martedì 8 settembre 2015

"Antoher Brick in the Wall": scuola o non scuola?

Salve a tutti quanti e benvenuti a un nuovo articolo. Oggi si parlerà di scuola, della sua importanza (e non-importanza) e del suo ruolo e responsabilità partendo, come spunto, dalla celebre canzone dei Pink Floyd "Another Brick in the Wall".


Per farlo partiamo da un piccolo presupposto. La canzone è stata composta nell'Inghilterra del 1978, un paese che dal punto di vista dell'educazione è molto controverso. Moltissime le opere che, da secoli, si occupano di questo problema sociale: già Dickens non è che tratteggiasse la situazione con tinte color rosa pastello, ma le cose non sono di certo andate migliorando. "Matilda" (sì, quello del film) di Roald Dhal è un bellissimo e tristissimo romanzo sul tema che consiglio a tutti, grandi e piccoli, insieme alla sua autobiografia "Boy". L'educazione è sempre stata molto rigida e severa e comportava anche pesanti pene corporali che i ragazzi di oggi, fortunatamente, non sono costretti a sopportare pur persistendo un certo rigore almeno a livello accademico. La scuola italiana, nonostante i suoi difetti, fortunatamente non è più così e, quindi, dovremo far attenzione a partire da un altro contesto per arrivare al nostro. Detto ciò iniziamo a parlare sul serio.



A cosa serve la scuola? Ad educare o a insegnare? Fortissimo il rischio che sia solo ed esclusivamente la seconda opzione se si vede, a mio parere, la scuola come un luogo fatto e finito, in cui basta andare e passare, non importa se con voti massimi o appena sufficienti. Se non vengono espresse le potenzialità del ragazzo, se non lo si incuriosisce, se non lo si abitua a pensare con la propria testa, sarà destinato a dimenticarsi tutto quello che ha fatto e senza ragionarci su. Per questo, in Italia, abbiamo un tasso del 47% di analfabetismo funzionale, ovvero il non saper riconoscere ed interpretare la realtà che ci circonda elaborando i dati che riceviamo, non saper comprendere un documento giuridico o compiere attività extra rispetto all'ordinario. La cosa più preoccupante è che questo dato non è variato dal 1994 al 2008, denotando un'arretratezza nei metodi educativi.

Chiarito il ruolo che dovrebbe avere la scuola, ovvero quello di trampolino su cui saltare, in base alle proprie conoscenze e potenzialità, nella grande piscina del sapere (e quindi della cultura), poniamoci la prossima domanda. La scuola italiana è in grado di garantire questo servizio oggi come oggi? La mia umile e modesta risposta è: no. Programmi troppo stretti, tempi corti e classi eccessivamente numerose e/o problematiche. Non sempre è possibile sviluppare ogni singolo alunno, sia chiaro, anche volendo (e molti professori, non credete, lo vogliono sul serio): manca, molto semplicemente, il tempo. A questo c'è da aggiungersi tutti i possibili problemi di famiglie e amicizie a cui i ragazzi, nel frattempo, possono andare incontro facendogli perdere la voglia di continuare (la depressione tra i giovani esiste, non facciamo finta di non vederla). Ma la colpa, che piace così tanto agli italiani, la colpa, la colpa dov'è? Di chi è? Quale il capro espiatorio, il signor Maloussen, il colpevole? Potremmo dire che la responsabilità pesa su alcuni professori che non hanno voglia/non sanno fare il proprio lavoro (e ragazzi esistono, fidatevi, ne ho incontrati), sul programma scolastico italiano troppo desueto ma alo stesso tempo così essenziale, sui materiali non adeguati e costosi o sui genitori che a volte non si curano dell'educazione dei figli ma la soluzione? Mi dispiace, cari italioti, ma la soluzione a questo vostro amletico dubbio non esiste! Non c'è una colpa, ci sono però tante responsabilità concatenate. Servirebbe una vera riforma ma non della scuola o del governo ma della mentalità comune, dell'uso del buonsenso e della voglia di provare a cooperare. Ci vuole reciproca apertura mentale nel cercare di superare i problemi comuni: è sempre colpa dei professori? è sempre colpa degli alunni? è colpa del sistema? è colpa della religione? è colpa del governo? Non importa trovare un colpevole, è indispensabile però cercare di migliorare TUTTI la situazione.



Ma veniamo alla domanda più interessante, la più scottante. È indispensabile andare a scuola? E imparare? La domanda, a prima vista di ovvia soluzione, viene da quel "You, Start to Learn!" iniziale della canzone. La cultura è un obbligo imposto dalla società o dovrebbe, ed è, parte di un normale processo di formazione della persona? Teoricamente, a mio parere, la seconda ma, di fatti, la prima soluzione è la più pertinente alla realtà. La filosofia, prima forma di sapere teorico (anche se alle origini non lo era affatto), è arrivata in modo autonomo e spontaneo, quando l'uomo ha soddisfatto i suoi bisogni primari. I primi pensatori non hanno avuto una scuola ma è pur vero che erano tempi Veramente diversi, si era anche Molti di meno in società assolutamente imparagonabili con quelle moderne. Eppure possiamo provare a rapportarci ad adesso: l'uomo medio del paese ormai sviluppato ha pienamente appagato i suoi bisogni primari (viveri, abitazione, stabilità) ma altri, tutti nuovi, gli vengono costantemente imposti dalla società che lo controlla e manipola. Potrà egli, quindi, sviluppare da solo un pensiero critico adeguato? No, ha bisogno di un luogo in cui, stando con gli altri, possa imparare ad usare il cervello. Nel 2015 non possiamo più permetterci di essere dei semplici pastori, non possiamo osservare il rapido scorrere della vita, non possiamo concederci rilassatezze ma dobbiamo stare al passo coi tempi, capire le complesse meccaniche che ci circondano e cercare di stare a galla. La scuola risulta, quindi, indispensabile ma insufficiente da sola (ricollegandoci a quel che dicevamo all'inizio, ricordate?). Quindi, cercando di dare una risposta alla nostra domanda: sì, ormai andare a scuola e avere un minimo di conoscenze base è più che indispensabile, anche a costo di rinunciare in parte alla nostra autonomia ed indipendenza. Ma quindi questo tipo di istruzione ci rende tutti uguali, "just another brick in the wall" ("semplicemente un altro mattone nel muro")? La risposta è semplice, rileggete bene l'articolo e la troverete da voi...




La verità è che quest'articolo era ed è pensato per tutti coloro che in questi giorni iniziano la scuola, elementare, media o liceo. Il posto che frequentate, comunque lo affrontiate, che vi piaccia o meno, sarà uno dei più importanti della vostra vita: è inutile e molto banale dirlo, ma godetevelo anche se non è facile! Noi ci vediamo martedì prossimo, intanto fate i bravi e, se volete, ditemi che ne pensate dell'articolo commentando qua o sotto e venendomi a trovare sulla pagina Facebook!

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