lunedì 6 gennaio 2014

La "Justine" di De Sade: un vero modello?

ATTENZIONE!!!!
QUEST'ARTICOLO è VECCHIO E NON PIU' RAPPRESENTATIVO DEL BLOG. NE è USCITA UNA VERSIONE RIVISTA E CORRETTA CHE TROVATE QUI!
BUONA LETTURA

<<Salve, e benvenuti a tutti quanti! Dopo esserci occupati la scorsa volta delle favole, ecco che stavolta ci addentriamo in un argomento decisamente più spinto: il romanzo erotico per eccellenza di tutto il 1700 francese, la “Justine”(1791) del divin marchese De Sade (1740-1818). Ma, prima di iniziare, occorre una piccola precisazione: in questo mio pezzo analizzerò prima la trama e l’opera in sé e, in seguito, il contesto generale di quegli anni, di cui molto brevemente avevo già parlato la scorsa volta, per capire perché il nostro autore abbia voluto scrivere una tale opera in questo periodo. Va da sé che, parlando della trama, io debba per forza accennare al finale che in questo caso è fondamentale per capire alcuni aspetti dell’opera. Non è che vi sia chissà qual intreccio narrativo dietro al romanzo, per carità: sarebbe come guardarsi il film porno della Tommasi per gustarsi la trama, anche se posso capire che ad alcuni(?) possa interessare. Quindi, io ve la metto sotto evidenti segnali rossi che anche il più sfacciatamente ritardato di voi potrà riconoscere: non dite che non vi avevo avvisati! Spero non occorra specificare che questa recensione ha dei contenuti non adatti ai minori e, quindi, cari i miei tredicenni arrapati in overdose ormonale, alla larga! (che è come gettare dello zucchero su un formicaio alla fine)>>

SPOILER!!!

(contenti?)

<<Un bel giorno la precoce e provocante Juliette e la sorella Justine, casta e pura, rispettivamente di 15 e 12 anni, si ritrovano orfane e con pochi soldi lasciati in eredità per poter sopravvivere il tempo necessario per trovare un tetto sotto cui dormire (e già queste potrebbero essere le prime scene di un filmino di serie Z). Juliette, la maialona, tenta di convincere Justine a darsi alla prostituzione con lei in qualche casa di piacere, ma la piccola e vergine eroina è scandalizzata (e vorrei ben vedere, ha 12 anni, cazzo) dalle parole della sorella divoratrice di uccelli (A.K.A. pompinara). Così le due decidono di separarsi: l’una pronta a rinunciare a ogni pudore e concetto di virtù, l’altra invece saldamente attaccata alla fede cattolica e al suo imene. La trama prosegue, senza troppo dilungarsi, sulla vita sfrenata di Juliette (meglio analizzata nel meno famoso romanzo omonimo sempre di De Sade) che, dando la fagiana a cani e porci, non solo diventa ricca, ma pure potente, sta cagna! Un giorno durante un viaggio si ferma in una locanda col marito (quello che ce l’aveva più grosso dei tanti esploratori o in ogni caso il più ricco) e assiste a una triste scena: una giovane tutta sporca e con le vesti stracciate è trascinata da delle guardie che la tengono sotto arresto. Mossa a compassione, Juliette si informa sul motivo per cui la sventurata è in manette: assassinio, furto e incendio rispondono gli agenti. Ma la giovvvine cerca di difendersi da tali accuse: incomincia così il lungo racconto delle disavventure di quella che solo alla fine scopriamo essere Justine (NO, ma va? Ma non mi dire!), sballottata a destra e a sinistra per la Francia passando da un pervertito all’altro: ognuno vuole venire nel modo più doloroso per la nostra vittima (non vi eravate mai chiesti il perché si dicesse “sadismo”?). Tutti se ne approfittano dell’ indole pura di Justine: soprattutto chi all’inizio sembrava gentile e disponibile nei suoi confronti, si rivela poi essere un cinico bastardo a cui piace mettere la sua mazza da elefante indiano nel culo alle ragazze (e non solo) riempendole prima di botte. Le classi sociali incontrate dalla sventurata sono le più svariate e includono ogni ceto sociale, nessuno escluso. Anzi, più si è privilegiati, come nobili e ecclesiastici, più i vizi aumentano e più l’orrore della morte si fa vicino. Basti pensare all’abbazia in cui a un certo punto si trova rinchiusa con altre giovani ragazze che, una volta stuprate dai monaci, vengono poi piano piano uccise, sbrindellate e sepolte nel giardino retrostante il convento (Da questi capitoli già si può notare un primo abbozzo della sua opera più famosa, “Le 120 Gionate di Sodoma”). O ancora: a un ricco falsario che vive in un castelletto isolato da tutto e tutti piace far sperimentare il “gioco dell’impiccato”: pare che il piacere provato un attimo prima di morire sia enormemente più potente del normale orgasmo da scopata (un po’ come in “Trainspotting” quando parlano dell’Eroina: “avete presente un orgasmo? Bhè, moltiplicatelo per mille e non ci sarete nemmeno lontanamente vicini! […] Batte qualunque fottuta iniezione di cazzo!”). Qui la nostra protagonista ha finalmente la possibilità di uccidere il suo persecutore, quando questi decide di provare il gioco su sé stesso, ma sceglie di non farlo e, dopo che lui ha schizzato ettolitri di sperma, taglia la corda da cui si stava facendo pendere: una vera cristiana non desidererebbe mai la morte di una persona; e infatti ne paga poi le conseguenze, e pure belle pesanti!. Justine infatti, qualunque cosa accada, non si concederà mai volontariamente se non in casi eccezionali che comporterebbero altrimenti la sua morte. Ma per colpa di questo suo atteggiamento viene anche accusata in giustamente e si trova in guai sempre più grandi. Solo un colpo di fortuna l’ha fatta riavvicinare alla sorella che riesce a salvarla e a darle tutte le cure di cui ha bisogno la cara ragazza dopo anni e anni di stupri e insidie. Ma le cose non sono destinate a durare a lungo. Un pomeriggio estivo si scatena un temporale e si rinchiudono, Justine e Juliette con tanto di marito, in una casotto in campagna. La nostra eroina, spinta da una sensibilità romantica verso lo scatenarsi delle forze della natura, si affaccia alla finestra per guardare il cielo scuro solcato da lampi accecanti. E così un fulmine, simbolo del potere e della volontà divina, le trapassa letteralmente il corpo carbonizzandola all’istante: la strada della virtù e della castità non sono ben accette nemmeno dal grande Dio onnipotente.>>

FINE SPOILER

(Vi piacerebbe, eh? Così imparate a non leggervi la trama, nell’analisi devo anche parlare del finale!)

<<Come? Un finale così del cazzo? E tutta questa serie infinita di porcate per che roba? Un fulmine e bho, tutto finito? Cioè, tanto vale dire che è stato tutto un sogno e buonanotte al cazzo!>>

<<Come dissi, questo è un romanzo erotico, non un romanzo storico. A De Sade non interessa fare un finale col botto ma trasmettere un certo significato morale: non importa la morale con cui vivi, ma non puoi sempre nasconderti dietro a un finto scudo di purezza, devi saper affrontare una società corrotta dove, come diceva il filosofo inglese Hobbes (1588 d.C-1679 d.C) riprendendo il commediografo latino Plauto (250 a.C-184 a.C), “Homo hominis lupus” ossia “ogni uomo è per l’altro uomo come un lupo” e non ci si può fidare di nessuno. Nemmeno i precetti religiosi originali, non filtrati da ciò che ha aggiunto e rimaneggiato la Chiesa, prevedono un comportamento casto e puro sotto ogni aspetto, basti guardare a quel che succede nella Bibbia: omicidi, incesti e figli venduti come se non vi fosse un domani e soprattutto: tanto tanto tantissimo sesso, tant’è che in quegli anni la sua lettura era sconsigliata alle giovani fanciulle e circolavano varie edizioni col marchio del “parental control”! La sorella Juliette invece, priva di ogni scrupolo morale e ben educata all’arte dei piaceri, vive tranquillamente e felicemente ricca e desiderata. Come è meglio atteggiarsi dunque? Santa ma martire o peccatrice e felice? La risposta non è così immediata: De Sade ha voluto fornirci un modello di vita da seguire o piuttosto un anti-modello? Andiamo a vedere ora questo aspetto anche con gli stronzi che non hanno voluto a tutti i costi leggere un finale così poco impegnativo e pertanto potranno capire solo in parte il perché delle scelte del divin marchese!>>

FINE DEGLI SPOILER

(stavolta sul serio, ci sono solo un paio di riferimenti a qualche riga scritta dall’autore ai lettori ma nulla di più. Se vi disturba questo elemento a sto punto non so che dirvi ,se non: cambiate pagina!)

<<Il volume si apre con una dedica fatta dall’autore (anonimo all’uscita della seconda edizione del romanzo, anche se tutti alla fine sapevano chi fosse) a una sua cara amica, tale Constance, in cui dice di aver voluto sottolineare che, se condite da disavventure e mali, le virtù hanno un valore molto più elevato (grazie al cazzo, aggiungerei io!): “<<Oh, come mi rendono più fiera di amare la Virtù questi episodi del Crimine! Come essa è sublime tra le lacrime! Come la abbelliscono le sventure!>> O Constance! Se pronuncerai queste parole le mie fatiche saranno coronate!”.

Ora, dobbiamo veramente credere al nostro sadico romanziere? D’altra parte, anche nelle ultimissime righe  egli esclama, rivolto ai lettori: “Possiate convincervi, al pari di lei, che la vera felicità si trova solo in seno alla virtù e che se Dio, secondo piani che non sta a noi sondare, permette che essa sia perseguitata sulla terra, è solo per risarcirla in cielo con più dolci ricompense!”>>

<<Ah, ma allora vedi che non è cattivo in fondo? Ci vuole solo dire che bisogna stringere i denti e andare avanti anche nelle situazioni più problematiche! Allora possiamo comunque andare avanti a pregare felici e contente avendo fiducia nel nostro Signore!>>

<<E invece no, il vero messaggio non è nemmeno questo, o almeno non del tutto! <<E, ma allora qual è, scusa?>> Per cercare almeno di comprendere la complessa mentalità della figura più oscura e maledetta del tardo 1700 Francese è direi il caso di addentrarci nell’atmosfera del tempo e nella vita del personaggio!

Donatien-Alphonse-Françoise de Sade, spesso conosciuto come il “divin marchese” o come D.A.F De Sade (no, nessuna parentela con la Hilary Duff, gran battutone) ha scelto il momento peggiore di tutti per essere nobile: la sanguinosa rivoluzione dell’ 89 incombeva infatti all’orizzonte e, come si sa, le bianche parrucche ricciolute tipiche delle classi più elevate del tempo non piacevano troppo ai rivoluzionari incazzosi capeggiati dallo spietato Robespierre (1758-1794) detto l’ “incorruttibile”, morto poi, ironia della sorte, ghigliottinato. Addirittura egli era originario del casato, da parte di madre, di cui faceva parte la Laura famosa per non averla mai data al povero Petrarca. Come è ben immaginabile, fu avverso al movimento rivoluzionario francese nello specifico anche se, pure lui, auspicava uno stravolgimento sotto però un altro ambito: egli condusse una vera e propria crociata non tanto contro i regnanti di Francia, quanto contro il primo  grande imperatore romano: Augusto (63 a.C.-14 d.C.). Questi fu difatti il primo ad accentrare tutti i poteri su sé stesso e ad emanare leggi che, tramite incentivi e proibizioni, volevano ristabilire il “buon costume” presso i cittadini romani. Ma attenzione, egli non si riteneva parte del popolo, come gli altri poveri stronzi: infatti pare organizzò diversi piacevoli festini nel suo palazzo a Roma arrivando addirittura a vestirsi da divinità, cosa intollerabile per il tempo. Era il diritto al piacere che passava dalle mani di tutti, popolo compreso, a quelle del solo monarca, regnante quasi divino che poteva imporre ciò che voleva sui suoi sudditi. E le cose non mutarono per secoli e secoli, arrivando fino in Francia: mentre i nobili si davano al buon tempo giocando a “mettilodentro” tra mille agi e lussurie, il popolo moriva di fame e i ricchi borghesi non vedevano ricompensati i loro sforzi in ambito commerciale (leggendaria la frase d Maria Antonietta “se non hanno pane mangino croissants”). Il tentativo di De Sade non era dunque tanto quello di rivoluzionare la forma politica, quanto di rendere tutti partecipi ai giochi dell’amore e alle lussurie come era prima della venuta dell’imperatore Augusto. E quale arma più adatta per i colti borghesi dell’epoca per colpire la nobiltà se non la pubblicazione di operette erotiche che ridicolizzavano e mettevano in luce l’ estrema lascivia della nobiltà di Versailles e in particolare di Maria Antonietta, simbolo di questo sesso sfrenato affidato ai soli potenti? Tra gli autori di queste opere erotiche dissacranti  e spesso allegoriche troviamo inoltre grandi nomi come Voltaire con l’ ”Odalisca” a lui attribuita e Diderot col suo lavoro giovanile “I Gioielli Indiscreti” in cui le passere raccontano delle loro prodezze sessuali sotto l’influsso di un anello magico in una fantastica corte dei regnanti del Congo. Però nessuno propose una morale anche sessuale alternativa come De Sade: la sua più grande opera filosofica fu “La Filosofia nel Boudoire”. L’opera, racconto di una grande lezione di educazione morale e sessuale fatta a una giovane ragazza, non viene vista come anti-educativa, come invece potrebbe sembrare dalla “Justine”: l’autore crede fermamente in ciò che dice. A questo punto i casi possono essere diversi: o l’autore voleva prendersi gioco dei lettori raccomandando loro una morale fondata su solidi princìpi o voleva pararsi il culo da possibili ritorsioni da parte di chi era più potente di lui.  Secondo il mio modesto parere, quindi non prendetelo per oro colato, De Sade ci voleva brutalmente trollare tutti. Ben note erano le prodezze e i misfatti compiuti dal divin marchese che lo avevano portato a diversi anni di reclusione in varie prigioni, tra cui la Bastiglia, da cui fu trasferito il giorno prima dell’assalto dell’89; fu anzi proprio lui ad aizzare la folla urlando dalle sbarre della prigione che le guardie torturavano i prigionieri. Inoltre, questa di cui sto parlando al momento, è la seconda edizione della “Justine” pubblicata da BUR, ma non esiste solo questa: infatti ce n’è una terza, quella completa e allungata, la “Nuova Justine” (1799) edita da Garzanti, che non inizia né finisce come quella da me letta.

Quindi, tiriamo un po’ le somme: il grande romanzo di De Sade, la “Justine”, mette in luce come un comportamento ostinatamente casto e puro che pecchi di furbizia e “saper vivere” sia da condannarsi sotto ogni aspetto e non rientra nell’ordine naturale delle cose.

Ah già, e il nostro autore, che fine ha fatto? Bhè, odiato da tutti in periodo monarchico non migliorò di certo la sua situazione in seguito con i rivoluzionari con cui non aveva mai avuto buoni rapporti. Dopo essersi dato quindi a forti piaceri con le amanti e, a quanto si dice, con la sorella, e anche per questo incarcerato (non era colpa sua se si divertiva a frustare e avvelenare le giovani ragazzine, povero) finì i suoi giorni obeso per il poco movimento fatto in prigione e bistrattato sostanzialmente dai più: a quanto pare la morale espressa nel suo romanzo non sempre funziona!

Su De Sade è già stato scritto parecchio da persone decisamente più colte di me: abbiamo una parte a lui dedicata nel celebre saggio di Mario Praz “La Carne, la Morte e il Diavolo nella Letteratura Romantica” (edizione BUR dal prezzo ignoto trattandosi di un regalo) che leggerò a breve, diversi scritti di Apollinaire e di Bataille su cui ancora non sono riuscito a mettere le mani, una raccolta per la Longanesi a cura di Elémire Zolla che possiedo ma ancora non ho letto (il prezzo non lo so, era in un negozio di libri usati super scontato) e, infine, praticamente tutto ciò che vi ho raccontato oggi l’ho tratto dal bellissimo saggio in due volumi “Sesso e Mito” di Francesco Saba Sardi, sempre edito da Longanesi.

La “Justine”, come qualunque opera di De Sade, è consigliabile solo a un pubblico strettamente adulto, che abbia lo stomaco forte e non si scandalizzi di fronte a certi temi Le scene di sesso sono più che abbondanti ma, data la crudezza dei fatti descritti e la loro inverosimiglianza, non provocano un eccessivo eccitamento (quindi niente segoni o sgrillettate). L’edizione BUR viene solo €8,00 mentre quella della Garzanti €13,00, entrambe facilmente reperibili. Il libro in ogni caso è molto scorrevole e quindi: perché no?

Ovviamente non ho esaurito l’argomento “De Sade”, c’è molto altro da dire, però rimando tutto a un altro pezzo! In fondo, posso forse non parlare delle “120 Giornate di Sodoma” o piuttosto della sua influenza sul nostro modo di vivere tutti i giorni?>>


<<Ringrazio ancora una volta chi mi segue, mi da suggerimenti e mi sta vicino nonché tutti voi, lettori fissi o occasionali che leggete queste righe! Ovviamente commentate quando e come vi pare e/o mandatemi un’e-mail numerosissimi!

Questo pezzo lo dedico al buon Aldo che mi ha suggerito l’argomento (un saluto ad Aldo: ciao!) mentre rimedio ora allo scorso capitolo che è nato anche grazie ad Elisa che mi ha proposto l’argomento come “sfida” (un altro saluto ad Elisa: ciao!).


And that’s all folks” ma… posso forse non parlarvi dell’”Anti-Justine” di Restif de la Bretonne che si oppone in modo ben noto al nostro De Sade?   Alla Prossima!>>

2 commenti:

  1. Considera che nel 1700 una quindicenne è grande abbastanza per fare "tutto".
    Sicuramente l'ho trovato migliore anche di altri erotici contemporanei "mainstream"

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bhe, effettivamente 15 anni per l'epoca era normale ma diciamo che si era data da fare anche un po'prima. Quindi aveva un po' di esperienza e non era come le ragazzine di buona famiglia che andavano completamente impreparate ad affrontare il matrimonio (vedi "Il Dolore Perfetto" dove la ragazza ha addirittura origini popolari. Quindi ecco diciamo che 15 anni sono ok, ma aveva un grado di preparazione in materia molto avanzato...

      Elimina