venerdì 26 giugno 2015

Recensione Lampo (09): "Aspettando Godot" di Samuel Beckett.


"Aspettando Godot" di Samuel Beckett è molto difficile da recensire. Anzi, a tratti è così assurdo che risulta quasi complicato parlarne. Quest'opera teatrale del 1952 è ascrivibile al genere del teatro dell'assurdo: quindi trama volutamente nonsense, dialoghi a volte incomprensibili e nessi logici vacillanti. Lo so, se non avete presente il genere sembra il trip di chi ha fatto uso di l'LSD, ma vi posso assicurare che, nel complesso, un senso lo si trova. A fatica, ma lo si trova.

Samuel Beckett vi osserva... e vi giudica...
Ed è questa la differenza, secondo me, tra il Vero nonsense e il Finto nonsense. Il primo è interpretabile e leggibile in più modi, magari anche volutamente in nessun modo, ma ha un proprio motivo di esistere e un pensiero di fondo che sottende il tutto, altrimenti sarebbe solamente un prodotto senza ragione d'esistere. Il Finto nonsense è rappresentato dal puro mettere cose a caso in ordine sparso su un foglio giustificandosi e convincendo il lettore che la cosa sia divertente perché non ha senso. Non voglio entrare nel dettaglio, per carità, ma tra "Alice nel Paese delle Meraviglie" di Carrol e una vignetta di Sio vi è tanta differenza quanta tra il mar Caspio e il lago di Como. Eh!


Ma "Aspettando Godot" è unico nella sua rappresentazione del non-sense: i personaggi si muovono liberi, sciolti da un qualunque legame con l'autore che sembra, invece, costantemente nascosto dietro le quinte a ridersela di fronte alle facce perplesse del pubblico che, atterrito, non capisce. Non vi voglio spoilerare NULLA della trama (o forse sarebbe meglio dire della "non-trama"?) perché vi rovinerebbe incredibilmente un'esperienza che merita di essere vissuta da zero, ma vi basti sapere che, a grandi linee, tutto ruota attorno a due protagonisti che, appunto, aspettano Godot. Potete dare qualunque interpretazioen vorrete ai vari personaggi (religiosa, politica, meta teatrale ecc.) ma sarà sempre sbagliata (secondo la concezione dell'autore) e giusta (secondo il vostro punto di vista) allo stesso tempo. Ma una cosa è certa: rimarrete sconvolti. Magari delusi, annoiati o straniti ma, di sicuro, sconvolti.



Non aspettatevi nemmeno una trama allegra ma, al contrario, un sacco di humour dolce amaro, dal sapore decisamente agrodolce. Del resto nelle altre opere di Beckett tutti i personaggi erano ridotti a delle larve prive di forza di volontà, che trascorrevano la loro esistenza nel grigiume della quotidianità. Ma, in quei casi, i protagonisti erano totalmente succubi della visione dell'autore mentre qui, come già detto, respirano un'aria totalmente diversa, per quanto influenzata (inevitabilmente) dal loro creatore.
Tuttavia non so se consigliarvi di leggerlo o meno: se sapete, anche solo un minimo, qualcosina della trama più di quanto non vi abbia detto vi direi di sì ma se non avete altre informazioni guardatevelo (penso si trovi su Youtube tranquillamente) per essere sicuri di godervelo al massimo. Sono dell'idea che, comunque, la sua lunghezza sia ben calibrata: non avrei sopportato di leggere altre 10 pagine, Beckett non ha sbrodolato (e poteva farlo per altre 1200 volendo) e ha compreso quando era il caso di concludere.


Con le sue sole 111 pagine, la bellissima introduzione di Carlo Fruttero e il costo ridotto, l'edizione Einaudi si dimostra assolutamente di prima qualità! Questo consiglio magari non sarà apprezzato da tutti, per carità, l'opera non ha la fama di essere "limpidissima" (e non lo è volutamente), ma penso che possa piacere, soprattutto a dei lettori coscienziosi come so che voi siete. 

L'articolo di oggi finisce qui! L'appuntamento è per martedì con il prossimo articolo e per stasera su Youtube per la live musicale della settimana: per rimanere aggiornati sull'evento di stasera e altro venite a trovarmi sulla pagina Facebook

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