domenica 26 giugno 2016

Capire Aristofane: una breve guida

Aprire un blog è come iniziare a scrivere, ma più in grande. L'ansia da foglio bianco è ingigantita: un'enorme pagina vuota da riempire di altre pagine ancora più vuote. Quando aprii questo spazio avevo diversi argomenti da cui iniziare e, aiutato da un'amica, alla fine scelsi come punto di partenza le fiabe dei fratelli Grimm. Dopo tanti autori, temi e opere si sono accumulati. Tanti, tranne uno cui tengo particolarmente: Aristofane. Inquadrare e giustificare la commedia in Grecia e il suo più grande esponente è forse una delle cose più ostiche che abbia mai affrontato! Però tranquilli: ci ho messo solo 30 mesi a decidermi di provarci ma, alla fine, ce l'ho fatta!

Aristofane (450 a.C.-380 a.C.) è un cittadino ateniese come tutti, pienamente catapultato nel clima politico della città. Democrazia significa partecipazione del popolo alla cosa pubblica e mai, come ai tempi dei Greci, si è vista una partecipazione così sentita. Il clima di forte nazionalismo che pervadeva le varie cittadine (polis), le tensioni costanti coi vicini (Sparta e i Persiani) e la poca popolazione crearono un clima di informazione costante e partecipata e una comunità in cui tutti, bene o male, conoscevano tutti. I politici erano noti dalla gente per i loro pregi ma, soprattutto, per i difetti. E questo è un punto fondamentale.

Prendete le caricature di personaggi come Renzi, Berlusconi, Salvini, Andreotti & co: ci basta un minimo carattere distintivo in una vignetta per capire di chi si sta parlando. La stessa cosa vale, che ci crediate o meno, anche per l'Atene di quel periodo! Aristofane sfrutta ogni personaggio delle sue commedie per farne una macchietta per i personaggi politici rappresentati nel modo più spietato possibile.

Ora immaginatevi il clima in cui venivano rappresentate le commedie: giorno, un grosso anfiteatro all'aperto, lunghe panche di legno stracolme di cittadini di ogni estrazione sociale, dal contadino al sacerdote, qualche attore sul palco, un coro di ballerini presente in scena e il chiasso della festa sacra ancora in corso poco più in là. La platea, decisamente poco educata, nel mezzo delle rappresentazioni rischiava di distrarsi e urlare, chiacchierare e ridere per i fatti loro. Come catturare l'attenzione della gente? Facendola ridere, non trattandosi di una tragedia. E come fare? Puntando su argomenti bassi, battute facilmente comprensibili e che facessero leva su problemi quotidiani: così sesso e politica divennero i due pilastri portanti della commedia! Per fare un paragone moderno immaginatevi lo spettacolo apocalittico di un "Natale ad Atene" con Boldi nei panni di Temistocle, de Sica come Agesilao, Enzo Salvi un vivace Epaminonda, l'intramontabile Pieraccioni come Pericle con Ceccherini Socrate e, dulcis in fundo, Aida Yespica nel ruolo dell'esuberante Aspasia!

Per questo motivo noi occidentali del 2016 non riusciamo a essere coinvolti da quest'umorismo e, leggendo il testo, ci sembra tutto più squallido che divertente. Manca, infatti, un elemento fondamentale: gli abiti di scena! Gli attori, rigorosamente tutti maschi, anche quando interpretavano ruoli femminili, erano addobbati con peni finti di cuoio, enormi sederi posticci sotto la tunica e maschere buffe. L'effetto comico era potenziato quando, appunto, venivano aumentati tratti caratteristici del politico o del dio (sì, nemmeno la religione era esclusa): Dioniso vestito da donna, i vecchi giudici delle vespe armati di "pungiglione" per colpire e Socrate brutto, pulcioso e sporco.


La forza della commedia è anche quella di poter rappresentare le scene più assurde: un dio alla ricerca di due autori all'Inferno ("Le Rane"), una città popolata da volatili ("Gli Uccelli"), una trattativa di pace alcolica ("Acarnesi") o uno sciopero del sesso per la pace ("Lisistrata"). Tutte metafore per svegliare la gente, renderla più istruita con il più potente mezzo a disposizione dell'uomo: la risata!

Creare un articolo completo su Aristofane e il contesto della commedia arcaica in poco spazio è letteralmente impossibile. Tuttavia con queste piccole chiavi di lettura potete avvicinarvi alle opere di uno dei più geniali autori classici senza sentirvi in profondo disagio! Settimana prossima si tornerà a parlare, invece, di santi tibetani e dei loro viaggi avventurosi alla ricerca di pergamene dimenticate e una tecnica misteriosa...



sabato 18 giugno 2016

Recensioni lampo (10): "La collina dei conigli"

I libri, come tutte le cose, vanno giudicati secondo criteri diversi ma che convivono contemporaneamente: un romanzo può essere sì scritto bene ma avere, allo stesso tempo, una trama banale e raffazzonata. Per questo recensire e parlare di un'opera non è semplice perché bisogna fare un bilanciamento tra tantissimi fattori diversi e, a volte, in forte contrasto. E questo è il caso anche de "La collina dei conigli" di Richard Adams (1972). Ed è anche il motivo per cui questa recensione è particolarmente "fredda" e poco sentita: non mi sento di promuovere l'opera in toto ma nemmeno di affondarla, quindi immagino che l'ultima parola spetti a voi!



Premesso che per motivi personali ho impiegato un mesetto a leggermi tutto il romanzo (comunque di quasi 500 pagine), provo sensazioni contrastanti nel parlarne. Profondamente noioso a tratti, è riuscito, nell'ultimo capitolo, a farmi sinceramente emozionare. Lo stile, mi infastidisce ammetterlo, è fin troppo spesso semplice e banale ai limiti della noia. Si può adattare molto bene a una fiaba quale questa non è: non tanto per la trama, semplice e banalotta, quanto per ambientazione e coerenza che hanno dello straordinario!

"La collina dei conigli" parla delle peripezie di un gruppo, appunto, di conigli nella campagna Inglese in fuga dalla loro conigliera verso un luogo migliore, desiderosi di fondare una nuova colonia. Si tratta di animali che vivono in un mondo animale perfettamente coerente e ben strutturato, per nulla umanizzato. Nomi, modo di esprimersi e, perfino, la mitologia (!!!)
senza contare etimologia delle parole, religione e costumi sono perfettamente coerenti e pertinenti per un mondo di conigli e non di conigli-uomo. La cosa che, anzi, mi ha più sorpreso è stata la ripresa di caratteri antropologici nella narrazione dei miti che vengono narrati tra le pagine del romanzo. Simboli, forme e nomi creano un vero universo conigliesco che respira di vita propria.

La profondità della narrazione e dei messaggi è molto poca, soprattutto se prendete come modello di riferimento "La fattoria degli animali" di Orwell, un libro solo apparentemente simile. In entrambe le opere vi sono animali parlanti, è vero, ma che differenza tra una metafora politica sulla Russia rivoluzionaria e una storiella come tante altre! Vi consiglio "La collina dei conigli" solo se ancora non avete letto il capolavoro di Orwell: solo così riuscirete ad apprezzarla pienamente! Molto godibile anche la rappresentazione di una campagna inglese verde, lussureggiante e viva nella sua quotidianità. Una natura abitata dall'uomo che passa come figura non solo esclusivamente negativa. Vero, sopratutto all'inizio non ci fa una gran bella figura ma sul finale le cose cambiano (vi è anche un cameo dell'autore stesso!).

Un libro un po' "meh", sicuramente curioso ma non così tanto da dover essere letto a tutti i costi. Va bene per ragazzi dalle medie fino ai primi anni di liceo o per qualche lettura estiva molto poco impegnata sotto l'ombrellone. Se l'avete letto mi piacerebbe, ovviamente sapere la vostra opinione qui nei commenti o su Facebook. Altrimenti l'appuntamento è, ora più che mai, per settimana prossima!