sabato 31 gennaio 2015

Viaggio in Occidente: un romanzo, un'esperienza di vita.

Ci sono dei punti fissi nella nostra cultura occidentale che, anche senza averli affrontati nel dettaglio, rappresentano un bagaglio culturale per tutti noi: tra questi vi è l'Odissea (un uomo viaggia per mare), la "Divina Commedia" (Dante si fa una vacanza nell'oltretomba) e "Romeo e Giulietta" di Shakespeare (due tipi si innamorano e muoiono) per citare i più noti. Magari non li abbiamo approfonditi (io, ad esempio, non ho mai letto nessuna delle opere citate in versione Integrale) ma ne conosciamo, anche solo in maniera raffazzonata, la trama e sappiamo riconoscerne, per dire, una parodia. Tutto il mondo, nel 2015, è paese ma ogni cultura mantiene, tuttavia, un suo patrimonio personale: anche quella orientale. E l'opera che, a conti fatti, è più significativa e incisiva per molti aspetti oggi in Cina e Giappone è il romanzo "Viaggio in Occidente" di Wu Cheng'En.

Il nostro autore
Per conoscere quest'opera non è indispensabile sapere molto del suo autore: Wu Cheng'En (1500 d.C. - 1582 d.C.) non è famoso per altre opere e ha tratto la trama del suo capolavoro da una serie di leggende precedenti che ha legato assieme creandone un romanzo. L'effettivo merito di questo mediocre scrittore è di aver saputo unire mito, religione, satira ed avventura cucendo assieme racconti popolari sotto forma di una trama unica (un po' come è accaduto da noi con l'Odissea e l'Iliade) che ha un senso e presenta pure una certa evoluzione dei personaggi (seppur minima) strada facendo.

Il romanzo, di 100 capitoli, è diviso in due parti: la prima, "Scimmiotto in Cielo", è composta dai primi 6 mentre gli altri costituiscono il vero "Viaggio in Occidente". La storia si svolge in una Cina fantastica di migliaia di anni fa e popolata da personaggi religiosi e mitici (santi immortali, draghi e divinità) che convivono tranquillamente con contadini,
"Monkey King" è l'ultimo film su questa parte
briganti e imperatori. In questa terra tutto può accadere: si può continuare a vivere per un tempo praticamente infinito ma anche cambiare forma, camminare sulle nuvole, creare potentissime magie, combattere schiere di orchi armati fino ai denti, destreggiare armi sacre, teletrasportare montagne e tanto altro ancora. Ed è in questo mondo magico che un giorno, da un uovo di pietra, nasce Scimmiotto, conosciuto come Sun Wukong o come Son Goku (ricorda nulla?), in base alla tradizione. Subito si dimostra un essere decisamente fuori dal comune: divenuto re di un gruppo di scimmie parlanti (come quasi tutti gli animali) sul Monte dei Fiori e dei Frutti, la creatura decide che vuole diventare una divinità del cielo. Dopo essersi addestrato presso un immortale ed aver appreso l'arte delle 72 trasformazioni, si reca presso un drago marino per richiedere delle armi e lì trova un bastone di metallo che si ingrandisce a suo piacimento e che nessuno, tranne lui, riusciva a spostare tanto era pesante (era servito per appiattire la Via Lattea, giusto per intenderci). A quel punto sale nel cielo e viene ricevuto dall'Imperatore di Giada, il custode supremo del mondo ultraterreno, che per liberarsene (quella sbarra era MOLTO pericolosa) gli assegna una carica misteriosa: quella dell' "equipuzio". Scimmiotto ci mette un po' di tempo a capire che "equipuzio" significa "stalliere", carica infima anche tra i mortali, e a quel punto
Guanyn diventerà, in seguito, un'alleata formidabile
minaccia di mettere a soqquadro il paradiso delle divinità. Prontamente bloccato, gli viene proposta un'altra carica, quella di controllore del "Giardino delle Pesche dell'Immortalità" che, però, gli fanno da banchetto dopo poco tempo. Braccato e rincorso da vari ufficiali, riesce a vincere molte divinità importanti nell'arte del combattimento corpo a corpo ma, alla fine, si vede costretto a cedere: viene catturato dal Lao Tzé (il fondatore del Taoismo) e dalla Pusa Guanyin (una divinità Buddhista che sarà di vitale importanza per le vicende future). Provano a scuoiarlo, a bruciarlo nel forno alchemico di Lao Tzé in cui si produce il cinabro (un elisir di immortalità in pillole) ma nulla, si arrossano solo gli occhi (un tratto distintivo insieme alle pupille d'oro): d'altra parte tra pesche dell'immortalità e quintalate di cinabro che si è inghiottito è diventato a tutti gli effetti immortale senza contare che, in precedenza, si è pure recato all'inferno per cancellare il suo
nome dal registro dei morti! Alla fine è costretto ad intervenire Buddha in persona che lo fa precipitare sulla terra con uno schiaffo e lo incatena sotto le montagne dei cinque elementi per 500 anni dandogli da mangiare solo ferro fuso bollente: questa la punizione per chi infrange l'ordine celeste.




Scimmiotto non può nulla contro l'immenso potere di Buddha!


La seconda parte è quella che dà il nome all'opera. 500 anni dopo la ribellione e l'imprigionamento di Scimmiotto, Buddha e Guanyn notano che in Cina, regno orientale, si è persa la vera fede. Allora fanno sì che il re, dopo una serie di vicende, mandi il giovane monaco Tripitaka fino al regno
Tripitaka
occidentale del Budda situato sul monastero del Monte degli Avvoltoi, nell'attuale India, per prendere un po' di testi sacri (sutra). Sulla via il monaco incontrerà e recluterà Scimmiotto (che controllerà tramite dei cerchi magici datigli da Guanyn per stringere la testa del burrascoso allievo causandogli forti mal di testa), un drago che si trasformerà in un cavallo bianco, Porcellino, un essere con la testa di maiale che mangia per dieci e che è sempre pronto a farsi beffe dei suoi compagni, e Sabbioso, un orco un po' taciturno. La via per il Paradiso Occidentale è Molto lunga (tra andare e tornare passano 14 anni) e irta di pericoli: una miriade di demoni vuole mangiare la carne di Tripitaka che, pare, possa donare molti anni di vita. Ogni volta, però, i tre condiscepoli riescono a salvarlo con uno schema apparentemente sempre uguale (maestro rapito - primi scontri non riusciti - richiesta di aiuto ad altre divinità) ma che in realtà cambia da situazione a situazione. Spesso sono costretti a chiedere l'intervento di Guanyn o, come nel caso del Demone Toro, di tutte le forze celesti in uno scontro epico che sconvolge la Terra. Finalmente, a fine romanzo, Tripitaka e Scimmiotto diventano Buddha mentre gli altri 3 discepoli riescono comunque ad elevarsi anche se con ranghi minori.



La storia, come avrete capito, se riassunta così può sembrarvi leggermente (giusto un pochino...) confusa se non sapete anche solo dell'esistenza delle 3 religioni Cinesi: Buddismo, Taoismo e Confucianesimo. Tutte e tre sono presenti (anche se l'ultima, molto diversa dalle altre, non la si trova spesso) e convivono pacificamente anche in Cielo: non c'è giusto o sbagliato, tutto convive e coesiste in perfetta armonia. L'autore privilegia, comunque, il Buddismo (anche se viene, in certe occasioni, preso di mira anch'esso) sia per ovvie esigenze di trama (anzi, spesso i taoisti sono demoni sotto falso aspetto) sia per motivi di censura.

I tre patriarchi: Buddha, Confucio e Lao Tzè

Censura? Perché un romanzo a sfondo religioso dovrebbe essere censurato? La visione del mondo divino per i Cinesi è molto diversa dalla nostra che si può riassumere con: "Sulla Terra le cose fanno schifo? In Paradiso tutto è bello". Si basa sul concetto di "trasposizione": c'è un re sulla Terra? c'è un re in Cielo. Qualcosa non funziona sulla Terra? Qualcosa non funziona anche in Cielo. Stessa cosa, dunque, anche per temi come corruzione ed eccessiva burocrazia, due piaghe che affliggevano la corte imperiale del tempo. Si rischia di essere esiliati per l'eternità perché un giorno, a uno dei numerosi banchetti, si fa cadere per sbaglio una coppa per terra! Questi aspetti ridicoli vengono evidenziati ed enfatizzati ogni volta che si parla dell'imperatore di Giada, il grande regnante celeste, e della sua corte che finisce sempre per fare delle figure ridicole. Ma anche figure religiose come Buddha e altri presentano caratteri MOLTO umani e materiali (Guanyn, personaggio fondamentale nel Buddismo, viene definita "vecchia zitella").

Ma, di tutti gli aspetti interessanti dell'opera, quello che sorprende di più è la... Storicità dell'opera! Eh già, che pensavate, che Tripitaka non fosse mai esistito? E invece sì! Egli, che in realtà si chiamava Xuanzang (602 d.C. - 664 d.C.), impiegò 17 anni per recarsi in India (14 nel libro) a recuperare
Il Vero Tripitaka
delle sacre scritture che ci sono giunte fino ai nostri giorni. Inoltre, tanto per rincarare la dose di storicità della vicenda, lo stesso Wu Cheng'En inserisce traduzioni di preghiere da parte del nostro protagonista create dalla sua controparte vera e, inoltre, un elogio che l'imperatore della Cina gli fece una volta tornato a casa.

Viaggio in occidente ve l'ho voluto appositamente presentare in modo Molto semplice perché voglio che rimanga una sorta di esperienza immediata e d'impatto: se c'è un libro da leggere, anche non per forza per intero, è questo. Potrebbe benissimo essere paragonato a un manga di combattimento moderno ma senza immagini misto a scene di poesia paesaggistica ripetitiva ma molto bella. Di tutte le opere lette fin'ora questa, come persona, è quella a cui sono, forse, più legato. In Italia, infatti, ve ne sono principalmente tre edizioni: una della Kappa che, sebbene MOLTO ridotta, è comunque decisamente gradevole (letta alle medie), una magnifica dell'Adelphi concentrata in 30 capitoli (letta alle superiori) e infine una della Luni integrale (letta di recente alle superiori): sono cresciuto, insomma, in
questi ultimi 8 anni, accompagnato in fasi diverse della mia vita da questo capolavoro che è aumentato, progressivamente, di difficoltà: non vi nascondo, dunque, la mia emozione nel finire, il 30 dicembre, questo capolavoro per l'ultima volta. Sono cresciuto con il romanzo e con lui ho compiuto un importante percorso di crescita che mi ha portato ad essere quello che sono: una specie di parente sempre presente, insomma!

Il "viaggetto" che si è fatto Xuangzang in 17 anni


Come già detto, però, non ho intenzione di esaurire qui l'argomento! Sabato prossimo doppio articolo con Angelo "Sommobuta" Cavallaro, esperto di manga e famoso blogger e Youtuber, in cui parleremo delle influenze della letteratura (e non solo) sul mondo dei fumetti giapponesi. Si parlerà, tra i vari titoli, di capolavori quali Dragon Ball, Naruto, Bleach, One Piece ma anche di JoJo, Seven Deadly Sins, Toriko e Pokémon! Tengo molto a questo progetto e spero di potervi trasmettere tutta la mia eccitazione! Venite a trovarmi su Facebook per avere continue informazioni! Altrimenti ci si vede lunedì prossimo!





sabato 24 gennaio 2015

In cucina con Dumas: Piatti Proibiti e Ricette Segrete!

Ciao e benvenuti a un nuovo sabato letterario del Letterarteblog. In questo periodo sto progettando collaborazioni e brani molto importanti (leggete l'articolo fino in fondo) e sono, inoltre, sommerso dallo studio (maledetta sessione invernale!): quindi mi rendo conto che i miei ultimi lavori sono un poco sottotono rispetto ad altri ma non temete, sabato prossimo inizia il periodo d'oro invernale del blog: per ogni aggiornamento e capire di che sto parlando venite a trovarmi sulla mia pagina Facebook oppure aspettate una settimana o, molto semplicemente, leggetevi tutto il brano di oggi!

Intanto vi dico anche una piccola cosa: ho cancellato un articolo. Non vi dirò quale, chi avrà voglia lo scoprirà da solo, ma non me la sentivo più di presentarvelo. Quando vi propongo o consiglio una determinata cosa lo faccio perché, a mio parere, è più che valida e meritevole. Qualora questi standard non vengano rispettati (anche dal punto di vista umano), non me la sento di offrirvi più quel determinato prodotto: è un discorso, essenzialmente, di fiducia, chiarezza e trasparenza nei vostri confronti! A dire la verità penso non avrei dovuto mai scriverlo, quel pezzo, ma mi sono sforzato e ho chiuso un occhio. Ora però è giunto il momento di dire basta: ci ho perso tempo e amen, pazienza, guardiamo al futuro e all'articolo! Spero di riuscire a strapparvi almeno un sorriso questo sabato!



Quel che vi offro oggi, comunque, è una piccola chicca. Vi ricordate l'elenco delle opere lette quest'anno (se la risposta è no lo trovate QUA)? Tra i testi citati vi era "Cucina per Veri Amanti" di Alexandre Dumas (1802 - 1870) che vi consigliavo ma con qualche riserva. Allo stesso modo, invece, vi esortavo a recuperare "Piatti Proibiti e Ricette Segrete", un libretto analogo che, come suo fratello, raccoglie delle ricette curiose su alimenti un po' stravaganti tratti, tutti, dal "Grande Dizionario di Cucina", un'opera che non penso abbia troppo bisogno di spiegazioni (il titolo dice
Alexandre "lo Smilzo" Dumas
tutto). Però c'è da dire che non si tratta solamente di un noioso elenco enciclopedico freddo e asettico (anche, talvolta, ma non sempre) ma vi sono presenti piccoli racconti di esperienze personali tratti dalle avventure di una grande penna della letteratura francese a cui piaceva non poco sedersi a tavola e gustare piatti particolari e sempre nuovi. Nonostante le buone intenzioni una certa pesantezza aleggia comunque sull'opera per cui qui, oggi, voglio cercare di alleviarla. Infatti ho intenzione di prendere alcuni degli alimenti più strani di "Piatti Proibiti e Ricette Segrete" e di raccontarveli in modo un poco più riassunto e meno prolisso, tanto dubito che qualcuno di voi si metta a cucinare carne di Pellicano, quindi vi posso dire direttamente che ne pensa Dumas che l'ha assaggiata! Mi raccomando, godetevi il ricettario e se vi è sembrato interessante comprate il libro, è sicuramente molto più ampio e dettagliato!

PICCOLO DISCLAIMER PER I SENSIBILONI
Il pezzo contiene descrizioni su come preparare certi animali e, alcuni di questi, potrebbero urtare la vostra sensibilità. Io non vi posso costringere ad andare avanti ma tenete conto che, anche se sarebbe bello, bistecche, salsicce e hamburger del Mc Donald non crescono sugli alberi: fate un po' i conti con voi stessi e non datemi dell'assassino, grazie!

Anche la carne è felice di essere carne! (?)


1) Armadillo: che bestia sia l'armadillo non ho bisogno di dirvelo: sappiate che, però, sotto quel lucido carapace color ocra si cela una carne molto tenera e delicata ma dal sapore un po' muschiato (non si lava spesso le ascelle) che potrebbe non piacere ad alcuni: offritelo al vostro amico Indiano, Dumas dice che lo apprezzerà di sicuro! In particolare penso che l'armadillo rosa argentino sia uno degli animali più carini al mondo: secondo voi è anche uno dei più teneri (inteso come consistenza, ovviamente...)?

Non sembra una piccola aragosta pelos... hey, cos'è quella specie di coda flaccida laggiù? 0.0

2) Attinia: avete presente quando andate al mare, sugli scogli, e vedete, sott'acqua, delle schifezze gelatinose attaccate alla parete rocciosa che pregate il cielo non finiscano sotto il vostro piede? Ecco, l'attinia è uno di questi schifi che pare unisca il sapore del gamberetto alla consistenza della bistecca (circa). L'apertura superiore che fa sia da bocca che da ano poi è una chicca speciale per veri intenditori! Se è così buona mi chiedo perché non la servano anche al ristorante... #dumasnonmentire

Così invitante... Non vi viene voglia di mangiarla?

3) Calape: questo non è un vero animale ma un piatto a base di tartaruga adatto per feste, comunioni e battesimi in quanto un animale di questi può sfamare anche 50 persone. E oggi avete la fortuna che io, insieme a Dumas, vi spiegheremo come prepararlo! Prendete una tartaruga marina, di quelle grosse mi raccomando, e appendetela a testa in giù: a questo punto con una sciabolata apritele la pancia e lasciate che perda tutto il sangue (se le tirate il collo prima non soffre). Fatto ciò toglietele il carapace della pancia (attenti agli organi interni) e scartate il fegato che fa schifo. Dentro troverete due bei pezzi di carne che dovrete fare a pezzetti e mettere in un consommé a bagno nell'acqua fredda con vari aromi. Fate cuocere a fuoco lento e aggiungetevi delle chenelle (polpette di carne francesi, perché chiamarle "polpette" fa troppo casalingo) di pollo. Quando è tutto pronto versate il brodino nel carapace dell'animale ormai svuotato che farà da piatto unico centrale e servite ben caldo! Dumas dice non essere troppo buono ma se c'è crisi e gli invitati sono tanti perché no?

E ringraziate che ho evitato immagini di animali squartati!


4) Cane: tutti mangiano il cane: dagli indigeni Canadesi fino ai Kantchadales (non chiedetemi come si pronunci che non ne ho idea!) dell'Oceania passando per gli Africani (che Dumas gentilmente chiama "negri"). Pure gli antichi Greci e Romani ritenevano che il fedele quadrupede fosse una vera delizia, ce lo riferiscono molti autori dell'epoca! Pare che a scoprire questa pietanza sia stato un sacerdote Greco che, per caso, ne assaggiò il sangue e da questo, non chiedetemi come, comprese il valore di quella carne. E per far contento chi reclama stereotipi da riportare in giro sì, anche i Cinesi mangiavano cani, contenti ora? Però, come per i Romani, pare fosse un cibo particolarmente ricercato destinato alla sola nobiltà: oh, ma non è che, magari, è effettivamente buono? A quanto pare sì, se da noi lo spacciano per carne di capriolo da accostare a una buona polenta!

Oggi i cani in Cina vengono trattati come da noi in Occidente!

5) Canguro: Dumas fa di tutto per convincerci che questo animale sia tra i più buoni sulla terra e ci consiglia vivamente di mangiarlo: facile da addomesticare anche in Europa, pieno di carne buona, filetti giganteschi e coda saporita con cui fare una zuppa "che sovrasta tutte le altre per il sapore e la bontà". Avete bisogno di altre prove? Cerca, addirittura, di smuovere l'animo dei lettori più sensibili invitandoli a cuocere l'animale prima che invecchi che, se no, gli viene la cataratta e "talvolta precipitano e si uccidono contro i muri del loro recinto" (non dovrei, ma un po' rido)! So che in qualche ristorante australiano lo propongono: voi l'avete mai assaggiato? Sono sinceramente molto curioso!



6) Cigno: in poche parole: è un'anatra più bella delle altre, per il resto non cambia troppo di sapore e può essere al massimo un po' più tenera. Cigno, mi deludi ancora una volta dopo che ho visto quanto sei antipatico nella realtà (provare per credere, mordono come dannati...)!



7) Delfino: sa di tonno ed è indigesto, seppur venga considerato un piatto d'onore. Mi sta un po' sul culo, principalmente perché più intelligente di me, e non mi dispiace se i Giapponesi lo pescano, ne tagliano la lingua e poi lo rigettano morente in mare (sto scherzando, ce ne ho uno nella vasca da bagno, mica son cattivo!).

Penso sia una delle peggiori foto di tutto Internet...

8) Elefante: mangiato, ai suoi tempi, prevalentemente in India e nella zona tra Vietnam e Cambogia, di quest'animale vengono apprezzate in particolar modo le zampe grigliate (piatto delicatissimo) e la proboscide. Vi metterei anche la ricetta ma è lunga e, secondo me, viene un po' cara al chilo come carne. Se decidete comunque di farla una sera di queste scrivetemi in privato che vi dico come la fa Dumas ma, mi raccomando, chiedete al vostro macellaio di fiducia se vi può togliere le ossa prima!

Altrimenti la carne la trovate già in scatola!

9) Hocco: l'hocco è una sorta di pollo nero dal becco incredibilmente giallo originario del Sud America. Dumas riferisce che, oltre ad essere buono come il tacchino, è pure educato come un bravo guaglione: bussa alla porta prima di entrare, tira l'abito dei padroni e li segue per la strada. Inoltre, quando torni la casa alla sera, stanco dopo un'intensa giornata di lavoro, il tuo hocco ti darà il benvenuto facendoti le feste, contentissimo di rivederti dopo tanto tempo! Perché comprare un cane quando puoi avere un hocco al tuo fianco? Ti sveglia al mattino, lo porti a fare due passi al parco, gli lanci un bastoncino, torni per le 12/12:30, gli tiri il collo, lo spiumi, lo fai in forno e lo servi ad amici e parenti: simpatico, utile e buono!

È decisamente più figo di me!

10) Orso: tutti, ai tempi di Dumas, mangiavano l'orso che, fino a pochi anni prima, era ritenuto un alimento tabù (come il cavallo per gli inglesi ancora oggi). Per fortuna dell'autore e dei suoi contemporanei il divieto morale scomparve molto presto quando si accorsero che la carne dell'animale era incredibilmente buona e delicata. Mangiato in tutto il mondo (sì, anche in Cina...), dell'orso si apprezzano soprattutto le delicatissime zampe di cui ci viene offerta la dettagliatissima ricetta (che però vi risparmio) di Monsieur Urbain Duvois, cuoco alla corte prussiana, che rimase impressionato dalla bontà del piatto servitogli per la prima volta a S. Pietroburgo. Rosso, grigio, nero o bruno che sia, l'orso pare sia sempre buono: lo stesso Dumas ne era particolarmente ghiotto. E voi, lo mangereste? Anche il panda, di conseguenza, non deve essere male...

La passione di Dumas per l'orso era ben nota anche ai tempi...

11) Pantera: animale mangiato in India e non addomesticabile (ma va?), la pantera viene sfruttata, a fatica, per la caccia: secondo me sono più le volte che si pappa il padrone piuttosto che il fagiano di turno. Rimane, comunque, un piatto esotico anche se meno buono dell'orso: quando la preparate, care massaie, togliete il fegato che fa schifo.

Vuole solo fare amicizia...

12) Pellicano: quest'animale buffo, come molti volatili marini, non è per niente buono: duro e puzzolente, serve solo a fare dell'olio (con cui non penso sia bello condire l'insalata): se non lo trovate da catturare in giro mi sembra che all'Esselunga, al bancone del macellaio, il martedì mattina ogni tre settimane ne compaia un pezzettino in saldo: provare per credere!

Quanto non è bello?


Questi erano solo 12 dei 30 animali riportati nel libretto "Piatti Proibiti e Ricette Segrete" edito dall'editore Ibis che, per 7€, vi consiglio vivamente di acquistare!




Giunti a fine capitolo vi posso annunciare che sabato prossimo vi parlerò, finalmente, di "Viaggio in Occidente", un romanzo classico cinese che rappresenta una delle esperienze letterarie più coinvolgenti e commoventi della mia vita. L'altra notizia è che la settimana seguente, in collaborazione con il blogger e youtuber Angelo "Sommobuta" Cavallaro, pubblicherò un doppio articolo (uno mio e uno suo) dove analizzeremo le influenze della letteratura (e non solo) nei manga! Per ulteriori dettagli venutemi a trovare su Facebook!

lunedì 19 gennaio 2015

Piccolo Viaggio nella Storia della Letteratura (1): i Greci e i Romani (pt. 2)

Quest'articolo è la naturale continuazione di quello uscito sabato in cui parlo degli antichi Greci e che trovate QUA! Prima di affrontare le prossime righe vi invito ad andarvelo a leggere se non tutto quantomeno la parte iniziale in cui spiego il Perché e come porterò avanti questa serie di articoli: è molto importante che voi lo facciate se già non sapete cosa vi aspetta, io vi ho avvisati, non rimanete poi delusi!



I Romani, che vi piaccia o meno, sono nati come (e sono rimasti per MOLTO tempo) un popolo di rozzi pastori presi unicamente dalle faccende di guerra (non che i Greci, almeno inizialmente, siano stati troppo diversi). La loro cultura viene, prevalentemente, dalla tradizione Greca arrivata in periodi diversi a più ondate. La prima coincide con la nascita della letteratura a Roma: questo avvenne quando i Nostri si spinsero a sud del Tevere ed entrarono in contatto con le colonie della Grecia nel territorio campano, quello che ai tempi era chiamato "Magna Grecia". Ennio (239
La Magna Grecia
a.C. - 169 a.C), Nevio (275 a.C. - 201 a.C.) e Livio Andronico (280 a.C. - 200 a.C.) furono tra i primi autori veri e propri e si sa pochissimo di loro, non si hanno che frammenti delle opere che hanno composto. Ciò che fecero per certo fu però, sostanzialmente, prendere le "cose belle" del mondo greco e tradurle, in maniera artistica, nel loro latino: sono di questo periodo le grandi traduzioni dei poemi omerici che hanno segnato l'inizio della vita letteraria Romana. Una delle cose che colpì il popolo italico fu la commedia di Menandro che Plauto (250 .C. - 184 a.C.) e altri furono in grado di mescolare alle tradizioni teatrali arcaiche, legate ai riti di fertilità, già presenti sul territorio: le tematiche sono le stesse, le trame si assomigliano (parecchio) e gettano le basi per la caratterizzazione di Ogni personaggio comico della tradizione occidentale, da lì fino ad oggi. Infatti viene introdotta, con la "commedia nuova", una caratterizzazione specifica e rigida dei protagonisti tramandata da "I Caratteri" di Teofrasto (371 a.C. - 287 a.C.), il più importante discepolo di Aristotele. In quest'opera vengono
Maschera della commedia Romana
delineati, infatti, dei tipi umani (lo sbruffone, l'avaro, il superbo ecc.) che sono poi ripresi costantemente, senza mutamenti, e passano dal mondo Greco a quello Romano e da lì ai giorni nostri.

La seconda ondata di cultura greca si fece avvertire qualche tempo più tardi quando, nel 146 a.C., la Grecia divenne provincia romana. Roma iniziò, ancora una volta, ad assorbire la cultura Alessandrina e a cambiare, cosa che non piacque a una certa schiera di pensatori conservatori capeggiata da Catone "il Censore" (234 a.C. - 149 a.C.). Portatore, invece, di questa nuova moda "orientale" era il circolo degli
Marco Tullio "Incubo" Cicerone
Scipioni, un'importante famiglia nobiliare dagli orizzonti culturali molto aperti. Nonostante Roma dovesse molto a Catone per il suo contributo nel vincere i conflitti contro Cartagine e per la sua forza moralizzatrice riconosce, comunque, il primato culturale a questa cerchia innovatrice che introduce, tra le varie novità anche due nuove filosofie: lo stoicismo e l'epicureismo. La prima fu particolarmente sentita e il personaggio che per primo ne parlò, pur tenendo un minimo le distanze, fu il famigerato Marco Tullio Cicerone (106 a.C. - 43 a.C.), il retore più importante di tutti i tempi conosciuto da generazioni di studenti per le sue "Catilinarie" (delle orazioni pronunciate di fronte al popolo contro Catilina, un famigerato criminale sovversivo) oltre che per le varie opere filosofiche: oratore, avvocato e grande pensatore ebbe la fortuna (e al contempo la sfortuna) di mettersi sempre in gioco politicamente, cosa che lo portò ad una morte tremenda
.

"Fino a che punto, oh Catilina, abuserai della nostra pazienza?"


Se lo stoicismo ebbe, in seguito, grande fortuna con autori come Seneca, Epitteto e Marco Aurelio, l'epicureismo, al contrario, fu quasi allontanato perché imponeva il rifiuto di ogni attività politica (tra i vari precetti), cosa inaccettabile per una comunità come quella romana, così attenta a quest'aspetto. L'unico misterioso autore che ne parlò in maniera abbastanza approfondita nel mondo latino fu Lucrezio con il suo "Della Natura", un personaggio di cui si sa poco o nulla e che, alcuni, tendono ad identificare addirittura come Cicerone sotto falso nome (con tutto quel che ha scritto si può dire che aveva il buon tempo)!


Grande passione importata dal mondo orientale fu quella per la storia che, a Roma, ebbe i suoi più grandi esponenti con Sallustio (86 a.C. - 34 a.C.), Giulio Cesare (100 a.C. - 44 a.C.) e Tito Livio (59 a.C - 17 d.C.): sono tre autori che, pur raccontando storie diverse, applicano tutti il metodo storico
Livio e Sallustio furono  molto tenuti in considerazione nel Medioevo
dei precedenti Greci. Il primo parla, nelle sue "Catilinarie" (ebbene sì, anche lui ha scritto un libro sulla vicenda) in modo distaccato di avvenimenti avvenuti nel suo periodo ma ai quali non ha partecipato; il secondo racconta, nel "Della Guerra in Gallia" e "Della Guerra Civile", delle spedizioni da lui stesso compiute; l'ultimo, che si inquadra in un contesto più imperiale che vedremo a breve, parte a raccontare negli "Annali" tutta la storia di Roma, fin dalle sue origini. Sono tre grandi nomi, in ogni caso, ma teniamo da conto Giulio Cesare che, per spiegare un paio di cose, lo dovremo riprendere.

Una moda venuta dalla Grecia fu quella per la poesia di ambito amoroso, quella professata dai famosi "poeti nuovi" (così li chiama Cicerone), di cui il più celebre è Catullo (84 a.C. - 54 a.C.) che si rifà a una tradizione molto forte, e che io non ho potuto nemmeno accennare per ovvi motivi,

capeggiata dalla famosa poetessa greca Saffo (640 a.C. - 570 a.C.): la produzione varia da momenti di frenesia erotica piena di doppi sensi a periodi di tristezza, a volte fasulla, solo per immedesimarsi con il personaggio da playboy sofferente per la perdita della propria amante: una sorta di dandy libertino prima di Oscar Wilde!

Perché? Perché sì!

Fortunatamente questo gruppo di persone riusciva ad essere sereno in un periodo travagliato come quello che stavano vivendo! Infatti erano gli ultimi anni della repubblica, fase d'oro dell'epoca romana dopo la celebre monarchia dei sette re, e che, presto, si sarebbe trasformata in un impero sotto Ottaviano Augusto nel 27 a.C. . Il famoso poeta satirico Orazio (65 a.C. - 8 a.C.), ad esempio, non può fare a meno di immaginarsi
Orazio viene spesso dipinto come un ometto pelato
un'emigrazione forzata di tutto il popolo verso altri lidi in attesa di momenti migliori pur di rimanere nell'incertezza giornaliera di un domani oscuro. Viene così a delinearsi una tendenza, quella di ricercare una perfezione paradisiaca nello stile di vita che, per ragioni politiche, era negata. Giulio Cesare aveva insanguinato mezza Europa con una lunga guerra civile contro l'acerrimo nemico Pompeo e solo le celebri idi di marzo riuscirono a fermarlo dall'ascesa al potere come imperatore. Tutto ciò non avvenne per il suo successore Ottaviano Augusto che, sconfitto Marco Antonio suo rivale politico, ascese al potere come unico reggente di un potere quasi sconfinato su un territorio immenso: e non era che l'inizio dell'epoca imperiale romana.

Però a Roma, ora superpotenza mondiale, serviva un passato celebre, mica potevano vantarsi dicendo di discendere da un popolo di pastori e pecorai! E così Augusto commissionò il lavoro di inventarsi cantare le gesta dei fondatori della patria a un uomo "abbastanza" famoso: il poeta Virgilio (70 a.C. - 19 a.C.). Così nacque l' "Eneide", un grande poema celebrativo che fece guadagnare al nostro autore fama eterna sebbene fosse già noto per i suoi componimenti pastorali ("Bucoliche" e "Georgiche") in cui cantava di una vita perfetta idealizzata passata tra i campi (un po' come Orazio, insomma).

L'atmosfera pastorale delle "Bucoliche" Virgilio l'ha presa dal greco Teocrito (315 a.C. - 260 a.C.)


Si venne, dunque, a creare una corte, piena di figure più o meno losche, che ruotava intorno alla figura dell'imperatore che, con l'andare del tempo, assunse sempre di più i tratti da sovrano orientale, spesso dispotico, che aveva adottato già ai tempi Alessandro Magno. E, nel gruppo di intellettuali che frequentavano quest'ambiente, uno dei più noti fu il poeta elegiaco Ovidio (43 a.C. - 18 d.C.), autore delle "Metamorfosi". Egli è conosciuto anche per l'opera che, probabilmente, lo costrinse all'esilio: "L'Arte di Amare", un libretto considerato troppo provocante per l'epoca (anche se si trattava tutta di facciata, l'imperatore stesso in privato ne faceva di ogni).

L'impero al massimo della sua espansione


Il multiculturalismo provocato dalla nuova situazione politica portò la terza, ed ultima, ondata di cultura Greca che non fece altro che aggiungersi completamente e definitivamente a quella già affermata. Tutto iniziò a cambiare sempre più velocemente, dalla filosofia ai gusti sessuali passando per le tradizioni quotidiane che subirono uno scossone. Nell'epoca imperiale l'autore più famoso rimane, a conti fati, il filosofo stoico Seneca (4 a.C - 65 d.C.) che, insieme al nipote Lucano ( 39 d.C. - 65 d.C.), autore di un poema che cantava la guerra civile di Cesare (la "Farsalia"), venne eliminato perchè coinvolto in una congiura ordita contro l'imperatore Nerone.

In molti si lamentarono, nei loro scritti, di questo modificarsi dei costumi, primi tra tutti Marziale (40 d.C. - 104 d.C.) e Giovenale (55 d.C - 127 d.C.) nelle loro "Satire" che, ancora oggi, rimangono un interessante specchio di quella che era (e sicuramente non era) la Roma del tempo. Una Roma che passava a un tipo di letteratura sempre più privato e personale, come era successo prima per il periodo Alessandrino, e che ne adotta anche i generi letterari. Tra questi vi è il romanzo, di cui non vi ho parlato prima, e i cui esponenti più importanti a Roma sono Petronio, autore del "Satyricon" di cui si sa pochissimo, e Apuleio (125 d.C. - 170 d.C.) auotre de "Lucio o l'
Del rapporto Luciano-Apuleio parlo qui
Asino d'Oro". A influenzare particolarmente quest'autore fu Luciano (120 d.C. - 180 d.C.) di Samosata, uno dei miei autori preferiti di sempre appartenente alla neo sofistica, una scuola che riprendeva lo stile e i temi dei tempi di Gorgia. Anche la storiografia e la saggistica ricevettero un grande impulso: la prima grazie alle opere Tacito (56 d.C. - 120 d.C.), la seconda con Quintiliano (40 d.C. - 96 d.C.) e l "Istituzione Oratoria", un trattato di pedagogia per allevare il perfetto retore.

Piano piano l'impero andò disgregandosi a causa di tiranni sempre più dispotici e folli che facevano rimpiangere i lontani tempi passati: non è un caso che Plutarco (48 d.C. - 127d.C.), un famosissimo scrittore in lingua greca, ci abbia lasciato le "Vite Parallele", una serie di biografie in cui mette a confronto un personaggio dell'antica Grecia con uno della Roma dei tempi che furono, quasi a voler riproporre dei modelli di uomini ormai scomparsi. Nel frattempo la religione cominciava a cambiare e si stava affermando sempre di più il cristianesimo che divenne, poco alla volta, il culto più praticato nel mondo occidentale. Però questa è una storia che racconteremo la prossima volta...

Siamo così arrivati alla fine, diciamo, dell'epoca d'oro romana. Spero che questa mia ultima impresa vi sia piaciuta e possa esservi in qualche modo d'aiuto. Non è approfondita per nulla, ho nominato solo gli autori principali con le loro opere ma, almeno, se dal nulla sentite nominare un "Tucidide" almeno potete dire di averlo sentito nominare da qualche parte! La prossima volta, che non so quando sarà, affronterò il Medioevo, l'Umanesimo, il Rinascimento e il Barocco (già sudo al solo pensiero). Quanto a settimana prossima non so ancora che vi aspetterà, è l'ultimo appuntamento prima di una serie di importanti novità già fissate! Se non volete perdervi nessun aggiornamento venite a trovarmi sulla mia pagina Facebook! Ci si vede! 

sabato 17 gennaio 2015

Piccolo Viaggio nella Storia della Letteratura (1); i Greci e i Romani (pt.1)

Ciao e bentrovati anche questo sabato! Quello di oggi non è un vero e proprio articolo su uno specifico argomento ma una "spiegazione" di qualcosa: in questo caso vi propongo una semplice cronologia, abbastanza scarna, di alcuni dei movimenti culturali più importanti nella storia del pensiero (una cosetta da nulla, insomma). Ma non spaventatevi, che già vi vedo trascinare stancamente il cursore del mouse sulla X! Quello che vi voglio offrire è un semplice quadro MOLTO generale e SOLO introduttivo per permettervi di orientare più o meno nel tempo e nello spazio quando parlo di qualcosa. Quel che vi dico sono cose Molto scontate, banali e ovvie che un qualunque ragazzino del liceo potrebbe riproporvi in maniera anche più approfondita: qui cerco volutamente l'accenno superficiale, giusto per dare un quadro generale. Perché? In futuro mi piacerebbe parlarvi di Tante cose, di argomenti anche molto diversi tra di loro e, in alcuni casi, mi piacerebbe prendere un autore come può essere Aristofane o Luciano e sviscerarli completamente, proponendovi TUTTO quello che so dei loro scritti. Ma per fare questo dovrete pur sapere in che periodo sono più o meno vissuti e a quale corrente appartengono almeno in modo generale: nessuno vive isolato ma ci sono continue influenze e ispirazioni. E per dare a tutti questa possibilità in modo agevole ho pensato a questo sistema: una piccola serie di tre articoli per una consultazione rapida! Se leggerete tutto buon divertimento (e fortuna) altrimenti l'articolo non scappa, potrete recuperarlo quando vorrete! Per motivi di spazio l'ho diviso, a sua volta, in due: la prima parte sui Greci esce oggi mentre per quella su Roma cliccate QUA!


Tutto cominciò tanto tempo fa, tra il 900 e l'800 a.C, nell'antica Grecia e in Medio oriente dove vi erano dei sovrani con le loro corti. Vari cantastorie, meglio noti come aedi, giravano in questi posti raccontando una serie di leggende riguardanti eroi antichi: fra questi vi era, forse, un uomo di nome Omero. "Forse" perché non si sa nemmeno se sia mai effettivamente esistito
Per vari motivi si pensava che fosse cieco
ma fatto sta che, sotto suo nome, ci sono stati tramandati due scritti, l' "Iliade" e l' "Odissea", le opere più famose della storia della letteratura. Che sia esistito o meno un uomo solo con questo nome, che siano opere "uniche" o che si siano generate dall'unione di più racconti, è un dato di fatto che servirono come base per TUTTE le opere successive, da lì fino ai tempi moderni, accavallandosi in una serie infinita di influenze su influenze (giusto per chiarire la loro importanza). L'atro poeta Greco antichissimo di cui si sa poco è Esiodo che scrisse la celebre "Teogonia", un poema in cui canta l'origine delle divinità e alcuni miti che li vedono protagonisti: un'opera che sta alla base della religione politeista Greca che aveva ricevuto influssi dall'Egitto e
Viene raccontato lo scontro  tra Zeus e il mostro Tifone
dall'oriente. Da questo punto in avanti la letteratura Greca si divide in 3 branche principali che ora distinguo per comodità ma ricordatevi che convivono nello stesso sfondo culturale e si intrecciano l'una con l'altra: Storiografia, Commedia e Tragedia, Pensiero Filosofico e Retorica.

La storiografia nasce, sostanzialmente, nel 484 a.C. con Erodoto, il primo a fondare nelle sue "Storie" un metodo storiografico più o meno rigoroso: si basa, infatti, solo su quello che ha "visto" e "sentito" selezionando le informazioni credibili e quelle che lo sono decisamente meno. Infatti prima spopolavano i racconti di viaggio dei famosi logografi (una sorta di avventurieri) che, spesso, si inventavano storie piene di assurdità per sorprendere il pubblico. Dovete sapere, infatti, che la Grecia ha, da sempre, avuto uno strano rapporto con la scrittura: Omero ha tramandato tutto oralmente e così fa Erodoto il quale trascrive queste "Storie" solo successivamente, in un secondo tempo, dopo
Erodoto ci parla della battaglia delle Termopoli d "300" (mio articolo)
averle raccontate a voce. Scopo principale della storiografia Greca è quello di voler raccontare dei rapporti con i loro nemici per eccellenza: i Persiani. E di questo si occupa anche il suo successore spirituale, ovvero Tucidide (460 a.C- 404 a.C.) che scrisse "La Guerra del Peloponneso", una vera pietra miliare della "storia della storiografia" e che però fu pensata, fin da subito, come opera scritta. A seguire quest'ultimo storico fu Senofonte (430 a.C.- 355 a.C.) che raccontò della spedizione militare segreta da lui compiuta in territorio Persiano e che finì in tragedia: a metà tra un racconto d'avventura e una cronaca storica. Detto l'Essenziale su questo argomento passiamo al teatro!

Tracciare le Vere origini della tragedia e della commedia Greca penso sia una delle cose più difficili e confuse al mondo e vi sono TANTE teorie al riguardo tenuto conto che, oltretutto, si conoscono anche pochi nomi per entrambe le discipline: ciò che gli Alessandrini prima e gli Arabi poi hanno deciso di trascrivere e non cestinare, insomma. La commedia, in particolare, è molto misteriosa: Aristotele, il famoso filosofo che più tardi avremo modo di conoscere, avrebbe dovuto parlarne approfonditamente nel secondo libro della "Poetica" che, però, è andato completamente perduto (chi ha visto "Il Nome della Rosa" ne sa qualcosa). Possiamo però dividere la produzione in tre periodi: la commedia "antica" di Aristofane, la commedia "di mezzo" di cui non sappiamo nulla, e la commedia "nuova" di Menandro di cui parlerò dopo perché di epoca Alessandrina e va analizzata a parte. Di Aristofane (450 a.C. - 385 a.C.) ci sono giunte diverse opere spesso in buone condizioni: la mia preferita è la "Lisistrata" (di cui spero di potervi parlare
un giorno) ma abbiamo anche capolavori come le "Rane" e le "Nuvole" in cui il protagonista è il celebre Socrate che viene, però, ridicolizzato. la comicità di queste opere è apparentemente molto rozza (tipo cinepanettone di Boldi e de Sica) ma serve a nascondere grandi temi di attualità politica e sociale: guerra, costumi e metatragedia (il parlare del significato che sta dietro alla rappresentazione scenica) sono solo alcuni degli aspetti toccati da quest'arguto comico che, forse, aveva da dire molto di più di quello che pensiamo. Parallelamente si sviluppa anche la tragedia e i tre grandi nomi che tutti conoscono sono Eschilo, Sofocle e Euripide. Se i primi due sono simili come stile, il terzo si differenzia completamente: vissuto nel 400 come Sofocle riesce, al contrario di questi che trae molto spunto dal suo maestro,
Parte fissa di questi spettacoli era il coro
a rivoluzionare Completamente gli elementi della tragedia classica e a portare dei temi incredibilmente ricchi e complessi che venivano offerti a un pubblico spesso inconsapevole della propria cultura con un linguaggio leggero e comprensibile ai più. E chi mette in evidenza questa cosa se non Aristofane nelle "Rane"? Ci avevano visto entrambi molto lungo, credetemi! Fatto sta,
La grandezza del teatro di Epidauro ci fa capire quanto fosse importante il teatro
però, non fu compreso dai suoi contemporanei perché troppo moderno e vinse poche volte una gara di tragedie. Durante questi agoni, così erano chiamate le competizioni, si doveva presentare un ciclo di tre tragedie, più o meno legate tra di loro (l'unico che ci è arrivato integro è quello dell' "Orestea" di Eschilo) più un "dramma satiresco", una composizione finale comica che doveva sollevare l'umore del pubblico afflitto dopo lo spettacolo triste di violenze e passioni tormentose che venivano proposte durante questi spettacoli. Sfortunatamente ce ne sono arrivati molto pochi e in pessime condizioni: rassegnamoci ormai al fatto che abbiamo perso gran parte del patrimonio culturale di un popolo che, ancora oggi, risulta misterioso. Ma passiamo al pensiero filosofico e alla retorica prima di parlare del periodo Alessandrino.


Il punto cardine della storia della filosofia Greca fu Socrate (470 a.C. - 399 a.C.). Chi venne prima d lui, i Presocratici, appunto, avevano tutti ricercato quali potessero essere le origini del mondo: tra i nomi più importanti vi sono Talete, membro dei "Sette Sapienti", Eraclito, Pitagora e Democrito.
Le fonti dicono che Socrate era molto brutto!
Di Socrate, primo indagatore della psiche umana, non abbiamo nulla perché non scrisse mai un'opera: egli, come Erodoto e il suo allievo Platone, erano diffidenti verso la scrittura perché era vista come un mezzo per diffondere alle masse una cultura che volevano tenere privata ed elitaria. All'opposto si collocano i Sofisti, un gruppo di filosofi ribelli ed eccentrici, che si divertivano a dire tutto e il contrario di tutto, che per denaro accettavano di insegnare ad altri le loro conoscenze, spesso fin troppo a buon mercato (questo veniva contestato loro, principalmente). Tuttavia Platone (428 a.C. - 348 a.C.) scrisse numerosi dialoghi filosofici in cui il maestro fa da protagonista, dei quali il più famoso è "Il Simposio" sul tema dell'amore. Socrate venne condannato a morte e il suo allievo fondò il Ginnasio, una scuola dove insegnava la sua dottrina. Si rifiutò, tuttavia, di trascrivere i contenuti più importanti sempre per il concetto visto prima: meno male che il suo successore, Aristotele (384 a.C. - 322 a.C.), ci
La mappa dell'universo di Aristotele rimarrà invariata fino a Galileo
ha spifferato tutto quello che non ha scritto (così impari, Platone). Questi, infatti, aveva idee completamente diverse dal suo predecessore: se Platone era tutto preso dal pensare a un mondo superiore perfetto di cui questo, quello in cui viviamo tutti i giorni, non è che le brutta copia, Aristotele sta più con i piedi per terra e pensa, oltre che alla filosofia, anche alla biologia e cosmografia.
La retorica è strettamente collegata con la filosofia in quanto ha origine con i sofisti (tra i quali Gorgia spunta come nome sopra tutti gli altri), così bravi a dimostrare qualunque cosa: i nomi più importanti e celebri sono Isocrate e Demostene che vede, inesorabile, la salita di quello che fu il personaggio più importante dell'antichità: Alessandro Magno (356 a.C. - 323 a.C.).


Allievo del già citato Aristotele, questo principe Macedone riuscì ad assoggettare ed unire sotto di sé non solo tutta la Grecia, da sempre abituata ad avere diverse città indipendenti in guerra tra di loro, ma anche buona parte dell'impero Persiano spingendosi, con le sue conquiste, fino alle porte dell'India e assumendo tutti quei tratti da imperatore che saranno poi riproposti a Roma e da lì portati avanti fino alla rivoluzione Francese come,
L'impero di Alessandro Magno
ad esempio, il concetto di "predestinazione divina". Alla sua morte il vastissimo regno, che aveva pure adottato una sorta di lingua greca comune adattata in base ai vari popoli, si divide in tanti regni di cui il più famoso è quello ch
e aveva sede ad Alessandria d'Egitto che divenne, sotto la dinastia dei Tolomei, capitale della cultura per tutto il 300 a.C. : era il periodo Alessandrino. Dei tanti personaggi che popolarono la famosa biblioteca i più famosi furono il poeta lirico Callimaco (310 a.C - 240 a.C.) e Apollonio Rodio, (295 a.C. - 215 a.C.) famoso per il poema "Le Argonautiche" (di cui parlerò in futuro): si tratta di un tipo di letteratura ormai soltanto scritta da fruire in privato, leggendo nella mente, qualcosa di totalmente diverso rispetto a Erodoto o Socrate. Anche la commedia cambiò molto e assunse toni più leggeri e pacati, borghesi quasi, con Menandro di cui, però, si sa poco e nulla. Cosa certa è, invece, l'influenza che ebbe sulla letteratura romana che intanto era nata e si era andata sviluppandosi.


La parte Greca è venuta po' lunghina e ho deciso, quindi, di staccarla fisicamente da quella romana anche se pensate per essere pubblicate assieme! Lunedì 19 arrivano i Romani, troverete il link qui poi oppure per rimanere in contatto venite a trovarmi su Facebook!

sabato 10 gennaio 2015

Sciascia e il suo "Affaire Moro": breve storia di un Uomo.

Ammetto che, quando la mia ormai ex professoressa del liceo mi regalò "L'Affaire Moro" di Sciascia, rimasi un po' perplesso e dubbioso di fronte all'opera. Non che non mi fidassi di chi me l'aveva dato oppure della nobiltà del tema o del valore dell'autore ma, per una serie di motivi, non sapevo come avrei potuto reagire di fronte a un libro del genere: ci avrei capito qualcosa? Sarei stato in grado di tener testa a un periodo storico che, per motivi anagrafici, non conosco quasi per nulla (la prima edizione del libro ha la mia età, per intenderci) ? Sciascia, al contrario del suo "Candido", mi avrebbe catturato, stavolta? Aprii il libro una sera di inizio marzo e, dopo un paio di giorni scarsi, lo richiusi: l'avevo divorato in sole due serate di lettura.


"L'Affaire Moro" è, sicuramente, un libro molto particolare: l'autore stesso l'ha sempre definita "opera di verità" e non "opera letteraria" e, sinceramente, non posso che dargli ragione! Non è un bel libro perché scritto bene (anche se lo è, a conti fatti) ma perché il suo intento è quello di riportare la verità. Anzi, più precisamente, l'autenticità e umanità di sentimenti di un essere umano come tutti: l'Aldo Moro di Sciascia non è un politico ma un Uomo. Un Uomo disperato di fronte a una morte feroce e spietata, un Uomo disperato di fronte a chi gli ha voltato le spalle. E, in quanto Uomo, egli è il protagonista, insieme all'Italia intera, della Storia che fa più che altro da sfondo alla vicenda. La tragedia umana recita da sola sul palcoscenico della vita.


E quindi, proprio per questo motivo, sullo svolgersi delle vicende, non ho intenzione di fare alcun riassunto: non è l'argomento veramente centrale nell'opera e, sinceramente, non mi sento di sintetizzare, cosa spesso Molto pericolosa, fatti o avvenimenti di cui non mi sento sicuro. Però, in breve, le cose si sono svolte così: il 16 marzo 1978 il politico Aldo Moro viene rapito dalle Brigate Rosse, un gruppo si estremisti terroristi di estrema sinistra, ed è tenuto in ostaggio fino al 9 maggio, quando fu ritrovato il suo corpo. I sequestratori avevano chiesto un riscatto che i colleghi della vittima, appartenenti alla Democrazia Cristiana, capeggiata da Giulio Andreotti, non hanno voluto mai consegnare nella "speranza" (sincera o meno che essa fosse, emerge chiaramente il fatto che il nostro protagonista stesse diventando un personaggio scomodo) di ritrovare il loro compagno che, nel frattempo, scongiurava che si scendesse a patti coi criminali: a quale dei due gruppi essi appartenessero dovete deciderlo voi.

9 maggio 1978


E non è che, a dire il vero, abbia tanto da aggiungere: il mio vuole essere l'invito alla lettura di un'opera che dev'essere affrontata e non raccontata dal momento che esprime dei sentimenti e delle emozioni. Più che ordinarvi consigliarvi caldamente di comprarlo che posso fare? Mi dispiace non aver potuto dire di più ma aspetto,a tal proposito, le Vostre opinioni su questo libro: che ne pensate? Mi scuso ancora per la brevità scandalosa e
imbarazzante di questo articolo dovuta sia alla sua natura (è proprio uno di quei libri da leggere e gustarsi appieno) sia a problemi di organizzazione interna (chi mi conosce lo sa) ma mi farò perdonare: ho in mente, per sabato prossimo, qualcosa di MOLTO speciale: non so come uscirà, se singolo o in più parti, e quanto sarà lungo ma vi assicuro che è qualcosa di Monumentale! Nel frattempo vi invito anche a venirmi a trovare su Facebook perché in settimana annuncerò delle importanti novità! A sabato prossimo!