sabato 25 ottobre 2014

Vita, morte e miracoli di Mary Shelley (3): la donna morta a 25 anni e "L'Ultimo Uomo"

Eh, ma buongiorno a tutti quanti! Oggi concludiamo un percorso che ci ha accompagnato tutto l'anno: la vita e le opere (alcune) di Mary Shelley! In questo capitolo porteremo la nostra eroina verso la tomba (tanta gioia) con "L'Ultimo Uomo", un'opera che, personalmente, ritengo il capolavoro nascosto dell'autrice, superiore persino al celeberrimo "Frankenstein".


Essendo l'ultimo capitolo di una trilogia è all'incirca inutile che vi mettiate a leggerlo se non avrete affrontato le parti precedenti che, però, potrete trovare comodamente qui e qua. Il fatto che, per chiudere il ciclo, io parli di quest'opera non vuol dire che non possegga, abbia letto o non esista altro della Mary: mi aspetta ancora il romanzo "Valperga" che non ho idea di quando affronterò e tre racconti che prendono il nome di "Metamorfosi" che lessi in poche ore e che mi presero abbastanza (tranne l'ultimo che è un piccolo grande merdalavoro).
"Arriveranno mai articoli su queste ed altre opere?" (la faccio io la domanda perchè tanto lo so che non ve lo siete chiesti): Eh, bell'argomento! Sicuramente non nell'immediato e non legati alle vicende biografiche dell'autrice: quando avrò letto troverò la voglia di leggere "Valperga" sicuramente ve ne parlerò mentre "Metamorfosi" me lo tengo come Jolly per i periodi di crisi. Eh sì, ho detto "trovare la voglia di leggere" perchè, sinceramente, scrivere l'articolo che state leggendo per me è stato un po'faticoso vuoi per gli impegni che recentemente si sono affollati, vuoi per il fatto che Mary Shelley l'avevo trascurata un po' troppo (l'ultimo articolo risale a quando scoprii come mettere le immagini sul blog senza link strani, figuratevi!). E poi, detto sinceramente, ci sono libri un po' più interessanti dell'anonimo "Valperga" (poi magari è meglio di questo, eh!)! Quindi, sperando che questa introduzione non comprometta la vostra lettura, buon divertimento!

La Mary nel 1840

Si può dire che Mary Shelley, tornata col figlio in Inghilterra dopo l'annegamento del marito Percy nel 1822 in Italia, sia morta a 25 anni. Infatti si trova a Londra da sola in una situazione economica non troppo felice: il padre la tratta un po' con sufficienza (dopo che hai scritto un romanzo basato sul rapporto incestuoso padre-figlia ci credo anch'io però), tutti i suoi amici sono in giro per l'Europa (compreso Byron a combattere in Grecia) e l'opinione pubblica nei suoi confronti non è delle migliori. Iniziano a circolare molti libretti, più o meno clandestinamente, che raccontavano la vita di Percy e compagni in modo più o meno favoloso, tinteggiando ogni avvenimento con dettagli scabrosi inventati solo per vendere più copie possibili (un po' come accade oggi coi giornali, capaci di riportare la stessa notizia in centinaia di versioni differenti e spesso contrastanti). Mary si battè attivamente per cercare di sfatare certe leggende popolari sul suo conto, su quello del marito e degli amici ma senza mai riuscirci del tutto. Nel 1824 poi la terribile notizia: Lord Byron era morto in Grecia a soli 36 anni. 

Un Lord Byron morto bello come, probabilmente, non lo è mai stato

Anche l'ultimo amico se n'era andato e lei era rimasta sola. Si dedicò, quindi, alla scrittura di varie opere e alla sistemazione degli scritti del marito, operazione oltretutto ostacolata da parecchie persone che, per via di queste voci di corridoio e pettegolezzi, vedevano Percy più come un demonio pericoloso che come un letterato innamorato della libertà  (il suo trattato "Sul Diavolo" non l'aveva aiutato, così come il celebre saggio "Sulla Necessità dell'Ateismo"). Lei però si buttò con tutto il cuore nel progetto e, infatti, ci dice "[...] avrò i suoi libri e i suoi manoscritti, e in quelli vivrò!". Mary divenne sempre meno socievole fino a cadere in un evidente stato di depressione: così scrive "All'età di ventisette anni, in questa popolosa metropoli della mia nativa Inghilterra, mi trovo sola. La lotta deve essere dura se genera misantropia in una come me, così attaccata ai suoi simili". Il padre continua a far pressioni su di lei affinchè componga un'altra grande opera, un capolavoro degno del "Frankenstein", qualcosa che la faccia guadagnare (la più grande preoccupazione del genitore che le passa ben poco con cui vivere e che sembra, sempre di più, una figura oppressiva e destabilizzante per Mary). La nostra eroina vede trasformarsi la sua "passione" in "lavoro" e, nel complesso, le opere ne risentono parecchio: nessuna riesce a entusiasmare la critica come il vecchio capolavoro e, anzi, viene spesso attaccata e criticata aspramente. Questo è il caso di "The Last Man" ("L'Ultimo Uomo" da noi) del 1826 che, per i motivi che tra poco vedremo, fu stroncato dalla critica e presto passò nel dimenticatoio delle opere sconosciute dell'autrice. Ma addentriamoci meglio in quest'opera che, solo recentemente, sta riscuotendo il successo dovutole!


C'è una cosa che colpisce subito, a prima vista, non appena si leggono le poche righe introduttive scritte sul retro della copertina: la storia si svolge nel 2073! Ebbene sì, avete capito bene, si tratta di un romanzo ambientato nel futuro (e vorrei sottolineare quanto non sia geniale come cosa essendo stato scritto nel 1826) anche se, a conti fatti, è ben distante da una qualsiasi opera fantascientifica moderna: non ci sono vere e proprie migliorie tecnologiche a parte delle specie di aerei simili a mongolfiere. Delusi? Pure io quando lo lessi ma non è questo il punto! Il romanzo, diviso in tre parti, narra inizialmente la vicenda di Lionel Verney (l'ultimo uomo) e dei coprotagonisti Adrian e Lord Raymond in una serie di intrighi politici in un'Inghilterra democratica allo sbando per poi prendere una piega macabra e funesta: un focolaio di peste scoppia in Turchia e velocemente si diffonde decimando la popolazione mondiale. Lionel sarà veramente l'unico sopravvissuto, l'ultimo uomo, oppure qualcun altro è riuscito a sfuggire alle grinfie della malattia mortale?

Di certo non sono qua a dirvelo o a rovinarvi la sorpresa: il libro va letto e gustato, non mi va di raccontarvi una trama che tanto troverete anche su Wikipedia scritta pure meglio! Passiamo invece a qualche considerazione sui personaggi e sulla vicenda. Come abbiamo visto il periodo per Mary Shelley non è dei più felici e tutto sembra andarle storto va storto: di certo non potete aspettarvi un'opera allegra e gioiosa che schizzi felicità da ogni poro!
"Schizzare felicità"... a volte non so come mi vengano...

L'autrice in questi anni si dedica completamente al recupero e ripristino delle opere e della figura di suo marito Percy e dei suoi defunti amici, primo tra tutti Lord Byron. Ed ecco che, come per magia, ognuno dei personaggi de "L'Ultimo Uomo" rispecchia una persona che ha reso speciale la vita della triste vedova: Mary è Lionel Verney, il defunto marito Adrian mentre, ovviamente, Lord Raymond è Lord Byron. L'autrice vive nel passato e nei ricordi di una gioventù che sembra ormai lontanissima perchè il presente non le appartiene, la scaccia e la rifugge, mentre nel futuro non vede che morte e distruzione: la peste, appunto. Ormai è diventata insensibile a qualunque richiesta di affetto umano e rifugge qualsiasi rapporto con l'umanità: tutti muoiono intorno a Lionel, portati via ora dalla guerra (Lord Raimond come Lord Byron) o da un naufragio (Adrian come Percy), oppure vengono sepolti dal pesante manto della peste che tutti schiaccia, senza eccezioni o distinzioni.



La peste è di certo un tema molto interessante nel quadro generale dell'opera. Infatti non compare come protagonista assoluta ma, anzi, si fa sentire in modo molto defilato, quasi distante, in un breve accenno tra le righe: sembra quasi un'innocua malattia sviluppatasi in oriente per via delle scarse condizioni igieniche ma, solo col passare del tempo, essa si trasferirà anche in occidente eliminando ogni forma di vita essa incroci sul suo cammino (ogni riferimento all'attualità è puramente casuale. Giuro.)
Loggiuro
Soprattutto nell'ultima parte del romanzo mi sono reso conto di una cosa: ad essere protagonista dell'opera non è il coraggioso Lionel, non il tenero Adrian o il ribelle Lord Raimond ma, bensì, l'umanità tutta dipinta e delineata nelle sue più varie e colorite rappresentazioni attraverso una serie di tipi umani e scenette quotidiane che mettono in luce una massa di gente piena di sogni, ideali e speranze spazzate via di fronte alla morte: contro di essa nulla vale, niente è importante, tutto si massifica e annulla. La paura è la costante della terza parte del romanzo che si presenta vivida e ricca di emozioni e sentimenti come non mai: difficilmente si viene trascinati in mezzo a un tornado di emotivo! Per quanto uno ci provi è vero quello che dice Mary: non ci si può tirare indietro dall'amare il genere umano per quanto malvagio possa essere. E, forse, è proprio perchè l'amiamo così tanto che non possiamo fare a meno di incazzarci e prendercela quando vediamo che tradisce le nostre aspettative e assume atteggiamenti così egoistici e irrazionali da sembrare bestiali. In fondo, come ben sappiamo:

"Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza".
Dante e Ulisse nella Divina Commedia in una miniatura del XIV secolo

Il primo di febbraio del 1851 Mary Shelley moriva per un presunto tumore al cervello all'età di 53 anni. Libera protagonista del periodo romantico inglese, tenera amante del marito Percy o grande scrittrice: comunque la vogliate vedere fu una delle donne chiave nel panorama mondiale della letteratura del XIX secolo e, in sua memoria, questa serie di articoli non ha voluto che essere un modestissimo omaggio alla scrittrice.

A metà tra un intrigo politico e un romanzo fantascientifico-apocalittico "L'Ultimo Uomo" risulta il romanzo migliore mai letto fin'ora di Mary Shelley, un vero e proprio CAPOLAVORO (e no, non ho detto merdalavoro)! Anche se non lo definirei proprio piccolo (530 pagine nell'edizione Oscar Mondadori) lo si legge anche abbastanza velocemente perchè se ci si confonde con i protagonisti e ci si fa prendere dalla vicenda risulta veramente scorrevole e gradevole da leggere. Io ho avuto modo di leggere il romanzo nella sua edizione Oscar Mondadori che, penso, sia ormai introvabile (non so nemmeno dirvi il prezzo in euro, ci sono sole le lire) ma, se siete interessati, le alternative sono due: tanto che siete al computer ve lo comprate a 7.50€ della Giunti con Amazon o altri siti oppure fate gli stronzi e ve lo scaricate da leggere sul computer squagliandovi gli occhi. A voi la scelta!


Spero che l'articolo vi sia piaciuto! Io, personalmente, lo ritengo il più "profondo" (molto virgolettato) scritto fin'ora per via della parte sulla peste e devo ammettere che la cosa non mi è dispiaciuta affatto. Prima di salutarci, però, un paio di cosucce interessanti! Settimana prossima è Halloween e anche il Letterarte non poteva astenersi dall'essere banale e scontato come tutti gli altri! Uscirà infatti una sorta di "speciale" in ben due articoli! "Tu che scrivi due articoli in una settimana? Non ci credo" E fai bene a non crederci, caro il mio attento lettore, perchè la seconda parte sarà il lavoro di un mio amico che, nel settore, è decisamente più esperto di me! Fatemi sapere se l'articolo vi è piaciuto sia qui che sulla mia pagina fb, dove vi ricordo di mettere un mi piace e di condividere l'articolo! 

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