venerdì 7 febbraio 2014

Collana i "merdalavori", ep II: il maledetto "Castello di Otranto"


Un saluto a tutti quanti e benvenuti a questo secondo merdalavoro! Però, prima di iniziare, ci tenevo a dirvi due cose: innanzitutto GRAZIE, ma davvero tanto! <<Ma come, ma basta dire grazie, già l’altra volta sembrava ti avessimo donato il fegato!>> Sì, questo lo so, ma stavolta abbiamo superato le 1000 visualizzazioni in un mese, che altro posso aggiungere? Inoltre ci tengo a ricordarvi che, in questa collana, più che nelle altre, sto esprimendo il mio personale gusto e opinione sulla bellezza e gradevolezza in sé dell’opera (e sul suo senso logico spesso e volentieri) ma non sul suo valore artistico e letterario: infatti, se il libro mi ha fatto schifo da una parte, dall’altra apprezzo e riconosco il significato dell’opera in quanto tale. <<Sì, ma se non ci dici di che vuoi parlare noi come facciamo a capire? E dì sto titolo, su forza, ogni volta mille giri di parole prima di rivelarlo…>> Bene, questa volta vi voglio parlare del primo romanzo gotico della storia della letteratura, ovvero del “Castello di Otranto”(1764) di Horace Walpole (1717 d.C.-1797 d.C.)!

Ma iniziamo, come al solito, con qualche breve cenno alla vita del nostro autore. A scuola, magari, avrete sentito parlare del famoso politico e “economista” (perché non si può certo dire che fosse un genio nella materia) Robert Walpole (1676 d.C-1745 d.C.) famoso per aver compiuto un’operazione finanziaria a dir poco rovinosa che portò l’Inghilterra sull’orlo del disastro economico (una specie di misto tra Andreotti, Craxi, Berlusconi e Monti insomma). Per riassumervi molto velocemente un suo ipotetico discorso fatto agli inglesi, possiamo ipotizzare che avrebbe più o meno detto:

<<Salve a tutti, ricchi investitori inglesi! Ho due notizie per voi, una buona e una cattiva. Quella buona è che ho convertito tutti i vostri titoli di stato in azioni per la “Compagnia delle Indie” che rischiava il tracollo finanziario! In pratica tutti i vostri soldi sono stati investiti in questa compagnia che commercia con le nostre care e prolifiche colonie. Ma passiamo alla notizia brutta: la Compagnia delle Indie è fallita e i vostri soldi sono andati persi!>>

Ovviamente le cose sono  state molto più complesse di così e il nostro fine economista cercò di correre ai ripari, ma non siamo qui oggi a parlare di lui. Infatti, come qualche panciuta professoressa di inglese potrebbe far notare, <<Eccheccentra Robert Walpole con l’autore del “Castello di Otranto”?>>. Horace Walpole non era che suo figlio (cresciuto nei peggiori bar di Caracas proprio)! Il nostro scrittore, a dir la verità, non ebbe una vita poi troppo affascinante: fece un grande viaggio per l’Europa da giovane, come era di moda tra i nobili del tempo, con il suo amico Thomas Gray (1716-1771), un noto poeta preromantico, che lo influenzò tantissimo. Tornato in patria diventò politico per poco tempo grazie ai giri del padre (sì, gli inciucci erano parecchio efficaci per trovare lavoro anche all’epoca). Per il resto, a parte un grande epistolario di oltre 3000 lettere (sicuramente tutte interessantissime, eh, per carità…) e il “Castello di Otranto” non compose nulla di speciale.

Ma passiamo al romanzo. Purtroppo. L’opera è ambientata a Otranto (ma dai? Non l’avrei mai detto!) nel 1300 circa, non troppo tempo dopo le crociate. L’intreccio è volutamente molto molto confuso e, per una visione dei contenuti più approfondita, vi rimando alla fonte somma del sapere universale (Wikipedia) che vi aiuterà a comprendere il perché non voglia troppo addentrarmi nel dettaglio. Per i meno curiosi di voi  ecco delle linee generali per comprendere quanto segue, ma prima…

SSSSSPOOOILEEER!

(così, tanto per essere sicuri che nessun figamolle ingenuone ci caschi in pieno e poi si lamenti)

Il protagonista/antagonista è Manfred (tipico nome medievale del sud Italia), proprietario del maniero di Otranto, dove vive con la moglie e i due figli, un maschio e una femmina. Il ragazzo si deve sposare con una ricca feudataria ma, proprio il giorno delle nozze, viene schiacciato da un elmo gigante, grosso più o meno come una casa, nel cortile del castello. Sì, avete capito bene, ma ve lo ripeto per sicurezza. Viene schiacciato da un enorme elmo medievale di qualche tonnellata caduto dal cielo senza un perché. Ma non è questo l’unico fatto straordinario. La servitù, a volte, aprendo la sera le stanze del castello, vede degli arti giganteschi muoversi e, a un certo punto, un ritratto si stacca dalla tela e inizia ad aggirarsi per i corridoi del maniero. Ma chi è questo misterioso e titanico cavaliere che si aggira indisturbato per la reggia? Un giovane contadino, quando viene rinvenuto ciò che rimane del corpo del figlio di Manfred, dice che l’elmo gigante è uguale identico a quello di un antenato del protagonista che combatté nelle crociate. Inoltre afferma che dalla statua dell’eroe, conservata nella chiesa, è venuto a mancare proprio il copricapo da battaglia. Ovviamente, seguendo una logica di stampo medievale a dir poco impeccabile, il popolo pensa che il povero contadino sia il colpevole del tutto e, tanto per non perdere tempo, si appresta a farlo fuori sul posto senza troppi complimenti quando interviene il parroco del paese che lo salva affermando che quello in realtà è… suo figlio (musica drammatica)! Questo è il primo dei tanti colpi di scena completamente a cazzo del romanzo, ma non temete, ci tornerò sopra più avanti. Intanto Manfred è disperato non tanto per la perdita del figlio (non ci avrebbe messo tanto a sfornarne uno nuovo) quanto per il fatto che non può acquistare nuove terre tramite il matrimonio e consolidare il suo potere. E allora che fa? Gli viene in mente un’idea geniale e assolutamente improbabile per l’epoca in cui è ambientata la vicenda: vuole divorziare dalla moglie per sposarsi lui con la ex-promessa sposa del figlio cercando di convincerla ad accettarlo come sostituto. E qual è il modo più sicuro e romantico con cui cercare di convincere una giovane ragazza a sposare te, vecchio e brutto feudatario? Ma che domande, ovviamente CERCANDO DI STUPRARLA (oltretutto fallendo miseramente)! Il giorno dopo arriva Federico, il padre della fanciulla, il quale, oltre a volerla riportare a casa, dice di essere il vero erede del principato di Otranto. Comincia così una serie di inseguimenti di coppiette innamorate e uccisioni casuali (del tipo: <<Oh, eri tu? Scusa, non mi ero accorto di star combattendo contro mia figlia, che sbadato>>) che portano a un finale assurdo: il castello crolla e appare la gigantesca figura dell’antenato crociato tra le rovine mentre San Nicola, dall’alto dei cieli, nomina vero erede il figlio del parroco (San Nicola recentemente paparazzato). Chi si doveva sposare si sposa, i cattivoni vivono male, gli altri no e finisce così. Su dai, diciamolo tutti insieme:

QUESTA TRAMA È

UNAMMERDA

Cioè, è veramente difficile trovare un senso a questo pattume. Mi dispiace dirlo, perché si tratta di un’opera talmente importante da aver dato il via a un intero genere letterario, quello del romanzo gotico, ma questo è veramente troppo! Torniamo a parlare dei punti dolenti del libro che ci attendono dolorosi e numerosi.

FINE SPOILER!

La trama del libro diciamo che non si basa su un concatenarsi logico di eventi ma su colpi di scena a raffica buttati dentro a forza solo per tenere alta la curiosità nel lettore, altrimenti si sarebbe decisamente annoiato (è come puntare solo sugli effetti speciali per un film, perché la sceneggiatura fa schifo, senza saperli fare). La cosa, infatti, volendo semplificare (ma nemmeno troppo) si può riassumere con:

<< Aspettate tutti, io non sono tua madre ma sono… TUO PADRE! (musica molto drammatica)>>, << E io non sono tuo figlio ma… TUA ZIA!(musica drammaticissima)>>, << Eh no, non così in fretta! Infatti io non sono il cane ma… LO SCERIFFO DELLA CITTÀ e ti dichiaro in arresto! (una musica così drammatica che più drammatica non si può)>>.

 E così per pagine e pagine (una sorta di episodio di Scooby Doo in loop). Ma qualcuno potrebbe dire:<< Sì, ok, ci sono tantissimi colpi di scena, ma in un romanzo abbastanza corposo non ci stanno poi tanto male, ravvivano l’azione.>>. Sì, gentile lettore, questo è vero, però peccato che il libro non superi le 100 pagine.

 Inoltre ogni colpo di scena è seguito da intere paginate di dialoghi del tipo:

 <<Oh, mi è successo qualcosa di terribile che nemmeno immagini!>> <<Ommioddio che cosa ti ha turbato così tanto? Parlamene, ti prego!>> <<No, non posso, è qualcosa di veramente tragico!>>                              <<Ma ti prego, sono in ansia, comunicamelo subito!>>                             <<No, sul serio, rimarresti sconvolta…>>                                                            << Su dai, siamo amiche, a me puoi dirlo, sfogati!>>                                       <<E va bene, se proprio vuoi… sappi… sappi… sappi che… è finito il latte! (il dramma proprio)>>.

 Questo misero espediente narrativo per far crescere l’ansia (e il nervoso) del lettore sono lunghi anche pagine e pagine in cui non succede veramente NULLA DI NULLA!

Passiamo poi ai prodigi prodigiosi e ai misteri misteriosi. Una sola domanda: PERCHÉ? Sì, perché è caduto un elmo gigantesco scomparso da una statua? Perché appaiono arti a caso nelle stanze del castello? Perché i dipinti si staccano dalle tele? Perché compare San Nicola? Perché? Come? Non lo sappiamo. Probabilmente il tutto ha a che fare con i Maya e gli alieni (con i templari di sicuro stavolta!), ma non possediamo abbastanza prove. Molti di questi miracoli sono oltretutto fini a sé stessi. Quando, ad esempio, Manfred sa di ste gambe e braccia per il castello, pensate si preoccupi, che cambi le sue azioni in qualche modo, che si redima? Certo che no, nulla di tutto ciò, continua a vivere tranquillo come se non fosse successo nulla. E allora perché inserire un episodio del genere?

Ma ancora, questo romanzo è completamente sconnesso dal punto di vista storico. Non dimentichiamoci che siamo nel 1300. Quando mai, in quell’epoca, le persone si separavano o potevano anche solo pensare lontanamente di fare una cosa del genere? Solo nel 1500 Enrico VIII (1491 d.C.-1547 d.C.) ci ha provato e per farlo ha dovuto fondare una religione tutta sua, figuratevi come il principe di Otranto, duecento anni prima, sarebbe mai potuto arrivare a un passo del genere! Poi, una parte che mi ha fatto morire dal ridere è quella del quadro con il dipinto che si stacca dalla tela. E voi vi chiederete: <<Maccheccè di così divertente in una cosa del genere?>>. Vi devo proprio ricordare come erano fatti i disegni in quell’epoca? (gente disegnata molto bene) Cioè, immaginatevi questo personaggio deforme in 2 dimensioni, con gli occhioni tutti d fuori, che cammina per le stanza del castello come i fantasmini di Pac-Man sullo schermo!

Inoltre i personaggi sono stilizzati in una maniera atroce: Manfred, il cattivo, è veramente cattivone cattivone e malvagio, la giovane fanciulla casta e purissima e i servi, per dire, sono tutti dei tontoloni balbuzienti ma la lista potrebbe essere molto lunga.

Tirando le somme, questo libro fa proprio schifo sia come intreccio sia per la tecnica narrativa. Però la sua influenza è stata grandissima (basti pensare che il “Manfred” è un famoso poema di Byron e Matilda, la figlia del protagonista, sarà il nome dell’eroina del romanzo omonimo di Mary Shelley di cui parlerò) ma adesso non è il tempo di parlare dei tratti generali del romanzo gotico e di quanto sia effettivamente molto bello. Rinvio infatti il tutto a un pezzo che farò tra non troppissimo su un VERO capolavoro del genere, il “Monaco” di Lewis.

Il libro, che mi è stato regalato per cui non so dirvi il prezzo, l’ho letto in un’edizione molto dubbia della “Costa&Nolan” (sembra il nome di una coppia di musicisti di quelli che suonano la fisarmonica nelle balere) di cui non so nulla anche se ce ne sono molte altre edizioni e non avrete troppa difficoltà a trovare questo merdalavoro. Ovviamente, personalmente, vi sconsiglio l’acquisto dell’opera, ma potrebbe piacere ai più masochisti di voi.

Vi ringrazio ancora tantissimo per tutte le visualizzazioni e il vostro supporto! Ovviamente mipiacciate, condividete ma soprattutto COMMENTATE! Ditemi le vostre esperienze con questo libro se ne avete avute, oppure ditemi cosa ne pensate dell’articolo o insultatemi, come vi pare! Dedico questo brano alla mia professoressa di italiano che, l’ultimo giorno della quinta liceo, vedendomi arrivare tutti baldanzoso con il libro sottomano per chiederle una piccola dedica, dopo aver fatto una sofferentissima espressione di dolore, mi scrisse sulla prima pagina “Lo sai, non condivido con te certe scelte culturali, oltranzistiche… Ma ammiro e apprezzo la tua passione…”

La prossima volta invece torniamo nel passato a parlare di due autori abbastanza misteriosi ma pieni di fascino: Luciano ed Apuleio!


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5 commenti:

  1. Sei completamente fuori di melone... Forse proprio per questo è così divertente leggerti!

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  2. Ahahahha guarda che lo prendo come un complimento, eh! E comunque si fa quel che si può per cercare di rendere la lettura gradevole e interessante, l'importante è che voi vi divertiate a leggere e seguirmi tanto quanto io a scrivere e documentarmi! Comunque appunto grazie per il complimento!

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  3. Era un complimento infatti... Quasi stento a credere che esistano lavori così citati e così...merdalavori. E stenterei anche a credere che tu l'abbia letto tutto se non ti conoscessi... Quindi, per gli scettici: LUI LI LEGGE DAVVERO, NON SONO BALLE!!!

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  4. La più interessante recensione letteraria che abbia mai letto da dieci....secondi a questa parte

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    1. Contento di aver reso almeno questi dieci secondi più gradevoli. Quella letta prima immagino fosse sempre da questo blog :)

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