martedì 12 gennaio 2016

Big Brother is Watching You: Brevi Storie di Regime

Si possono dire tante cose contro la rivoluzione inglese di Cromwell, quella Francese e la recentissima Russa ma, a tutte quante, dobbiamo in realtà una cosa importantissima: l'idea di ribellione del popolo per il popolo (ok, di questo possiamo discutere poi, ma per ora seguitemi). Sembra una cosa da
poco ma, in realtà, quasi nel resto del mondo questo principio manca o, se c'è, non è stato attuato con successo. In Cina, ad esempio, l'imperatore non è mai stato un essere superiore ma riceveva un "mandato celeste" da parte delle sfere divine: qualora non avesse adempiuto al suo compito correttamente, sarebbe stato giustamente destituito e rimpiazzato. Peccato però che, nel 1912, a far crollare un impero con più di 2000 anni alle spalle furono gli occidentali che, in seguito ai disastri delle guerre dell'oppio, fecero talmente pressione che il potere si sgretolò. E se le cose qui finirono male, le altre volte non è che sia andata molto meglio.


Chi di voi sapeva che in Thailandia c'è, al momento, la monarchia col più longevo regnante al mondo (Rama IX in carica dal 1946) affiancato da un
feroce regime militare? Chi di voi sapeva che i colpi di stato, dalla seconda guerra mondiale ad oggi, sono stati 19, ciascuno accompagnato da numerose vittime per la repressione delle proteste? Chi di voi sapeva che quest'ultima giunta, instauratasi appena due anni fa, ha abrogato di netto l'intera costituzione, nell'indifferenza più assoluta del monarca? Eppure quando si arriva a Bangkok tutto è impregnato del più becero nazionalismo fascista, disgustoso agli occhi di chiunque abbia provato cos'è la democrazia. Giganteschi ritratti del re spiccano in mezzo alle strade della capitale, cartelloni sull'autostrada lo raffigurano mentre compie le azioni più quotidiane, eroe del popolo, e ogni tanto spuntano altarini al lato dei marciapiedi in suo onore, ricoperti di freschi fiori arancioni. Un culto della personalità sfrenato, deleterio aggrapparsi a un'idea di sovrano tipo 1600, che appare tanto sfarzoso e kitsch, col palazzo reale di Dusit stracolmo di enormi mobili d'oro che richiedono anni di lavoro a centinaia di artigiani (e non sto esagerando) nel mentre sopravvivono abusi di potere, corruzione e assenza di democrazia. Ma questa non è la cosa più spaventosa di tutte.


Il senso di oppressione più grande l'ho percepito in Birmania, attuale Myanmar, dove, invece, è assente una monarchia e il regime militare è travestito da partito. Lì non ci sono cartelloni, onorificenze o ostentazioni di potere. Molto peggio. Vi è il completo anonimato, nessuno accenna alla faccenda che non deve essere accennata, regna apparentemente la pace. In realtà ci si accorge presto che qualcosa non va quando compaiono, a volte, per strada, barriere coperte dal filo spinato, il comune di Yangon, la ex
capitale, è protetto come un fortino da un manipolo di soldati e si viene a sapere che alcune zone del paese non sono accessibili agli esterni. Ma per strada, allo stesso tempo, non vi è polizia, ed è la cosa che più mi ha messo i brividi appena l'ho notata: a parte qualche sporadico militare e agente in divisa, spesso a sorvegliare il traffico, le forze dell'ordine appaiono assenti. Eppure vi sono accademie militari, scuole di polizia e quant'altro, ben visibili e indicate. Ma gli agenti dove sono? La risposta non vi è ancora abbastanza chiara? Sono tutti in incognito.

Agli angoli delle strade? Seduti al bar? A vendere foglie di betel sui marciapiedi? Dove sono nascosti gli agenti, che fanno, cosa sorvegliano, perché? Non c'è da stupirsi che agiscano così quando una legge prevede, addirittura, pene severissime per chi si azzarda a parlar male del governo. E sì che poliziotti in borghese sono ovunque nel mondo: mi ricordo benissimo
come marciassero al fianco di quelli in divisa a Pechino, entrando a piazza Tian an Men (QUA li ho filmati). Anonimato, impersonalità e mimetismo: questi alcuni caratteri fondamentali di una polizia invisibile, che agisce nell'ombra, sempre pronta a colpire. Questo trovo veramente oppressivo: non un vecchio pagliaccio vestito di bianco e giallo ma una massa scura di oppressori pronti a colpire. La presenza di un Grande Fratello Orwelliano e di un regime fascista possono portare a risultati inimmaginabili. Avere, invece, un punto di riferiemnto come un re, così al centro dell'attenzione,lo rende solo apparentemente un simbolo forte: in realtà basta abbattere lui per eliminare l'intero sistema.



A confronto la cacotopia Orwelliana di 1984 sembra un gioco per bambini, con un regime dittatoriale che è riuscito, comunque, ad addomesticare l'intera popolazione che non si accorge dei soprusi, catturata in un gioco di potere internazionale. Qui la realtà è molto più concreta, le repressioni avvengono perché la gente, che sa quali potrebbero essere i suoi diritti, prova a ribellarsi. La consapevolezza crea disagio e malessere, al contrario della placida incoscienza. 




Di tutti gli articoli, questo è stato sicuramente uno dei più difficili da scrivere in due anni di attività. Il problema sta nel volervi comunicare qualcosa che, vissuto dal vivo, ha avuto per me un effetto stranissimo. Un senso di disagio costante, quasi palpabile, che finisci per avvertire nella gente che, naturalmente, lo dissimula nella quotidianità. 

Anche per oggi l'articolo si conclude qua e spero vi sia piaciuto! Per tenervi aggiornati sulle prossime uscite e sul raduno a Milano domenica 17 venitemi a trovare in pagina!

3 commenti:

  1. Complimenti, dalle tue parole si sente , in modo palpabile , il tuo disagio per queste situazioni politiche mondiali

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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