martedì 5 gennaio 2016

Il Nuovo Fardello dell'Uomo Bianco

Avete mai sentito parlare de "Il Fardello dell'Uomo Bianco"? È una poesia del 1899 composta da Rudyard Kipling, il celebre scrittore inglese autore, tra le tante opere, di "Cuore di Tenebra" e "Il Libro della Giungla". Fiero cittadino dell'impero britannico, invitava l'uomo bianco europeo, forte della sua cultura millenaria, a colonizzare i selvaggi che popolavano il resto del mondo e a imporre loro i propri usi e costumi, superiori moralmente alle barbarie dei popoli più esotici. Figlio del suo tempo, di certo non possiamo né condannarlo né giustificarlo con i nostri occhi moderni ma, ciononostante, i tempi sono cambiati, siamo nel 2016 e di colonialismo non si dovrebbe, almeno teoricamente, più parlare. Tuttavia, quando sono stato in Myanmar, uno dei paesi più poveri al mondo, per 3 settimane una decina di giorni fa, non ho potuto fare a meno di sentire qualcosa dentro di me crescere, pesante e fastidioso. Incredibile a dirsi, avevo sviluppato un Nuovo fardello dell'uomo bianco!

Il Vecchio Fardello dell'Uomo Bianco (illsutrazione di Gillam, tra 1800 e 1900)


Prima di passare alla riflessione vera e propria, qualche piccola informazione su questo stato, per muoverci poi più agevolmente. Ex colonia britannica, la Birmania conquista l'indipendenza, al termine della seconda guerra mondiale, grazie al generale Aung San, padre della famosa San Suu Kyi, e che ancora oggi viene riconosciuto come il più importante eroe nazionale. Sfortunatamente non fece in tempo a salire al potere perché eliminato da un nemico politico. Da quel momento la Birmania non ha più avuto pace: molti giri politici e governi dispotici sono culminati in una crudele dittatura militare (quella che ha cambiato il nome dello stato in Myanmar, spostando la capitale a Naipidaw da Yangon) che, recentemente, ha assunto la forma solo apparentemente democratica del partito: i nomi delle istituzioni cambiano, ma la gente rimane sempre la stessa. Ovviamente non c'è spazio per i diritti umani fondamentali che, come succede in molti stati di quella zona, non vengono garantiti alla popolazione. Giusto per tirare le fila della situazione: stato finto democratico, vera dittatura militare, con un'economia messa in ginocchio da deleterie scelte autarchiche, niente diritti umani per una popolazione che, spesso, non ha nemmeno l'acqua corrente in casa.

Detto ciò, arriviamo alla questione: il tipico occidentale bianco, ricco e grassoccio, come deve reagire di fronte a questo mondo? Deve o non deve aiutare? A molti la prima risposta suonerà automatica, ma è proprio così? Un popolo, una nazione, non ha diritto a stabilizzarsi per proprio conto? Questo è successo a moltissimi paesi occidentali, politicamente e economicamente, piano Marshall a parte. I cambiamenti avvengono sempre, ci volessero anche secoli, e sempre con processi naturali. Inoltre molti interventi recenti (Vietnam, Corea, Medio Oriente), portati avanti dalle grandi potenze "dispensatrici di democrazia" e benessere, non hanno portato a situazioni troppo piacevoli. Quindi: aiutare, un dovere o una possibilità?

il Nuovo Fardello dell'Uomo Bianco
Ma facciamo finta che aiutare un paese in pesanti ristrettezze economiche sia un dovere e che, quindi, si debba considerare di dare una mano a questi paesi in via di sviluppo. La domanda che mi sorge immediata è: aiutare tutti o solo alcuni? E attenzione, non lo dico perché ci son paesi di serie A e B! Prendete, appunto, il Myanmar. Un paese che, dal punto di vista dei diritti umani, presenta una situazione a dir poco immonda. Inoltre alcune zone del paese sono ancora off limit, con territori a nord dove viene prodotto l'oppio o le cave di giada in cui i minatori lavorano in situazioni indecenti (a dicembre ci sono stati 100 morti, schiacciati da cumuli di detriti di scarto). Aiutare questo stato non significherebbe, dunque, scendere a patti con un governo dittatoriale, antidemocartico, violento e repressivo? Non sarebbe una presa di posizione compromettente? Un po' come accettare, tacitamente, l'esistenza di certe leggi e la negazione di determinati diritti pur di tenersi buona una determinata zona, come fanno Giappone, Cina, Corea del Sud e molti altri. Però, d'altro canto, si può distogliere lo sguardo da un effettivo stato di necessità e povertà? La gente sta male, vive in capanne senza i servizi minimi, schiavi di una moneta svalutatissima. Azioni mirate possono, certo, essere utili a ridurre molti problemi ma, allo stesso tempo, a che costo?

E qua arriva l'ultima questione. La gente del luogo, da quanto ho visto, è sì povera ma estremamente dignitosa. Quella che noi definiamo "povertà" per loro è "normalità". Non hanno idea di come sia realmente il mondo al di là, a volte, del proprio villaggio di 20 case. Vivono tranquillamente la loro vita con quello che hanno, come noi viviamo la nostra, senza troppi affanni o preoccupazioni. Concetti come "carriera", "leasing" o "PIL" e altre diavolerie del XX secolo non sono noti o, comunque, rimangono su un piano secondario rispetto alla centralità della "Vita", concetto che da noi si sta piano piano perdendo. Una realtà che ha perso il valore di "umanità", che ha paura, nevrotica e ipertesa. Veramente vogliamo "regalare" quest'inferno a chi, alla fine, vive felice per conto suo? Chi siamo noi per decretare cos'è "meglio" o "peggio", "giusto" o "sbagliato", "bene" o "male"? E no, non sto parlando di diritti fondamentali riconosciuti, almeno teoricamente, dalla totalità degli stati del mondo e che costituiscono uno dei pochi, pochissimi, punti fissi del diritto internazionale.

Ecco, di fronte a queste domande viene il bello: "Che si fa?". Io ho una mia personale opinione che vi espongo di seguito ma, ovviamente, l'invito è di farmi sapere la vostra, anche senza leggere la parte dopo che è, quasi, un piccolo extra irrilevante per l'articolo. Vi ricordo che potete commentare qui sotto oppure sulla pagina Facebook! Se non continuate vi do, ovviamente, appuntamento al prossimo articolo che cerco di far uscire tra giovedì e venerdì!


Quindi, cosa ne penso io? Sono dell'idea che meno si interviene in un paese straniero meglio è, ma che il rispetto di alcuni diritti fondamentali sia assoluto e necessario. Quindi direi sì a entrare in contatto con regimi repressivi affinché questi si democratizzino, in un certo senso, magari favorendo gli scambi economici ma senza intervenire in prima persona. E non parlo di piccoli grandi passi ma di vere e proprie azioni decisive, atti che necessitano di grandi cambiamenti. Non si aiutano regimi dittatoriali, mai in nessun caso, e un popolo deve avere il diritto più assoluto di autodeterminazione, scegliendo lui se e come crescere. Non puntare sull'economia ma sul benessere interiore della popolazione, donando loro la possibilità di vivere liberamente, esprimendo senza problemi la propria opinione e facendo sì che la storia segua il suo corso!

14 commenti:

  1. Condivido assolutamente quello che hai detto e ti ringrazio per esserti con coraggio espresso su questo spinoso tema. Se veramente si vuole dare una mano non bisogna pensare ad agire come noi vorremmo essere aiutati ma bisogna capire quali sono le vere necessità di un popolo ed una cultura anni-luce distante dalla nostra. In questo senso credo che la parola chiave sia "dignità", dignità in quanto esseri umani, diritto sacro ed inviolabile per cui molti si sono battuti e che molti hanno cercato di sottrarre alle persone per renderle più facilmente soggiogabili. Urge però capire che probabilmente questa parola per il popolo Birmano non si concretizza nel possesso dello smarthpone o di un nuovo paio di sneakers ma magari di acqua potabile o di un lavoro sicuro.
    Avrò sicuramente detto delle banalità assurde ma ti ringrazio perchè fino ad un'ora fa neanche ci stavo pensando a queste cose ed ora in qualche modo hai contribuito a migliorarmi. Complimenti per il tuo lavoro ed il tuo modo di scrivere che credo sia molto piacevole. Continua senza mollare che a forza di piccoli passi (step by step tanto per citare il buon Michele Poggi) sempre più persone si accorgeranno della necessità di qualcuno che venga a svegliare le nostre sopite coscienze.

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    1. 92 minuti di applausi per la risposta, hai capito PERFETTAMENTE quello che volevo dire!

      Grazie mille per i complimenti, continuerò a scrivere Sempre, di tempo per crescere ne ho, la fretta non la conosco! Quality>quantity

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  2. Sono d’accordo con te quando sostieni che sia meglio non intervenire nella “storia politica” o “culturale” di un paese sottomesso a una dittatura. Quando l’Occidente si è permesso di farlo, a partire dal primo colonialismo sino ad arrivare al neo imperialismo odierno, non ha in definitiva mai promosso gli interessi della popolazione vessata, non ha difeso quei diritti umani che dovrebbero essere l’espressione più nobile e il vessillo delle “democrazie avanzate” è triste dirlo ma è così. Purtroppo, dopo un periodo promettente alla fine della Seconda Guerra Mondiale, in cui, dopo tanta sofferenza e tanto sangue sparso, andò sempre più affermandosi, in Europa e in molti altri paesi, una nuova sensibilità umanistica, oggi mi sento di poter affermare che i diritti umani e la stessa cultura democratica sono sempre più marginali, non solo nei paesi poveri governati da regimi autoritari o dittatoriali, ma anche nei paesi democratici e ricchi: la diseguaglianza aumenta inesorabilmente, l'incoerenza con gli ideali umanistici è sempre più accentuata. I sentimenti di solidarietà e fratellanza mi sembrano molto ridimensionati nelle nostre società: consumismo, individualismo, arrivismo e cinismo la fanno da padroni. Per aiutare realmente gli altri è necessario essere onesti, leali e soprattutto sinceri. La retorica ipocrita di cui si serve il potere costituito per intraprendere le cosiddette “missioni di pace” è semplicemente ridicolo e privo di ogni credibilità.

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    1. In particolare il punto di stacco tra la curiosità e la comprensione degli usi dei popoli sottomessi, almeno in Inghilterra, è cambiata agli inizi del 1800,quando paesi come l'India sono stati visti sempre più come paesi barbari da civilizzare, onde poi tornare un gusto per l'esotico verso il XIX secolo inoltrato!

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  3. Già nel ‘500 i popoli dell’Africa e del sud America erano considerati selvaggi da educare e cristianizzare. Per quanto riguarda gli indiani non saprei, ma non credo che l’approccio fosse molto diverso. Certamente il colonialismo inglese è stato meno sanguinario e crudele di quello spagnolo…ma non meno supponente.

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    1. Guarda, prima sì vi era una certa deferenza ma anche curiosità e attrattiva, come ho scritto: erano sì inferiori ma con una loro cultura più che rispettabile (esempio più celebre di questa attrazione, anche se non da parte di un inglese, è la filosofia di Schopenhauer col velo di Maya). Solo dopo iniziò il disprezzo razzista più totale (si veda,a ppunto, Kipling). Poi ovvio, l'approccio è stato sempre quello per gli Spagnoli e pure, almeno in parte, gli inglesi.

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  4. Bellissimo articolo e riflessione davvero interessante. Hai messo in luce un punto che io credo fondamentale: Siamo veramente convinti di stare vivendo nel modo migliore? D'altronde perché ricchezza e sviluppo non é necessariamente sinonimo di felicità, cioé quello che secondo me é il vero scopo della nostra esistenza. Intervenire inoltre secondo me vorrebbe dire trasformare il Myanmar in uno dei tanti stati, identico in tutto e per tutto , uno dei veri aspetti negativi della globalizzazione. HA il diritto di autodeterminarsi, di essere sé, in tutto gli ambiti.

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    1. Ottima riflessione, ognuno deve potersi autodeterminare sempre, però, nel rispetto dei diritti umani!

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  5. In realtà, se si tenesse conto dei danni procurati a questi paesi dall' epoca coloniale sino ai nostri giorni, l'uomo bianco si dovrebbe sgravare di un bel fardello per ripulirsi la coscienza. Per questo, molti intellettuali sostengono che per lo meno bisognerebbe cancellare i debiti che gli stati poveri hanno verso quelli ricchi. Purtroppo però le condizioni politiche, culturali e sociali create dagli stessi governi occidentali, per tutelare i loro stessi interessi ha favorito l'insediamento di classi dirigenti locali corrotte e rapaci, che rendono molto difficile l'instaurarsi di una situazione favorevole al soddisfacimento dei bisogni e all'affermazione dei diritti fondamentali di tutta la popolazione. La sperequazione cui ci troviamo di fronte oggi e che destabilizza l'intero pianeta ha le proprie origini in quei secoli di dissennato espansionismo e nelle politiche messe in atto per divenire potenze dominanti a livello mondiale.

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    1. E tu pensa che la Thailandia, che ha millemila problemi politici (vedi articolo dopo questo), è stata l'unica, degli stati del sud est asiatico, a non essere mai colonizzata (salvo piccole concessioni agli inglesi). In compenso ha ereditato il concetto di dittatura militare e monarchia assoluta! Begli esempi che abbiamo dato!

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  6. Le dittature, le autocrazie, le tirannie esistono da alcune migliaia di anni, almeno da quando esistono regni, imperi e stati. Ed è chiaro che non è un’invenzione della cultura occidentale. E’ evidente però che nemmeno l’ Occidente può portare il fardello o l’impegno di civilizzare o democratizzare il mondo in quanto non è , a mio avviso, moralmente legittimato a farlo. Negli ultimi cinque secoli è stata la cultura dominante, non c’è dubbio alcuno su questo punto, e tale predominio non è mai stato utilizzato per migliorare le condizioni dei popoli sottomessi, o controllati indirettamente in epoca post-coloniale. Se un governo dittatoriale in Thailandia non è stato favorito dai paesi occidentali, in molti altri paesi questo è avvenuto. Anche quando sono nati movimenti politici intenzionati a favorire i ceti più poveri le potenze occidentali, attraverso interventi più o meno indiretti, li hanno sempre stroncati per favorire i propri interessi economici e quelli dell’élite filo-occidentale al potere . La situazione degli stati africani e centro-sud americani è paradigmatica in tal senso. Molti militari che hanno preso il potere nei rispettivi paesi si sono formati negli eserciti coloniali e hanno fatto carriere folgoranti poco prima che gli occupanti se ne andassero…( Amin in Uganda) Si sono creati stati improbabili, creando i confini a tavolino, quindi rendendoli fin dall'inizio instabili e ingovernabili, mettendo insieme popoli di lingua e cultura diverse, storicamente ostili tra di loro, selezionando la classe dirigente e di governo da un’etnia ben precisa, creando i presupposti per futuri conflitti di potere e guerre a base etnica o religiosa, che regolarmente si sono verificati (vedi il caso del Ruanda, Liberia, Nigeria..). Non si è mai investito nel futuro della popolazione, i profitti erano destinati ad altro. Quando i belgi se ne andarono dal Congo dopo un genocidio, che produsse dieci milioni di morti in 23 anni, in tutto il paese c’erano solo due medici...

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  7. Mi fa piacere! Grazie dell'attenzione. Mi sono dilungato forse un po' troppo, ma credo che di quest argomenti che sono importantissimi per afferrare il mondo che ci circonda non se ne parli mai abbastanza. Leggendo qua e là in internet mi rendo sempre più conto di come tante persone ne sappiamo veramente pochissimo. Un saluto.

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  8. "Cuore di tenebra", sempre del 1899, è però un romanzo breve di Joseph Conrad sul tema del colonialismo bianco in Africa.

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