nei suoi confronti, rimane tale. Solo in un punto (di cui non ho però il tempo di parlare più approfonditamente qui, direi che l'articolo è già abbastanza lungo di suo) possiamo intravedere una sorta di ravvedimento che però, prima ancora della fine del capitolo, si blocca completamente annullandosi. Egli è convinto, in tutto e per tutto, di quello che fa, non baratterebbe mai la propria vita con quella di un barbone (a meno che non andasse di moda come in un racconto di Palahniuk tratto da "Cavie"). Adora vestirsi perfettamente, adora lottare per prenotare un posto al Dorsia, il ristorante più in della città, adora interessarsi al misterioso portafoglio Fischer gestito da Paul Owen (alla vicenda di questo personaggio non posso che accennare qui) e guardarsi decine di volte di seguito il suo film preferito: "Delitto a Luci Rosse". Niente lo smuoverebbe da questo suo stile di vita, nemmeno se si trovasse in pericolo di vita o sulla soglia della follia più totale (che in ogni caso ha già superato abbondantemente).

Come abbiamo detto questo mondo è assolutamente esteriore, senza valori o metri di giudizio normali. Per esempio, una sera che vari amici si incontrano al Dorsia Patrick ha una crisi di panico perchè il suo biglietto da visita non è più figo di quello degli altri per la qualità dei caratteri e la tonalità di bianco, leggermente più sporco rispetto agli altri (anche se la location non è la stessa nel film questa scena si vede molto bene anche se, come dirò poi, attenuata come tutte le altre della versione cinematografica). Queste esagerazioni sono, ovviamente, volute e in cui il ruolo dello humour sarcastico e provocatorio gioca un ruolo di primo piano. Infatti è proprio l'umorismo, spesso macabro e involontario, quasi grottesco, che accompagna le avventure del protagonista. Ad esempio, ogni volta che Patrick incontra una qualunque persona la prima cosa di cui ci informa non è nè il nome nè la circostanza ma gli abiti che indossa con una descrizione precisissima e molto minuziosa delle marche scelte e degli abbinamenti di colore. Questo schema, che non cessa di riproporsi per tutto il romanzo, è particolarmente ridicolo e enfatizzato poi per QUALUNQUE oggetto fino a diventare palesemente paradossale. Inoltre tutti, in quell'ambiente, sono come lui, nè più nè meno, e, anzi, si vestono pure tutti allo stesso modo. Così si genera un divertentissimo scambio di persona che più volte si ripete nel romanzo: si salutano sbagliando nome e si scambiano a vicenda anche se si conoscono da tempo (addirittura a volte Patrick chiama gli altri col suo nome).Questa, che può sembrare ed è, a tutti gli effetti, una delle gag migliori di tutta l'opera è però allo stesso tempo tragica: le persone, seguendo tutte la stessa moda, anche se sono dei miliardari, si vanno a confondere formando una specie di massa informe di corpi atletici abbronzati che vestono Valentino. E così appunto anche gli esseri che per le loro ricchezze dovrebbero essere considerati i "migliori" sono, in realtà, del tutto simili alla grande massa della popolazione con un reddito medio e che loro tanto disprezzano. Forse, anzi, sono proprio i barboni, lo strato più umile della popolazione, ad essere più indipendenti e variegati dato che il nostro protagonista è in grado di riconoscerli uno a uno senza mai sbagliare.

Un altro aspetto importante è appunto quello della violenza, di cui abbiamo già parlato. Anche questa, devo dire, può essere molto molto divertente fino a diventare addirittura paradossale per l'eccesso di gore e sangue. Ed è proprio su questo aspetto di paradossalità che voglio impuntarmi un po'. Che la violenza da lui perpetrata così a lungo e in modi a volte così manifesti davanti a tutti non porti a nessuna conseguenza è strano. Certo, è vero, a un certo punto qualcuno si mette sulle sue tracce, ma possibile che non si arrivi a capire che l'assassino è lui? Questo punto è molto delicato perchè, allora, forse, Patrick non ha mai commesso nessun omicidio ma, anzi, si è sempre inventato tutto. Nel film quest'aspetto è pienamente confermato: Patrick, oppresso dalla giungla newyorkese che lo circonda divorando tutta la sua umanità, è ormai completamente impazzito e non riesce più a distinguere la realtà delle cose. Questo, che appunto nel film appare così evidente, in realtà nel romanzo non lo è per niente. tutto rimane sul piano dell'ineffabilità, del detto e non-detto lasciato intendere e aperto a speculazioni varie. Probabilmente una vera e propria risposta non esiste ma, secondo me, non è che si sia inventato tutto. Come abbiamo detto Patrick, oppresso dagli psicofarmaci e dalla droga in un mondo che non lo distingue dagli altri, non è completamente lucido mai nell'opera e sembra di vivere con lui dentro ad un'allucinazione continua. Quindi, secondo me, se non tutti sicuramente in molti casi lui non si è inventato nulla perchè, altrimenti, nemmeno si potrebbero a volte comprendere certe reazioni di chi lo circonda. Ma ripeto, tutto questo è solo lasciato ad intendere nell'opera, non viene mai detto.

Patrick cerca disperatamente un'identità, un qualcosa che lo faccia apparire diverso dagli altri e questo qualcosa si rivela essere la musica. Infatti si è specializzato in alcune band di cui parlerà parecchio in diversi capitoli dell'opera ma mai ad anima viva (addirittura nel film si vede bene come questi discorsi vengano fatti alle sue vittime prima di morire). Questo perchè, sempre a mio parere, il protagonista è spaventato dall'opinione che gli altri possono avere di lui e teme che, dimostrandosi ferrato in argomenti non padroneggiati dagli altri, possa spiccare ed essere visto molto negativamente e, per questo, essere escluso e relegato ad una classe sociale più bassa.

Ma cerchiamo di arrivare alla fine di questo lungo articolo! Dal libro è stato tratto un film che sinceramente non mi ha fatto nè caldo nè freddo: non immaginatevelo fedele al libro anche se alcune scene che vi ho proposto lungo l'articolo sono state realizzate abbastanza accuratamente anche se non potete pretendere scene di sesso o splatter troppo esplicite. Invece parliamo del romanzo in sè che troverete a soli 12€ per l'Einaudi. Il libro è lungo e ripetitivo, davvero tanto, ma, come un po' tutto in questo lavoro (ed ecco perchè lo adoro) NULLA è lasciato al caso, nemmeno la struttura. I capitoli si susseguono a volte noiosi e ripetitivi come se la storia non andasse avanti e alla lunga la cosa annoia dando come un senso di soffocamento. Questo, che può sembrare dato dalla poca bravura di Ellis, è in realtà il suo più grande pregio che si apprezza solo alla fine: la struttura stessa, così ripetitiva confusionaria e asfissiante, è uguale alla vita del protagonista così da farci calare completamente nel ruolo del narratore che qua è costantemente in prima persona. Ogni volta che apriamo le pagine del libro diventiamo, ci incarniamo, in Patrick e viviamo con lui un'avventura che non ha mai fine tra i grattacieli di New York. Anche lo stile e la punteggiatura, mai regolare, segue i pensieri e gli avvenimenti del protagonista con variazioni di stile da "cinebrivido" come direbbe un personaggio di cui non tarderò troppo a parlare...

Il modo migliore per leggere il libro ed addentrarsi nell'atmosfera è quello di comprendere e ricreare come potesse vivere Patrick in quegli anni ascoltando la musica: questa può farci precipitare in un mondo a parte e farci vedere tutto con gli occhi del protagonista (del valore della musica e di alcune band avrò modo poi di parlarne approfonditamente). La band che senza dubbio rispecchia meglio l'ambiente della New York anni '70-'80 è quella dei "Talking Heads" con canzoni come "Psycho Killer" (guarda caso proprio), "Lady Don't Mind" e "Road To Nowhere" che sembrano quasi scritte appositamente per il romanzo e che quindi consiglio di ascoltare durante la lettura dell'opera.


Bene, direi che qui ci possiamo anche fermare! Accidenti, ho scritto molto più del previsto ma, d'altra parte, che ci posso fare, dovevo pur farmi perdonare (evitando di sparire dalla circolazione) no? Inoltre vorrei ricordare a tutti che per i prossimi due/tre sabati non usciranno articoli! Infatti il prossimo è quello di Pasqua e quindi ciccia, dopodichè parto per una settimana lunga con i miei in viaggio a Belgrado e Sarajevo (per cui però ho pronta una sorpresa per voi). Intanto mi devo dedicare completamente alla relazione che, come già accennato nel mio scorso vlog, poi renderò pubblica tutta per voi! Inoltre è praticamente ormai ufficiale che il 10 sarò al Salone Internazionale del Libro di Torino dove pensavo, vista l'occasione, di fare un piccolo raduno con voi (anche qua trovate qualche info nel vlog appena linkato)! In ogni caso farò in modo di fornirvi tutti i dettagli appena possibile, ma voi se ci sarete lasciate magari un commentino così vedo il feedback! Per il momento, dopo aver dedicato quest'articolo a tutti voi (non l'ho mai fatto, ma prima o poi avrei dovuto), buona Pasqua e buon aprile a tutti quanti! 

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sabato 5 aprile 2014

Poggio Bracciolini e le sue "Facezie": quando ancora i fratelli Vanzina non esistevano

Ciao a tutti quanti e benvenuti ad un nuovo articolo! Questa volta niente ringraziamenti (non ho sinceramente voglia e tanto nemmeno voi) e, quindi, passiamo a introdurre subito il nostro primo autore di questo soleggiato aprile: Poggio Bracciolini (1380 d.C.-1459 d.C.)!

Prima di vedere che cos'ha fatto nella sua vita quest'uomo dal nome che tradisce il sadismo dei genitori concentriamoci sul gruppo di intellettuali in cui viene di solito catalogato: gli umanisti. Il XV secolo (il 1400 per intenderci) è un secolo molto particolare dal punto di vista culturale. Infatti a cambiare non sono solo le idee e le convinzioni dei vari studiosi ma viene a modificarsi tutto il modo di vedere la realtà e l'universo con lo sviluppo di un pensiero più critico e cosciente delle proprie possibilità intellettuali. In parte questa cosa l'avevo già spiegata qui nell'articolo sulla magia e, quindi, per il discorso sulla nuova visione antropocentrica in contrasto con quella vecchia teocentrica vi rimando lì: se invece siete così sicuri di ricordarvi e sapere tutto procedete pure con me! Gli studiosi, quindi, cominciarono a pensare con una testa loro e non più seguendo solamente quello che diceva la Bibbia o il Papa e scoprirono un qualcosa di strano che non tutti sapevano di possedere: la ragione (sì, ce l'avete pure voi, non spaventatevi, basta usarla).

Ora, bisogna però dire che di questa loro scoperta non conveniva che gli altri venissero a conoscenza, soprattutto se erano vestiti di nero e predicavano tutte le domeniche nelle chiese. Infatti, ciò che diceva agli umanisti il Vangelo (che l'anima è immortale, tanto per dire), la ragione subito diceva che non era vero (l'anima muore con il corpo in questo caso come la sintassi con questa frase). E ripeto, dire queste eresia in modo troppo esplicito non conveniva se non si voleva essere arrostiti come castagne sul fuoco d'inverno (cosa che invece accadde a Giordano Bruno qualche tempo più in là). E quindi, che fare? La voce della ragione d'altra parte era molto forte, difficile non sentirla! E fu così che i signori umanisti allora escogitarono un bel trucchetto che, riassunto brevemente, potrebbe suonare come: <<Sì, è vero, la ragione mi sta dicendo proprio questo, ovvero che l'anima è mortale, ma sulla Bibbia c'è scritto il contrario e allora do ascolto a lei... cero che però la ragione... ma fa niente, non pensiamoci!>>. Questo atteggiamento che può sembrare (e in una certa misura è) ipocrita in realtà era l'unico espediente con cui diversi celebri studiosi, come anche il nostro Poggio Bracciolini, potevano salvarsi dalle fiamme del barbecue.

Sulla condotta morale del nostro autore però in molti si son espressi e, spesso e volentieri, con pareri non proprio positivi: c'è chi dice che fosse una persona viscida e terribile che, potendo, avrebbe rinnegato del tutto la fede ma che, nonostante ciò, continuava a lavorare per il Papa (o, meglio, per uno dei Papi ma non entriamo nel dettaglio storico) mentre altri, tutto sommato, lo difendono anche se non completamente. Certo è che il buon Poggio non fu proprio uno stinco di santo ma, al contrario, ch'aveva un bel fuoco nelle mutande! Infatti nel 1436, a 56 anni, molla la donna con cui conviveva da tempo ( e da cui aveva avuto 14 figli, ma questo è un dettaglio) per sposare la giovane e freschissima diciottenne Vaggia (un nome un programma) e, a parte questi fatti di vita privata, seppe anche muoversi all'interno della curia papale presso cui lavorava abbastanza bene e senza farsi troppi scrupoli.

Infatti egli là lavorava come segretario apostolico (ma non ci interessa ora) mentre prima, dopo aver lavorato in diverse botteghe come copista di testi antichi (oltretutto è molto celebre ancora oggi per la sua calligrafia chiara e lineare dato che già molti testi antichi non li abbiamo, se poi quei pochi li scrivono pure male...) e come ricercatore di antichi manoscritti: infatti come un rinascimentale Indiana Jones andava in giro per le biblioteche a spolverare volumoni giganteschi, alcuni dei quali fondamentali per la cultura del tempo, tentando di tradurli e copiarli per portarli in salvo (infatti in quegli anni "Poggio Bracciolini e la Biblioteca Perduta" fu campione di incassi e ambiva a vincere dei premi anche per il festival di Avignone: peccato che proprio nello stesso periodo fosse uscito pure il documentario denuncia "Anagni: Storia di una Tragedia" che si portò a casa tutto). Il nostro autore di oggi abbiamo capito che quindi, più che per le opere letterarie, è noto come personaggio storico senza il quale la nostra cultura non avrebbe potuto evolversi come poi ha fatto grazie al sapere rinascimentale basato sulla riscoperta di alcuni testi classici che avrebbe acceso un vivace dibattito culturale.

Ed ecco che, quindi, è tempo di introdurre la sua opera di cui vi parlerò oggi: le "Facezie" ("Facetiae")! Queste non sono che brevi storielle piene di oscenità e volgarità e che venivano tramandate oralmente dalla parte più bassa del popolo e che furono messe per iscritto dal nostro Poggio in maniera molto particolare: infatti invece di scrivere in volgare, la lingua del popolo, decise di comporle in un latino aulico ed erudito, cosa che scandalizzò tantissimo i suoi contemporanei e i critici letterari anche nei secoli successivi. Infatti c'era la netta convinzione che opere basse e poco importanti dovessero essere scritte in volgare, la lingua del popolo, mentre i trattati e i saggi dei letterati dovessero riprodurre un latino stilisticamente perfetto simile a quello degli autori dell'antica Roma: l'influenza di Dante, Boccaccio e poi Petrarca, che per primi iniziarono a usare la lingua popolare per comporre opere erudite, non fu sufficiente a far cambiare idea alla maggior parte dei dotti che nel 1400 faticavano ancora ad utilizzare questo linguaggio, e, effettivamente, non a torto. Ancora non era stata codificata una vera e propria lingua (ancora nell'Inghilterra del 1500, che ha una tradizione linguistica più solida della nostra, gli stessi autori non firmavano mai col loro nome scritto sempre nello stesso modo: Marlowe era Marlow a volte o Maerlowe e così via) come l'italiano oggi, ma al contrario esistevano tantissimi dialetti e i precedenti tentativi (Marco Polo, per dire, sembra scrivere come un bambino di prima elementare) non erano proprio soddisfacenti. Inoltre Poggio, affrontando argomenti così scabrosi, "imbrattava" il latino classico che narrava di coraggiosi eroi e caste fanciulle. Il suo intento era però un altro: dimostrare che il latino poteva essere usato in qualunque contesto ed era talmente perfetto da suonare bene anche se narrava di sesso e di cacca (sì, proprio di cacca).

I temi di queste facezie (che non ho letto integralmente) sono molto vari: per lo più sono risposte argute che lasciano spiazzato l'altro o storie di tradimenti e equivoci ma tutte esclusivamente con elementi osceni a sfondo sessuale o escatologico (facevano battute sulla cacca come nei cinepanettoni dei fraelli Vanzina per farla breve) mentre altre ancora ci presentano quadri tragici di amanti non corrisposti o poveri contadini che muoiono in miseria (troppa allegria fa male). In ogni caso si tratta, come già accennato, di storielle di tradizione popolare che sono state tramandate in forma prevalentemente orale: non troviamo quasi mai, nella storia della letteratura precedente, esempi di autori che ce ne hanno tramandate anche se, nell'antica Roma, esistevano diverse raccolte di queste storielle (chiamate "Fabulae Milesiae") che però a noi non sono giunte ma, non per questo, Poggio Bracciolini non poteva possedere qualche codice o testo manoscritto che ne riportasse (se qualcuno ritrovasse in giro la concordanza dei verbi di questa frase non esiti a farsi avanti, grazie).

Mi limiterò però, per problemi di tempo e di noia (a fine capitolo vi spiego il perchè) a riportarvi una sola storiella, come esempio di quanto detto fin'ora, per poi lasciarvi. Quest'opera è un insieme disomogeneo di storielle che, alla lunga, potrebbero pure rivelarsi simili e ripetitive e, inoltre, non vedo perchè riportarvene a palate: ne bastano veramente una o due, non di più!

63- Risposta di una Pisana
Sambacaria di Pisa era una donna pronta a rispondere. Una volta un istrione le si avvicinò, per prenderla n giro:
-Vi saluta, disse, il cazzo di un asino -.
Allora la pisana, prontamente:
-Uè, disse, sembri proprio uno dei suoi coglioni! -.
E, detta questa battuta, se ne andò.

E così eccoci giunti alla fine! <<Ma come, di già? Perchè è durato così poco l'articolo?>> potrebbe dire qualcuno di voi e, devo ammettere, a ragion veduta. Il fatto è che del signor Poggio Bracciolini e della sua opera sto scrivendo proprio in questi giorni anche per il lavoro che sto facendo per l'università e, molto semplicemente, su quest'opera avrei diverse cose da dire ma che, senza nemmeno una minima infarinatura su che cosa possa essere il diritto popolare e cose simili, voi fatichereste a capire e non c'è nè lo spazio nè il tempo ora (e nemmeno la voglia). E quindi, insomma, spero possiate capire, e perdonarmi, se non eiaculi gioia nello scrivere per l'ennesima volta di quest'autore. Inoltre non è l'unica brutta notizia che vi do: questo libro è assolutamente INTROVABILE! Ebbene sì, è forse il mio primo convinto e volontario prestito da una biblioteca (quella universitaria per di più) e, anche così, quella a mia disposizione altro non è se non una raccolta antologica minuscola a cura di Francesco Capriglione del 1978 per la casa editrice Edital (inutile dirvi che nemmeno c'è su il prezzo). Quindi che dire se non un "mi dispiace tanto ma questo libro probabilmente non lo leggerete mai?

Sinceramente spero che anche questo articolo vi sia piaciuto! Solo ora mi accorgo di avervene parlato in modo molto generico ma, scusatemi la finezza, ne ho pieni i coglioni di ste "Facezie" (sì, lo detto, va bene? Contenti? Eh? NO? NO?)!! In ogni caso volevo dedicare questo brano alla biblioteca che mi ha fatto compilare mille mila moduli prima che potessi anche solo sfiorare questo libretto (non troppo comodo, mi raccomando, il servizio bibliotecario)!

E la prossima volta? Basta parlare di antichi barbuti noiosi, è tempo di passare a qualcosa di moderno ma, non per questo, meno sorprendente! Intanto qua sotto vi lascio anche il link, oltre a quello dei canali con cui seguirmi, di un piccolo articolo che ho scritto per un altro blog sulle differenze tra la "Storia Vera" di Luciano di Samosata (di cui parlo qui) e il manga One Piece! Ci vediamo settimana prossima, nel frattempo se volete commentate o, ancora meglio, godetevi il sole!

Articolo per il blog "I Don't Know"
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